Israele è una feccia. Così parlano ad Amnesty, bibbia dei diritti umani
di Giulio Meotti
“Uno stato feccia”. Così ha definito Israele il direttore di Amnesty International a Helsinki, Frank Johansson, scrivendo sul sito del tabloid Iltalehti. L’ammiraglia dell’umanitarismo globale, bibbia dei diritti umani e vincitrice di un premio Nobel per la pace, non ha intravisto nelle parole di Johansson una valida ragione per espellere uno dei suoi capi in nord Europa. Amnesty ha così commentato: “Non pensiamo che quest’affermazione metta in discussione l’integrità di Amnesty e il suo impegno per la promozione dei diritti umani…”. Niente inchiesta interna dunque. Così, visto che nelle stanze della multinazionale dei diritti umani la frase di Johansson stava passando in cavalleria, ci ha pensato un gruppo di intellettuali a chiedere l’espulsione del capo di Amnesty.
Hanno firmato l’appello il giurista di Harvard Alan Dershowitz, la nota studiosa di cultura yiddish Ruth Wisse, il proprietario di New Republic Marty Peretz, l’ex advisor della Casa Bianca Elliott Abrams e il padre di Daniel Pearl, Judea Pearl. L’affermazione di Johansson getta discredito su un’organizzazione già accusata da molti di “bancarotta morale” (la frase è di Salman Rushdie).
La Finlandia non è un luogo qualunque per l’umanitarismo. Da sempre il paese è in prima linea nell’attività internazionale in difesa dei diritti umani (il presidente Martti Ahtisaari ha anche vinto un Nobel). Il nome stesso della capitale, Helsinki, è associato nella mente di numerose persone allo “spirito dei diritti umani”. Johansson però non è un caso isolato.
Amnesty è arrivata persino a chiedere all’Amministrazione Obama di “sospendere immediatamente gli aiuti militari a Israele”. Ma non ha trovato il tempo di chiedere, en passant, anche un embargo verso Hamas, rendendosi incapace di distinguere fra Israele e i suoi aggressori, fra una democrazia quantunque imperfetta e un movimento terrorista che inculca nei propri figli l’amore per la morte. Nel 2002, quando le forze di difesa israeliane, dopo due anni di attentati suicidi, andarono a stanare i terroristi dentro i Territori palestinesi, l’accusa – poi rivelatasi completamente falsa – che avessero compiuto un “massacro” a Jenin fu alimentata proprio da Amnesty, scatenando giornali e tv in tutto il mondo. In Inghilterra l’ufficio di Amnesty ha sposato le tesi più estreme dell’antisionismo.
Nata per difendere i prigionieri politici, l’organizzazione non ha mai richiesto la liberazione dei soldati israeliani rapiti da Hezbollah e Hamas. E mentre a Helsinki i nipotini delle benemerite lotte umanitarie erano intenti a definire “spazzatura” l’unico membro delle Nazioni Unite condannato a morte, Gilad Shalit languiva (da quattro anni) in un tugurio dei fondamentalisti islamici a Gaza e i suoi sequestratori diffondevano video in cui giustiziano il giovane caporale ebreo.
(Fonte: Il Foglio, 1 Ottobre 2010, pag. 8)