Le stragi dei palestinesi che dividono Hamas e Hizbullah
di Giovanni Giacalone
In crisi i rapporti tra Hamas e Hizbullah. Se prima i due erano stretti alleati contro l’acerrimo nemico israeliano, l’intervento del “partito di Dio” sciita in appoggio ad Assad nella battaglia di Qusayr ha totalmente stravolto gli equilibri.
Hamas, in quanto organizzazione sunnita, non ha potuto fare a meno di schierarsi a favore dell’opposizione siriana contro l’asse sciita, consapevole però del fatto che stava voltando le spalle ai propri alleati di vecchia data. Il regime di Assad diede infatti rifugio a Hamas nel 1999, quando l’organizzazione islamista palestinese venne espulsa dalla Giordania. Hamas divenne così parte del noto “asse di resistenza”anti-israeliano assieme a Iran e Hizbullah.
Con lo scoppiare del conflitto siriano Hamas si è trovato in una posizione estremamente scomoda; da una parte doveva necessariamente restare fedele ai suoi alleati sciiti, ma dall’altra, essendo un’organizzazione palestinese, islamista e di stampo sunnita, non poteva certo permettersi di voltare le spalle ai sunniti che combattono Assad e ai palestinesi che in gran parte sostengono l’opposizione siriana. Decisione ancor più obbligata in seguito ai ripetuti attacchi da parte dell’esercito di Assad ai campi profughi palestinese di Yarmouk e Tadamon, a sud-ovest di Damasco.
Hamas sarebbe dunque entrata attivamente nel conflitto, le brigate Ezzedin al-Qassam starebbero infatti addestrando l’Esercito Libero Siriano e un contingente di Hamas, su ordine di Khaled Mashaal, sarebbe inoltre stato inviato a combattere a fianco dell’ELS durante la battaglia di Qusayr.
Durissime le accuse nei confronti dell’organizzazione palestinese da parte del Ministro degli Esteri siriano Walid Moallem, il quale ha affermato che nessun paese arabo ha fatto per Hamas quello che è stato fatto dalla Siria, la quale è persino finita nella lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo a causa di ciò, lista stipulata dagli Stati Uniti.
Quale futuro dunque per Hamas? Difficile dirlo; senza ombra di dubbio la rottura con l’Iran e Hizbullah ha messo in seria crisi l’organizzazione, sia da un punto di vista finanziario che logistico.
Secondo fonti israeliane i leaders di Hamas avrebbero deciso in fretta e furia di mandare una delegazione di pace a Teheran nel tentativo di riaprire i “rubinetti” iraniani, ma al momento è improbabile che la Guida Suprema iraniana l’ayatollah Ali Khamenei e il suo alleato Hassan Nasrallah abbiano intenzione di sbloccare il flusso di finanziamenti e di armi destinati a Gaza. D’altro canto i sauditi hanno interrotto nel 2012 l’assistenza a Hamas; i Fratelli Musulmani egiziani si trovano a dover gestire una delle più pesanti crisi economiche e politiche mai registrate in Egitto e non possono certo permettersi di finanziare Gaza.
L’unica plausibile alternativa per Hamas è volgersi verso il Qatar e non è un caso che da mesi girano voci sul possibile trasferimento degli uffici dell’organizzazione a Doha, ma a quale prezzo? E’ ancora presto per dirlo
(Fonte: Diritto di Critica.it, 14 Giugno 2013)
Nella foto in alto: Khaled Meshaal, leader di Hamas e Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah