Il pugno di ferro di Abu Mazen, via l’immunità agli avversari
Cinque deputati nel mirino, e il rivale storico Dahlan rischia tre anni di carcere
di Giordano Stabile
Pugno di ferro del presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen contro l’opposizione interna. L’erede di Arafat ha tolto l’immunità parlamentare a cinque deputati del partito Al-Fatah. I deputati sono indagati e sono stati posti sotto sorveglianza, nonostante tre di loro abbiamo cercato rifugio nella sede della Croce rossa internazionale. Il giro di vite arriva dopo che la scorsa settimana un Corte aveva condannato a tre anni di prigione il rivale storico di Abu Mazen, Mohammad Dahlan.
Dahlan, in esilio nel Golfo, è accusato di appropriazione indebita di 16 milioni di dollari. L’offensiva dell’81enne leader palestinese, malato di cuore, arriva dopo il congresso di fine novembre che ha ribadito la sua leadership in Al-Fatah e a capo dell’Autorità contro gli avversari interni ed esterni. Una leadership comunque molto indebolita dal rinvio delle elezioni locali, previste l’8 ottobre, a data da destinarsi. E non c’è una data neppure per quelle presidenziali. Abu Mazen è stato eletto presidente nel 2005, il suo mandato è scaduto nel 2009 e da allora sempre prorogato senza voto popolare.
La revoca dell’immunità ai parlamentari è stata chiesta da un giudice per “poter indagare in diverse direzioni”. Tre di loro temevano l’immediato arresto e si hanno cercato rifugio nella sede della Croce rossa internazionale. La polizia palestinese ha fatto irruzione e ha scortato fuori i tre, ma non eseguito nessun arresto perché “non c’è un mandato”. Almeno finora.
La caccia ai seguaci di Dahlan è comunque cominciata ed è il preludio di una successione drammatica. Abu Mazen è molto malato, non ha un erede designato. Se si votasse la scelta dei palestinesi, secondo numerosi sondaggi concordanti, cadrebbe su Marwan Barghouti, condannato all’ergastolo da un tribunale israeliano per atti di terrorismo legati alla Seconda Intifada. Dahlan sarebbe invece ben visto da Israele ma non è chiaro di quanto consenso popolare disponga. In tutto ciò Hamas, nonostante la situazione disastrosa nella Striscia di Gaza che amministra dal 2006, continua a raccogliere consensi.
Abu Mazen paga lo scarsa carisma, lo stallo totale nelle trattative per arrivare a uno Stato palestinese indipendente, la corruzione diffusa, le condizioni difficili nei Territori occupati soprattutto per i lavoratori che vanno in Israele e devono passare check-point estenuanti. La scelta di stroncare l’emergere di qualsiasi rivale non promette nulla di buono. Al congresso di Al-Fatah ha imposto un nuovo Comitato centrale ristretto, di soli 21 membri, tutti suoi fedelissimi.
(Fonte: La Stampa, 20 dicembre 2016)