Monaco 1972, l’attacco allo sport del terrorismo palestinese
di Manuel Fondato
Sono passati 42 anni da quel giorno di settembre in cui il terrorismo si impadronì anche dello sport, insanguinandone la liturgia più alta e nobile: quella dei giochi olimpici. La XX olimpiade si era aperta a Monaco di Baviera il 26 agosto 1972, per concludersi l’11 settembre (che diverrà un’altra data di lutto). Un commando palestinese dell’organizzazione “Settembre Nero” penetrò nel villaggio olimpico riuscendo, dopo ore di estenuanti trattative ed un tentativo di liberazione da parte della polizia tedesca, a sterminare 11 atleti israeliani.
L’ideazione di questo atto criminale e dimostrativo ebbe origine a Roma il 15 luglio 1972, quando due alti esponenti di Al Fatah, Mohammed Daoud Oudeh, conosciuto come Abu Daoud, e Salah Khalaf, conosciuto come Abu Iyad, si incontrarono al tavolo di un bar di Piazza della Rotonda con Abu Mohammed, dirigente di “Settembre Nero” che, l’8 maggio dello stesso anno, aveva dirottato senza successo un aereo belga in volo da Vienna a Tel Aviv, perdendo tutti i propri uomini.
La volontà di riscattarsi, di porre la questione palestinese all’attenzione del mondo ed il rifiuto del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) di ammettere una delegazione palestinese ai giochi, spinsero alla scelta di Monaco come teatro di una nuova azione spettacolare. La preparazione del piano fu meticolosa, così come il reclutamento degli uomini, selezionati a Chatila ed addestrati in Libia. Arrivati in Germania a coppie, come i futuri dirottatori dell’11 settembre 2001 si mimetizzarono tra la gente comune, assistettero ad alcune gare, fecero i turisti. Penetrarono agevolmente nel villaggio olimpico, approfittando anche dello scarso livello di sicurezza, effetto della particolare situazione dell’allora Germania Ovest. La Repubblica Federale Tedesca, a nemmeno 30 anni dalla disastrosa sconfitta del Terzo Reich, voleva allontanare gli spettri di Monaco ’36, evitando le militarizzazioni hitleriane e la presenza invasiva della polizia.
I fedayn fecero irruzione in piena notte. Nella violentissima colluttazione che scaturì dalla reazione israeliana furono uccisi subito due atleti: Moshe Weinberg e Yossef Romano. La tragica notizia si diffuse subito per tutto il villaggio ma, vergognosamente, nessuno sospese le gare. I tedeschi assemblarono un’unità di crisi composta dal capo della polizia di Monaco, Manfred Schreiber, dal ministro federale degli Interni, Hans-Dietrich Genscher, e dal ministro degli Interni della Baviera, Bruno Merk. Il cancelliere federale, Willy Brandt, contattò immediatamente il primo ministro israeliano, Golda Meir, per rendere note le richieste dei terroristi e cercare una soluzione al caso. La posizione del governo di Israele fu fermissima: nessuna concessione al ricatto dei terroristi. Dopo ore di infruttuose trattative ed ipotesi di liberazione fu deciso di trasferire gli ostaggi per tentare di liberarli in aeroporto. Giunti all’aeroporto una lunga serie di negligenze ed errori di valutazione portarono alla morte di tutti i 9 ostaggi superstiti, di 5 terroristi e di un poliziotto tedesco. All’1:30 del 6 settembre 1972 tutto era tragicamente concluso.
Il Governo di Gerusalemme, in risposta al massacro, intraprese una rappresaglia non convenzionale, condotta in tutta Europa dal Mossad per eliminare fisicamente i responsabili coinvolti nella strage, rievocata magistralmente da Steven Spielberg nel suo “Munich”.