L’ONU si dimostra ancora una volta incapace di fermare l’incitamento all’odio antiebraico dei propri funzionari

 
Emanuel Baroz
1 dicembre 2015
3 commenti

Così i funzionari dell’Onu fomentano terrorismo e antisemitismo

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi continua ad accogliere tra le sue fila gente che inneggia all’Intifada dei coltelli e all’odio contro gli ebrei. Con i finanziamenti di Europa e America.

di Gabriele Carrer

unrwa-terrorismo-palestinese-onu-focus-on-israelMentre a Parigi i leader mondiali benedetti da Papa Francesco e capitanati dal segretario generale Onu Ban Ki-moon discutono di quella che Hollande ha definito “sfida del nostro tempo assieme alla lotta a terrorismo”, un rapporto dell’ong UN Watch racconta il fallimento delle Nazioni Unite nei confronti dell’incitamento al terrore e all’odio anti-israeliano professato dai suoi funzionari e impiegati attraverso i social network. Il problema nasce dall’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, i cui impiegati esibiscono nei loro profili online immagini di ebrei come scimmie e maiali, coltelli, scritte inneggianti alla jihad e alla violenza.

Mohammed Al Jowhary, che su Facebook si descrive come insegnante presso l’Unrwa, il 27 ottobre 2015, lo stesso giorno in cui due soldati israeliani sono stati accoltellati e feriti da alcuni palestinesi, tra post inneggianti alla jihad e al martirio ha postato una foto che ritraeva una donna con due orecchini a forma di coltello. Sopra il commento “Nuovi accessori per i palestinesi“. Al Jowhary è stato anche insignito di alcuni riconoscimenti tra cui quello dell’organizzazione canadese Right to Play e quello del British Council come ambasciatore per il World Voice Programme. Ci sono anche gli insegnanti Mazen Abo Hady di Gaza, che celebra l’Intifada dei coltelli e festeggia i morti israeliani ed ebrei, e Suad Assi di Ramallah che, oltre a mostrare il certificato Unrwa per il corso di etica, descrive i sionisti e gli ebrei come “figli delle scimmie e dei maiali” e condivide video di attacchi con il coltello. E ancora medici che inneggiano al martirio, funzionari e insegnanti che celebrano la violenza e il terrorismo contro Israele commemorando i leader morti di Hamas.

UN Watch ha presentato questa settimana al segretario Ban Ki-moon e al capo dell’Unrwa Pierre Krähenbühl il suo rapporto annuale in cui si segnalano ventidue nuovi soggetti, di cui dieci tra insegnanti, presidi e personale dell’agenzia. Alla consegna erano presenti anche il commissario per gli Affari esteri dell’Unione europea Federica Mogherini e l’ambasciatrice americana all’Onu Samantha Power. Europa e America lo scorso anno hanno finanziato l’Unrwa con circa un miliardo di dollari. Lo scorso ottobre il portavoce del segretario Onu aveva promesso azioni disciplinari contro alcuni membri del personale già denunciati da UN Watch per antisemitismo e incitamento all’odio. Ma Hillel Neuer, direttore di UN Watch, ha detto che le sospensioni temporanee “chiaramente non funzionano“, aggiungendo che “chi incita al razzismo o al massacro dovrebbe essere licenziato“. Proprio come ha fatto recentemente il governo britannico, che ha cacciato a vita dalle scuole inglesi il trentaseienne insegnante Mahmudul Choudhury dopo che questi aveva condiviso su Facebook un’immagine di Hitler con un commento antisemita.

Ad aprile di quest’anno inoltre è arrivata direttamente dal Palazzo di Vetro la conferma di un acronimo dell’Unrwa assai diffuso in Israele: United Nations Rocket Warehousing Agency, agenzia Onu per il deposito di razzi: anche il segretario generale Ban Ki-moon ha confermato che Hamas e gli altri gruppi islamici hanno usato scuole ed altre strutture delle Nazioni Unite come deposito e base di lancio per i razzi durante la guerra di Gaza dell’estate 2014.

Intanto si è chiusa 20-3 la partita tra Israele e il resto del mondo al tavolo dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nell’anno in corso, infatti, sono state venti le risoluzioni contro Israele e tre contro stati terroristici come Iran, Siria e Corea del nord. Nell’ultima Assemblea generale del 24 novembre sono state sei le bozze di risoluzione adottate contro Israele. Tra queste, l’annuale risoluzione redatta dalla Siria in cui, noncurante delle politiche di Assad che hanno minato ogni trattativa, Damasco lamenta la battuta d’arresto nel processo di pace aggiungendo che la questione del Golan “occupato” rappresenta “lo scoglio sulla via per raggiungere un pace giusta, globale e duratura nella regione“.

Il Foglio.it

Nell’immagine in alto: uno dei tanti post pubblicati da esponenti della UNRWA sui propri profili Facebook in cui si incita alla violenza antisraeliana e alla distruzione dello stato ebraico (in questo caso il post è stato pubblicato da Abed Abuashraf in data 13 Luglio 2014)

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  • #1Emanuel Baroz

    All’ONU il mondo è diverso: 20 risoluzioni contro Israele, 3 sul resto del mondo

    di Giovanni Quer

    Mentre in Africa continuano conflitti di cui non si parla, come in Congo, o di cui non ci si interessa più, come in Sudan, Somalia e Nigeria, e mentre il terrorismo jihadista imperversa in Medio Oriente e in Europa, l’Assemblea Generale dell’ONU adotterà entro fine dicembre 23 risoluzioni sui diritti umani: 1 sulla Corea del Nord, 1 sull’Iran, 1 sulla Siria e 20 contro Israele. Si condanna il regime oppressivo di Pyongyang, la limitazione alle libertà di espressione, religione e coscienze imposte dal regime degli ayatollah, e le efferatezze del regime di Damasco sulla popolazione. Nessuna condanna del terrorismo jihadista, ma molto da ridire su Israele, con l’approvazione degli Stati europei, del blocco dei Paesi arabi e islamici, e i soli voti contrari di Stati Uniti, Canada e qualche Stato minore. Israele è sotto accusa per l’armamento nucleare, per l’occupazione, per il trattamento dei palestinesi, per la situazione dei “rifugiati” palestinesi, e per gli insediamenti.

    Le risoluzioni che saranno adottate servono a reiterare la retorica dell’occupazione e degli insediamenti come il maggiore ostacolo per una pace giusta nella regione. In ben due risoluzioni si condanna l’annessione del Golan e le pratiche di imposizione israeliana sulla “Città Santa di Gerusalemme”. Dimenticata l’annessione del Golan e di Gerusalemme con la conseguente estensione della sovranità israeliana, si continua a coltivare il sogno che in un qualche momento quei territori possano ritornare sotto amministrazione siriana, senza tener conto della fattibilità attuale di un simile piano: a chi ritornare il Golan? Quali garanzie di pace avrebbe Israele una volta restituito l’Altopiano alla Siria? E’ però più interessante la questione di Gerusalemme: nelle risoluzioni ONU che vengono citate in condanna a Israele, Gerusalemme avrebbe dovuto avere uno status internazionale, mentre ora si è consolidata la convinzione che l’amministrazione israeliana sia un’usurpazione del territorio palestinese.

    Sulla stessa linea, la retorica politica e giuridica palestinese parla di “giudeizzazione” di Gerusalemme, per avanzare false accuse di “pulizia etnica” o “costante oppressione dei palestinesi”. Mentre la dirigenza araba rifiuta la sovranità israeliana, aumentano i residenti arabi che richiedono cittadinanza israeliana, in particolare tra i cristiani, sempre però rifiutando di collaborare con la dirigenza municipale. In quattro risoluzioni si condanna Israele per le “violazioni dei diritti umani dei palestinesi e della popolazione araba nei territori occupati”. Quest’altra formula è un costante appello contro Israele, che non guarda né alla realtà né alla natura dei diritti presumibilmente violati. In particolare, una risoluzione si concentra sullo sfruttamento delle risorse nei territori occupati, che è alla base delle varie forme di boicottaggio. La ripetizione astratta e convulsa di queste condanne nulla dice delle pratiche dell’Autorità Palestinese proprio sulla popolazione araba, né degli accordi tra Israele, Giordania e Autorità Palestinese sull’uso delle risorse naturali e in particolare di quelle idriche.

    Una delle quattro risoluzioni dà mandato alla IV Commissione Politica e sulla Decolonizzazione di investigare le violazioni dei diritti umani dei palestinesi da parte del regime occupante: in questa unica occasione il blocco europeo (cioè gli Stati dell’Unione Europea) si è astenuto. Il mero fatto che la Commissione sulla Decolonizzazione abbia un simile incarico dà l’idea di come sia considerata la presenza israeliana nei territori, frutto cioè di una visione anti-sionista che dipinge Israele come un estraneo imperialista che domina gli indigeni palestinesi. Altre 4 risoluzioni si concentrano sui rifugiati palestinesi, condannando Israele per la situazione precaria in cui versano. Ancora con voto favorevole del blocco europeo, è stata approvata una risoluzione che richiede il ritorno dei profughi della Guerra dei Sei Giorni, e la restituzione dei beni dei profughi palestinesi in generale.

    L’insistenza sui profughi palestinesi è un altro mantra che nutre il sentimento anti-israeliano, facendo delle richieste palestinesi una questione di giustizia e consolidando la vittimizzazione palestinese, frutto di una distorsione storica. Le pretese palestinesi diventano diritto e giustizia, mentre Israele è il solo accusato per la situazione attuale. La questione dei profughi ebrei che negli stessi anni della Guerra di Indipendenza 1948-49 sono stati espulsi dai Paesi arabi non rientra nella visione di giustizia che è promossa dall’ONU.

    Nessuna parola sull’amministrazione dell’UNRWA, l’agenzia ONU per i i rifugiati palestinesi, nelle cui scuole si continua a insegnare l’odio contro Israele e gli ebrei. Secondo un recente rapporto di UN Watch, nelle scuole dell’UNRWA si continua a incitare alla violenza contro gli israeliani, glorificando gli attentatori che accoltellano gli israeliani, e contro gli infedeli, invitando a uccidere “scimmie e maiali”. Infine, altre risoluzioni condannano gli insediamenti. Benché la loro posizione giuridica sia discutibile, la convinzione che siano il maggiore ostacolo alla pace è divenuto ormai un atto di fede.

    Le argomentazioni che sono ripetute nelle varie risoluzioni sono le medesime che ispirano i movimenti di boicottaggio e il generale sentimento anti-israeliano che impera in Europa. Non a caso, gli Stati europei hanno votato costantemente a favore delle risoluzioni di condanna di Israele, pur mantenendo a parole una politica di amicizia verso Israele, e nei fatti una politica di aperta ostilità, come la recente decisione di marchiare i prodotti originati nei territori post-1967. L’ossessione anti-israeliana all’ONU e in Europa rispecchia quella particolare visione anti-sionista secondo cui l’esistenza di Israele è il problema principale della pace nella regione. La prolificazione delle risoluzioni ONU consolida le posizioni anti-israeliane nel diritto, che diviene il principale strumento di distorsione della storia e di lotta diplomatica contro Israele. E’ la stessa visione politica che è alla base del movimento di boicottaggio contro Israele, che negli ultimi due anni è promosso dalla Commissione Europea nella forma di disinvestimento dalla cooperazione con le istituzioni israeliane nei territori post-1967. E’ legittimo dunque chiedersi se l’Europa sia veramente ignara della storia e della politica mediorientale o se persegua un’agenda politica ispirata alla visione anti-sionista, promossa all’ONU dal blocco arabo-islamico.

    http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=60592

    2 Dic 2015, 18:35 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    L’UNRWA non licenza gli insegnanti che fomentano razzismo e violenza

    Cosa insegneranno agli scolari palestinesi degli educatori (pagati dalla comunità internazionale) che inneggiano all’uccisione di innocenti?

    http://www.israele.net/lunrwa-non-licenza-i-suoi-insegnanti-che-fomentano-razzismo-e-violenza

    4 Dic 2015, 13:20 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    6 Dic 2015, 10:21 Rispondi|Quota