Perché i palestinesi vogliono Gerusalemme?
di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Questa settimana, nelle pagine interne di un giornale è apparso un breve, quasi nascosto, articolo secondo cui la Repubblica ceca, avendo stabilito che Tel Aviv è la capitale di Israele, modificherà in tal senso i suoi testi di storia e gli atlanti geografici. Inoltre l’articolo spiega che è stato l’ambasciatore (?) arabo palestinese a Praga a far pressione e dare impulso a questa scelta. Il Ministero degli Esteri israeliano si sta impegnando a far cambiare questa decisione, che fa seguito a quella dell’UNESCO, che lo scorso aprile aveva già decretato che il Monte del Tempio appartiene ai musulmani, e solo a loro, e che quindi il suo nome diventa Moschea di Al Aqsa. Qualcuno giudica questa polemica come un ulteriore contenzioso tra Israele e gli arabi palestinesi, un ennesimo argomento da affrontare sul tavolo dei negoziati in vista di un accordo che si spera sarà raggiunto in futuro. Il problema è che questo tema è assolutamente staccato dalla realtà, ed è giunto il momento per tutti noi di aprire gli occhi e vedere cosa veramente c’è dietro la campagna arabo palestinese per quel che concerne Gerusalemme. Hamas, Fatah e i palestinesi, religiosi e laici, moderni e tradizionalisti, che vivono dentro e fuori Israele, sono tutti convinti che sradicare Israele da Gerusalemme sia un obbligo sacro, una missione suprema e un obiettivo da cui non si tornerà mai più indietro.
Saeb Erekat, il capo del team di negoziatori dell’Autorità Palestinese, spesso ha dichiarato che non ci sarà alcuno Stato palestinese senza Gerusalemme Est come capitale. Yasser Arafat aveva coniato la frase “Milioni di shaheed (martiri, ndt) in marcia verso Al Quds”, nel senso che gli arabi sono pronti a sacrificare milioni di vite al fine di strappare Gerusalemme dalle mani degli ebrei. Tutto questo è incredibile, perché Gerusalemme non è mai stata la capitale di uno Stato arabo o islamico, per non parlare di uno Stato palestinese – uno Stato che non è mai esistito – e allora perché Gerusalemme è diventata un riferimento continuo e irremovibile? Cosa c’è dietro la narrativa arabo palestinese dicono riguardo a Gerusalemme come loro capitale e perché vogliono toglierla a Israele? Nei miei articoli precedenti, avevo già spiegato come in questi obiettivi prevalga l’elemento religioso islamico e che una presenza ebraica nella città vecchia di Gerusalemme rappresenta un problema teologico per l’Islam, secondo il quale il giudaismo è stato annullato dal cristianesimo, che a sua volta è diventato privo di ogni valore quando l’Islam è apparso per prendere il posto di entrambe le religioni. Il ritorno degli ebrei alla loro terra e al luogo del loro Tempio appare agli occhi degli islamici il ritorno del giudaismo nel suo antico splendore, mettendo in discussione l’esistenza stessa dell’Islam – dato che la vera religione è l’Islam, mentre il giudaismo e il cristianesimo sono per i musulmani false religioni.
Le intenzioni degli arabi palestinesi possono essere desunte da quello che dicono e da quello che fanno. Essi affermano di essere i discendenti dei Gebusei ( dai quali il re Davide aveva conquistato Gerusalemme) e, pertanto, hanno preceduto gli ebrei a Gerusalemme. Questa affermazione è vera quanto altre affermazioni immaginarie arabe: Saddam Hussein una volta aveva sostenuto di discendere dal babilonese Hammurabi, Assad ha detto che i siriani erano i discendenti degli Assiri, gli egiziani sostengono di essere i discendenti diretti del faraone e ci sono anche dei libanesi che sostengono di essere i discendenti dei Fenici. Tuttavia la stessa storia araba sostiene che gli arabi vengono da fuori della Penisola araba, che hanno conquistato lungo il loro percorso tutti gli antichi popoli che veneravano idoli e si sono poi insediati nelle loro terre. E ora dicono di esserne i discendenti?
Ancora più interessante è quel che gli arabi palestinesi effettivamente fanno: distribuiscono ai loro amici una sciarpa su cui si legge da un lato” Gerusalemme è nostra” e dall’altro si vede la mappa di tutto quello che chiamano “Palestina”. Israele non compare su questa mappa. E si noti che la bandiera accanto a queste immagini è dell’OLP, non di Hamas. Questa sciarpa rivela il collegamento tra l’approccio dei palestinesi con Gerusalemme e con lo Stato di Israele. L’obiettivo rivendicato è quello di ottenere Gerusalemme come un primo passo sulla strada per tutta la “Palestina” – cioè Israele – ; in altre parole: dopo che avremo ottenuto Gerusalemme, riusciremo ad ottenere tutta la terra di Israele. L’obiettivo finale, distruggere completamente lo Stato ebraico, è normalmente tenuto nascosto a chi preferisce non affrontare l’argomento. Persone per bene, in Israele e fuori, ebrei e non ebrei, cadono nella trappola della doppiezza palestinese. Continuano a credere che se ci limitiamo a dare loro il “luogo sacro” – il Monte del Tempio e parti di Gerusalemme Est – saranno soddisfatti e riconosceranno lo Stato di Israele come patria del popolo ebraico. Tali sono ad esempio i volontari di organizzazioni come “Ir Amin” che cercano incessantemente di ottenere il riconoscimento dei “diritti” degli invasori dalla penisola arabica, nella capitale degli ebrei.
Enormi somme sono investite nella campagna per separare Gerusalemme da Israele. Il Qatar, il principale sostenitore di Hamas e dei Fratelli Musulmani, ha messo da parte mezzo miliardo di dollari per promuovere la rimozione di Gerusalemme da Israele montando una campagna di propaganda internazionale che sta riempiendo giornali, televisioni, radio, mondo accademico e il mondo politico in generale. E’ del tutto possibile che altri paesi arabi, islamici e anche europei siano coinvolti nello sforzo di togliere Gerusalemme dalle mani del popolo ebraico – e non ha nessuna importanza che gli ebrei siano rimasti fedeli alla loro Città Santa attraverso un esilio di 2000 anni, pieno di sofferenze insopportabili e di persecuzioni. Chiunque tenti di separare la città di Gerusalemme, e, in particolare, il sito dei Sacri Templi dalla terra della nazione ebraica, partecipa, anche se non vuole ammetterlo, alla guerra arabo musulmana contro il popolo ebraico. Questa è una guerra contro lo Stato ebraico, contro l’esistenza stessa degli ebrei come popolo, cultura, religione e patrimonio storico. Non c’è modo di far quadrare il cerchio e non vi è alcun espediente, bisogna solo dire la verità circa la vera natura di questa battaglia contro gli ebrei. Che non avviene solo sul campo di battaglia, ma si svolge in ogni ambiente, pubblico, legale, accademico, educativo, politico, sui media. Il movimento BDS è un’altra delle sue manifestazioni. Chiunque, ebreo o no, che aiuta gli sforzi dei nemici del popolo ebraico per quanto riguarda Gerusalemme e il Monte del Tempio, è di fatto un attivo sostenitore di quelle forze che vogliono distruggere Israele, lo Stato del popolo ebraico. Forse non se ne rende conto o non conosce il collegamento storico, religioso e affettivo tra il popolo ebraico e la sua capitale eterna e storica; ma questa mancanza di conoscenza non lo giustifica.
L’Autorità Palestinese, che ha convinto il Ministero dell’Istruzione ceco a vedere Tel Aviv come la capitale di Israele, partecipa a una guerra – esatto, proprio a una guerra – contro il popolo ebraico. Dobbiamo chiamarla con il suo vero nome e non girare intorno al problema, in obbedienza al politicamente corretto politico. L’Autorità Palestinese, nel suo tentativo di staccare Gerusalemme da Israele, lavora giorno e notte per distruggere l’esistenza dello Stato di Israele in quanto terra del popolo ebraico. Israele deve agire secondo il principio normativo “à la guerre comme à la guerre”. Israele deve smantellare l’Autorità Palestinese, spedire Mahmoud Abbas e i suoi figli corrotti verso una delle tante case che hanno acquisito in tutto il mondo con le donazioni date come contributo al “popolo palestinese”, disarmare l’esercito che hanno costruito con i soldi americani, smontare le istituzioni corrotte e illegali che hanno introdotto. Lo Stato di Israele e il popolo ebraico vogliono sopravvivere? Allora è giunto il momento per loro di riconoscere il nemico e il tipo di guerra che ha dichiarato alla nazione di Israele e alla sua terra. Settantacinque anni fa il popolo ebraico non aveva riconosciuto il significato della guerra che era stata dichiarata contro di lui, e il risultato è stato una catastrofe. Se continuiamo con la mancanza di consapevolezza che ci caratterizza oggi di fronte alla sfida arabo-palestinese, ci troveremo, ancora una volta, senza che in tutto il mondo ci sia uno stato che protegga il popolo ebraico.