Italia, 2016: la Cassazione annulla condanna per i Protocolli dei Savi di Sion
E’ stato accolto dalla Cassazione il ricorso dell’editore piemontese dei ‘Protocolli dei savi di Sion’ – caposaldo dell’antisemitismo moderno messo a punto dalla polizia zarista all’inizio del secolo scorso e costituito da falsita’ su una cospirazione mondiale ebraica e massonica – contro la condanna per diffamazione inflittagli dalla Corte di appello di Torino che il 30 giugno del 2015 in via provvisionale aveva riconosciuto duemila euro di risarcimento alla Comunita’ ebraica torinese costituitasi parte lesa.
Il reato addebitato all’editore Roberto Chiaramonte e’ stato infatti dichiarato prescritto: la riedizione risaliva al 2008 e la prescrizione e’ maturata lo scorso gennaio. Ma ad avviso della Suprema Corte – sentenza 47506 – e’ da annullare, con rinvio per nuovo esame davanti al giudice civile d’appello, anche il risarcimento provvisoriamente stabilito. Secondo il verdetto, i contenuti della postfazione e della postilla – Chiaramonte inneggiava al carattere ‘veritiero’ dei Protocolli che anche se “probabilmente falsi” divulgano “fatti che, dovendo ancora avvenire, sono puntualmente accaduti e continuano ad accadere” – possono rientrare nel diritto di critica al sionismo e non vanno interpretati come frasi diffamatorie verso tutti gli ebrei.
Per la Cassazione, la sentenza di condanna “non ha affrontato il problema centrale di cui si fece carico il procuratore di Torino nel richiedere l’archiviazione: rilevato che l’imputato era stato molto attento e abilmente spregiudicato a dirigere le proprie critiche non nei confronti di tutti gli ebrei, bensi’ solo nei confronti di coloro che egli definisce ‘sionisti’, il pm aveva ravvisato l’impossibilita’ di sostenere validamente l’accusa in giudizio“. Chiaramonte – rileva la Cassazione – “aveva rivolto i propri strali non verso gli ebrei, ed ancora meno verso la comunita’ ebraica torinese, bensi’ contro quei soggetti non necessariamente di religione ebraica coinvolti, secondo la teoria sostenuta dallo stesso autore, per quanto incredibile od inaccettabile, in una cospirazione giudaico-massonica“.
Per gli ‘ermellini’, la teoria complottista dei ‘Protocolli’ puo’ essere “una conclusione bislacca ma”, per come argomentata da Chiaramonte, “non ‘ipso facto’ infamante”. Nella postfazione, l’editore di Collegno aveva anche citato un passo del ‘Mein Kampf’, senza nominare Hitler e indicandolo come “un politico del quale oggi sarebbe vietato parlar bene”. In primo grado, la citazione dalla ‘bibbia’ del nazismo era valsa a Chiaramonte la condanna per istigazione all’odio razziale per l’utilizzo dell’espressione “giudei”. In appello questa accusa venne meno perche’, sostenne la corte di merito, il termine e’ stato usato una sola volta, tratto da una citazione, mentre – osserva anche la Cassazione – “nelle restanti parti della medesima postfazione si parla invece di sionisti da un lato e di ebrei dall’altro, cosi’ come si sottolinea una differenza di fondo tra antisionismo e antiebraismo”. Su questo crinale sottile e insidioso si sviluppera’ l’appello bis.
Thanks to Progetto Dreyfus
#1Veritatis
Purtroppo molti magistrati fanno parte della mafia antisionista al soldo dei petrolieri!
#2HaDaR
Insomma, tutto nella tradizione di un paese che ci diede le leggi razziali, amnistiò i fascisti, e finí col fare Presidente della Corte Costituzionale l’ex Presidente del Tribunale della Razza, Gaetano Azzariti.
Sono lo stesso tipo di toghe che amministrano reati d’opinione catto-fascio-comunisti come il vilipendio e l’oltraggio, e che penalizzano un “vaffa”, un “mi fa schifo” e “cane”, non cnsiderano reato farsi diffusore di falsi storici che incitano al razzismo eliminazionista.
#3alfonso margani
Giudici semplicemente indegni.
#4Daniel
Non so se sia peggio l’assoluzione o le motivazioni della stessa! Ma queste persone non si vergognano?!