I tutori della pace in fuga davanti alla guerra
Il collasso dei caschi blu sul Golan dimostra che una forza Onu in Cisgiordania non funzionerebbe, e non garantirebbe la pace
di Elliott Abrams
Dopo quarant’anni, le truppe Onu incaricate di salvaguardare la separazione delle forze israeliane e siriane sulle alture del Golan hanno abbandonato le loro postazioni: sono fuggite in Israele, per mettersi al sicuro. Questo il resoconto del sito The Tower: «La forza degli osservatori delle Nazioni Unite (UNDOF), istituita nel 1974 per “mantenere il cessate il fuoco tra Israele e Siria” e “vigilare le zone di separazione e di limitazione (delle forze), come previsto dall’accordo di separazione delle forze del maggio 1974”, ha ritirato i caschi blu tutori della pace dal territorio siriano perché “la situazione negli ultimi giorni è gravemente peggiorata”».
Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric, citato dalla Reuters, ha dichiarato: «Gruppi armati hanno guadagnato terreno nell’area delle postazioni UNDOF, ponendo una minaccia diretta alla sicurezza ed incolumità dei caschi blu tutori della pace lungo la linea [siriana] Bravo e a Camp Faouar», ed ha aggiunto che tutto il personale Onu in quelle posizioni è stato spostato sul versante israeliano della frontiera.
Il collasso della forza Onu di fronte al deterioramento della situazione pone importanti interrogativi. L’israeliano Yossi Klein Halevi lo ha scritto chiaro e tondo: «Durante i recenti e falliti colloqui di pace tra Israele e palestinesi, il Segretario di stato americano John Kerry ha suggerito che Israele cedesse il controllo del confine fra Cisgiordania e Giordania ad una forza di pace internazionale. Ma la scorsa settimana centinaia di tutori della pace delle Nazioni Unite schierati sul confine fra Israele e Siria si sono a malapena messi in salvo fuggendo in Israele quando le forze di al-Qaeda hanno invaso le loro posizioni. Su chi dobbiamo fare affidamento per difenderci, se non su noi stessi?»
Quella di schierare forze internazionali in Cisgiordania è una vecchia trovata, ma il tracollo dell’UNDOF serve a ricordarci che semplicemente non funzionerebbe. Fino a quando la regione non sarà in pace e tutti i gruppi terroristici sconfitti, e l’Autorità Palestinese non sarà chiaramente in grado di combattere il terrorismo e garantire legge e ordine, l’unica cosa che impedisce l’instaurarsi in Cisgiordania di una forte presenza terrorista è l’esercito israeliano.
Senza dimenticare che non solo gli israeliani, ma anche i palestinesi e i giordani dipendono dalle Forze di Difesa israeliane per impedire che gruppi come Hamas, al-Qaeda o addirittura l’ISIS conquistino terreno in Cisgiordania.
Le forze Onu nel sud del Libano (UNIFIL) non sono state capaci di tenere sotto controllo Hezbollah, sempre riluttanti ad affrontarlo, mentre l’UNDOF è fuggita di fronte ai terroristi. Un identico risultato è del tutto prevedibile in Cisgiordania, oggi e domani, se dovessero andarsene le forze israeliane. Ammettere questo fatto non significa auspicare una permanente occupazione israeliana della Cisgiordania, ma sicuramente ogni speranza o piano di pace deve essere fondato sulla realtà.
Come ha scritto Yossi Klein Halevi nell’articolo già citato, il punto di vista degli israeliani su questi interrogativi si basa su una cruda valutazione della loro situazione: «Gli israeliani vedono la sorte delle minoranze yazidi e cristiane in Medio Oriente e si dicono: figuriamoci cosa accadrebbe a noi se abbassassimo la guardia”.
Quella guardia, essenziale per la loro sicurezza e per quella di palestinesi e giordani, non può essere sostituita da un’irresoluta forza internazionale o delle Nazioni Unite che, a giudicare dall’esperienza, si sottrarrebbe allo scontro e fuggirebbe di fronte al pericolo reale.
(Fonte: Israel HaYom, 17 Settembre 2014)
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