Escalation Israele-Hamas: una brutta pagina di storia per la stampa italiana
I titoli fuorvianti visti ieri su quasi tutta la stampa italiana in merito alla escalation tra Israele e Hamas dimostrano che ormai il mestiere di giornalista non è più quello di riportare la verità ma quello di attirare allocchi per qualche click in più
di Franco Londei
Quando una testata all-news come TGCOM 24 titola «Gaza, pioggia di razzi israeliani nella Striscia» invertendo completamente i fattori della notizia non puoi non chiederti chi ci sia dietro a titoli così fuorvianti e se l’errore (orrore) sia deliberato o frutto di semplice incompetenza.
Quando buona parte dei “giornaloni”, con una tecnica ormai vista in altre occasioni, evita di parlare di mesi e mesi di attacchi continui contro il territorio di Israele da parte di Hamas e poi al primo accenno di reazione israeliana tira fuori titoloni del tutto fuorvianti facendo passare Israele per “attaccante” e Hamas per “vittima”, ti chiedi che fine abbia fatto il lavoro del giornalista che sarebbe quello di riportare sempre la verità e capisci perché i giornali non vendono più.
Che tristezza vedere la stampa italiana toccare livelli così bassi di disinformazione, tristezza che diventa rabbia quando pensi che in molti regimi i giornalisti VERI per riportare la verità rischiano la galera o, peggio ancora, vengono eliminati.
Non sto a fare l’elenco delle testate che hanno titolato in maniera fuorviante anche perché, in maniera davvero furbesca, una volta ottenuti i click che volevano e viste le proteste in rete, molte di loro sono corse ai ripari e hanno cambiato i titoli. Ma ormai il danno era fatto. Ma vedere testate come Repubblica che fa della “corretta informazione” un vanto addirittura distintivo, titolare in maniera del tutto fuorviante e soprattutto non scrivere una sola riga sui 150 missili che nella notte avevano colpito Israele per poi lanciarsi con la bava alla bocca sulla giusta reazione israeliana, mi fa pensare che pure i giornalisti di una testata così prestigiosa vengano assunti su Facebook invece che attraverso una selezione che ne primi la competenza.
Avevamo già visto in passato atteggiamenti simili, chiaro frutto di una linea editoriale ostile a Israele e amica dei terroristi islamici, ma ieri si è superato la linea rossa della decenza, ieri il mestiere del giornalista è stato svilito a tal punto da far pensare che i VERI giornalisti non esistano più o, se esistono, sono tutti in qualche carcere di qualche regime, colpevoli solo di fare il loro lavoro, quello vero di giornalista.
E quando su Facebook giornalisti seri come Niram Ferretti si permettono il lusso di criticare le fandonie di Repubblica & C, vengono immediatamente segnalati e bloccati in modo da chiudergli la bocca. Per assurdo si chiude la bocca a un giornalista serio e si da fiato a giornalisti laureati all’università di Facebook, quella dell’invenzione dei meme e delle fake news.
Mai come adesso sono d’accordo con coloro che vorrebbero la fine dei contributi pubblici alla stampa. I giornali devono meritarsi i loro lettori attraverso il lavoro serio. Non mi va che con i soldi pubblici si paghino simili giornalai.