«Israele sparirà»
di Giulio Meotti
Roma. Mentre nella cornice del lago di Ginevra il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite si apprestava a denunciare Israele per il raid a bordo della nave turca Mavi Marmara, da Londra un altro grande convoglio “umanitario” partiva diretto a Gaza. La spedizione di “Viva Palestina” è ancora più ingente e meglio organizzata della Freedom Flottilla di giugno.
Il gruppo ieri è arrivato a Torino passando dal valico del Frejus e poi dalla Val di Susa. Nella città francese di Valux-en-Velin, il sindaco Bernard Genim ha accolto i militanti come eroi, esponendo persino le bandiere palestinesi. Partito da Londra, il convoglio farà tappa in Turchia, Siria, Giordania e intende entrare a Gaza dal valico di Rafah. Ma il ministro degli Esteri del Cairo, Abu al- Gheit, ha annunciato che avrebbe bloccato il convoglio. Il movimento Viva Palestina ha ripreso forza politica in Inghilterra dopo che anche il premier britannico, David Cameron, ha denunciato l’assedio di Gaza. Pochi giorni fa il capo di stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, ha detto che un eventuale assalto al gruppo Viva Palestina potrebbe finire con perdite ancora più grandi di quelle di giugno.
Viva Palestina è organizzato in stretta collaborazione con la ong turca Ihh, bandita da poco in Germania, il movimento vede al proprio vertice un rappresentante di Hamas in Europa, Zaher Khaled Hassan Birawi, che oggi dirige i programmi del canale tv al Hiwar. Questa tv è stata fondata da un altro esponente di Viva Palestina, il saggista Azzam al Tamimi, per il quale “sacrificarsi per la Palestina è una nobile causa” ed “è solo questione di tempo: Israele dovrà sparire sotto la gloriosa jihad di Hezbollah a nord e di Hamas a sud”. Nel 2008 Tamimi disse a un accademico israeliano, Yossi Mekelberg: “Voi dovete tornare in Germania”.
Lo scorso dicembre i fondi di Viva Palestina finirono anche nelle tasche delle Brigate Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas, responsabile di molti attacchi suicidi e del continuo lancio di razzi su Israele. Per questo al Congresso americano il deputato democratico Brad Sherman e il repubblicano Sue Myrick stanno cercando di mettere Viva Palestina al bando dagli Stati Uniti. Attualmente è un ente “no profit”. Un altro uomo forte di Viva Palestina è Muhammad Sawalha, che nel dicembre 2009 si incontrò con il capo di Hamas, Khaled Meshaal, e con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Sawalha è da molti analisti indicato come un collegamento dell’Ihh in Europa. A Brooklyn, Viva Palestina ha tenuto un evento pubblico in cui uno dei suoi promotori, Lamis Deek, ha detto che “con Hamas i palestinesi hanno scelto di unire tutti i territori palestinesi del 1948 da nord a sud”. In pratica, un invito alla distruzione d’Israele. Anche Kevin Ovenden, cofondatore del gruppo, ha pubblicamente elogiato il leader di Hamas, lo spietato Abdel Aziz Rantisi, definito “uno dei più grandi eroi che la Palestina abbia mai conosciuto”. Rantisi è noto per aver detto che “uccideremo gli ebrei ovunque si trovano”. Viva Palestina è stata attiva in passato nel sostenere il ministero dei Prigionieri di Hamas, che assiste le famiglie dei terroristi palestinesi detenuti nelle carceri di Israele.
Intanto aumentano i dettagli dei suoi legami con l’Ihh. Nei giorni scorsi il Daily Telegraph ha parlato di finanziamenti dell’Iran all’Ihh. E si è scoperto che uno dei “pacifisti” dell’Ihh a bordo della Mavi Marmara, Erdinç Tekir, era già stato condannato a nove anni di carcere nel 1996 in Russia per il dirottamento del traghetto Avrasya, realizzato per ottenere il rilascio di terroristi ceceni. Berlino per questo ha deciso di bandire l’Ihh, presente sul proprio territorio con una sede a Francoforte, in quanto l’organizzazione “lotta contro il diritto all’esistenza di Israele”. La rete economica di Viva Palestina, che ha un ufficio persino a Beirut, andrebbe dai movimenti pacifisti americani alla rete dell’ex premier malese Mahathir, teorico del “complotto giudaico” sull’11 settembre, fino alla celebre Union of the Good, un ente bandito negli Stati Uniti perché fungeva da facciata per la raccolta di fondi da destinare ad Hamas. Buona parte del fund raising è svolto alla luce del sole dall’ex deputato britannico George Galloway, la cui passione antisraeliana risale ai tempi delle famose visite alla corte di Saddam Hussein. Come disse una volta Galloway al rais: “Noi siamo con lei fino alla vittoria, fino a Gerusalemme”.
(Fonte: Il Foglio, 24 Settembre 2010)
Nella foto in alto: una macchina della carovana dei pacifinti
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