Fatah: divisi più che mai
Il più vecchio partito palestinese prova a sanare le proprie divisioni, ma ne emergono rapidamente delle nuove
Il documento costitutivo di Fatah, il più vecchio fra i due partiti politici palestinesi, afferma che a meno di “circostanze eccezionali”, un congresso generale del partito deve svolgersi ogni cinque anni. L’ultimo si è svolto quasi 20 anni fa, nel 1989. Ma quest’anno potrebbe finalmente profilarsi l’eccezione nell’eccezione. Qualche mese fa il partito ha tenuto elezioni distrettuali per i delegati al congresso. I dati ufficiali dicono che quest’ultimi saranno eletti fra due mesi, ma non è stata fissata ancora una data per il congresso. Se e quando sarà organizzato, esso potrebbe essere determinante per la sorte palestinese. La sconfitta di Fatah alle elezioni del 2006, da parte del suo rivale islamista Hamas, dipese principalmente da spaccature nell’ambito di Fatah a causa di una congiura fra leader vicini al potere e varie fazioni di una “giovane guardia” che è già lontana dall’essere giovane. I sudditi fedeli sperano che Fatah batta Hamas la prossima volta che ci saranno elezioni, e che faccia in modo di condurre i palestinesi sulla via della pace con Israele, che Hamas rifiuta ufficialmente. Ma il congresso è lontano da un accordo.
Si pensa che giovani guardie come Qaddura Fares (46 anni) e Radi Jirai (57), lamentino il fatto che la Commissione centrale composta da 21 membri, stia usando regole che risalgono a quando i membri di Fatah erano in esilio per manipolare il congresso in proprio favore attraverso la restrizione del numero dei delegati e l’applicazione di un complesso sistema di quote. Azzam Ahmed uno stretto alleato di Mahmoud Abbas (conosciuto anche come Abu Mazen), presidente palestinese e capo di Fatah (ritratto nell’immagine), ha smesso di parlare così come di agitare gli alleati di Marwan Barghouti, un leader di Fatah che si trova in una prigione israeliana, che i sondaggi rivelano come il più conosciuto. Una parte accusa l’altra dei ritardi.
Gli alleati di Barghouti temono sicuramente che Ahmed Qurei (Abu Ala), visto come il leader della vecchia guardia, stia manovrando per prendere il posto di Abbas come leader di Fatah e quindi Presidente. Avendo vinto il posto di capo negoziatore della pace dopo aver trascorso un breve periodo in ombra lo scorso autunno, Qurei si è messo al fianco degli allleati chiave di Fatah, Israele e America, ma la sua reputazione e la sua visibilità fra i Palestinesi è scarsa, ciò che è pessimo per Fatah e vantaggioso per Hamas.
Ancora, le elezioni potrebbero non aver luogo, ma anche se dovessero aver luogo potrebbero creare un caos ancora più grande del congresso di Fatah. Abbas terminerà il proprio mandato il prossimo gennaio, ma egli lo ha esteso per mezzo di un decreto che ha procrastinato lo scrutinio presidenziale fino a quello parlamentare. Hamas non riconosce il decreto, così come non riconosce il governo che Abbas ha messo al suo posto dopo una sanguinosa diatriba fra le forze di Fatah e di Hamas a Gaza lo scorso anno.
Hamas sostiene, con alcune argomentazioni che Abbas abbia violato la Costituzione in entrambi i casi. E senza l’accordo con Hamas non possono esserci elezioni a Gaza. Nella West Bank, dove Abbas oscilla ancora e dove le sue forze di sicurezza, con l’aiuto di Israele, hanno praticamente sradicato Hamas, egli può aspettarsi una vittoria di Fatah anche se il partito rimane sclerotico.
Ma sarebbe una falsa vittoria ed avrebbe poco peso per la legittimazione del suo successore. A parte le sue lotte interne, Fatah inizia anche ad essere diviso in due correnti ideologiche.
Una è quella della riconciliazione con Hamas. Nella vecchia generazione di Fatah, l’avversione per Hamas è profonda. Leader come Barghouti che hanno combattuto fianco a fianco nella seconda Intifada del 2000, probabilmente sono più inclini a costruire ponti, dice Kalil Shikaki, un esperto di indagini campione palestinese. Dopo un anno di estrema ostilità, seguita all’occupazione di Gaza di Hamas, Abbas sembra aver intrapreso una linea più morbida abbandonando alcune delle sue precondizioni per avviare un colloquio fra i due partiti. Ma egli potrebbe anche meramente cercare di far balenare l’ipotesi di un disgelo con Hamas, per tentare di spaventare Israele ed ottenere maggiori concessioni nei suoi tentennanti colloqui di pace.
Questi colloqui sono il secondo punto della disputa. La vecchia guardia ha un interesse particolare nelle trattative. Questi esponenti hanno ottenuto il proprio ritorno dall’esilio e conseguentemente costruito le proprie carriere politiche consentendo a lavorare per un accordo di pace che prevedesse due Stati separati, uno ebraico e uno palestinese. Alcuni iniziano a credere che questo accordo possa essere raggiunto in un tempo non troppo lungo. Jirai, per esempio, pensa che sia giunto il momento di valutare la soluzione di “un solo Stato”.
Diversamente da quello cui aspira Hamas, egli dice, questo non dovrebbe essere uno Stato islamista, ma uno Stato secolare e democratico dove musulmani cattolici ed ebrei abbiano gli stessi diritti. All’ultimo incontro di uno dei consigli interni di Fatah, la soluzione di “uno-Stato-unico” è stata discussa per la prima volta dal 1974. Un’altra ragione per cui la vecchia guardia tenterà di assicurarsi che il congresso si svolga sencondo le sue regole oppure un’altro buon motivo per puntare a un nuovo rinvio.
The Economist – 28 giugno 2008