Ebrea defenestrata da un islamico a Parigi, “si dica la verità”
Appello su “Le Figaro” di 17 intellettuali francesi, tra cui Finkielkraut, Onfray e Badinter, sul caso di Sarah Halimi, uccisa lo scorso aprile.
Parigi – Ora intorno al caso di Sarah Halimi si muovono intellettuali del calibro di Alain Finkielkraut, Michel Onfray, Jacques Julliard, Élisabeth Badinter e altri tredici nomi della cultura francese, tutti firmatari su “Le Figaro” di un appello affinché le autorità “dicano il vero”, o quantomeno facciano definitiva chiarezza, sull’assassinio di Sarah, commesso a Parigi nella notte tra il 3 e il 4 aprile scorso. Un fatto di sangue che è ancora rovente per diversi aspetti.
Sarah Halimi aveva 65 anni ed era di religione ebraica. Dottoressa in pensione, madre di tre figli, abitava in rue de Vaucouleurs, nel quartiere di Belleville, undicesimo arrondissement. Quella notte di primavera, verso le cinque, scoppiò un violento litigio in casa del suo vicino K.T., 27.enne di origini africane, musulmano, già conosciuto come “delinquente plurimo” dalle forze dell’ordine. Secondo la ricostruzione di quelle ore convulse, i vicini riuscirono a chiudere l’uomo – in piena escandescenza – in una stanza dell’edificio, ma lui scavalcò il balcone al terzo piano e si introdusse nell’appartamento di Sarah. Scoppiò un altro diverbio, sul posto giunse la Polizia, vennero chiamati rinforzi per far fronte al giovane che urlava frasi in arabo e che gli agenti temevano fosse un terrorista. Ma prima ancora dell’arrivo delle pattuglie di supporto, K.T. aveva già accoltellato Sarah e al grido di “Allah Akbar” l’aveva gettata dalla finestra ancora viva, sebbene la donna avesse più volte implorato pietà. K.T. è stato poi arrestato.
Sia sui media francesi sia su quelli internazionali se n’è parlato pochissimo.
Il venerdì immediatamente successivo il procuratore della Repubblica François Molins ricevette, dietro loro richiesta, diversi rappresentanti della comunità ebraica: il gran rabbino Haim Korsia, il presidente del Concistoro Joel Mergui, il presidente del Fondo sociale ebraico Ariel Goldman e il direttore del Crif (l’organizzazione ombrello delle istituzioni ebraiche francesi) Robert Ejnès. Dopo l’incontro, questi pubblicarono un comunicato stampa in cui si leggeva che “secondo i primi elementi dell’inchiesta e sulla base delle prime testimonianze, niente permette di definire il carattere antisemita del gesto e niente permette di escluderlo”. Venne poi organizzata una “marcia bianca” che ebbe luogo il 9 aprile davanti alla casa di Sarah: in circa mille persone, molti ebrei, cantarono “La marsigliese”; si recitò un kaddish; era presente anche lo storico Georges Bensoussan. In seguito, la vicenda passò sotto uno strano silenzio che è andato avanti fino a pochi giorni fa.
Eppure per il figlio di Sarah, fin dall’inizio, non vi sono stati dubbi: “Mia madre è morta perché ebrea. Si deve fare conoscere la verità“. L’assassino, di fatto, era conosciuto nel palazzo, insieme alla sua famiglia, per un protervo antisemitismo.
Paiono pensarla così pure i diciassette intellettuali firmatari dell’appello su “Le Figaro”: “La donna di 65 anni – scrivono – pensionata e madre di tre figli è stata torturata e uccisa in piena campagna elettorale. Colpevole solo di essere ebrea è stata defenestrata al grido di Allah Akhbar“.
Stessa posizione è stata espressa dalla filosofa Alexandra Laignel Lavastine in una lettera al ministro dell’Interno Gerard Collomb, pubblicata sempre nei giorni scorsi dal “Times of Israel”: “Qui in Francia viviamo in un clima di estrema decadenza con comici come Dieudonné che ha paragonato gli ebrei ai cani, facendo ridere il pubblico. La violenza viene dall’Islam e si è trasformata in giudeo-fobia con una situazione paradossale sottolineata anche dall’avvocato della famiglia Halimi: se l’assassino di Sarah fosse stato biondo con gli occhi azzurri, tutti sarebbero scesi in piazza, diversamente da quanto sta avvenendo in un silenzio imbarazzante, visto che è di origine islamica. L’assassino è stato arrestato mentre recitava le sure del Corano e chiamando la vittima “Satana” mentre Sarah giaceva inerte sull’asfalto“.
Nel difficile clima francese degli ultimi anni il caso di Sarah – giuridico, politico, civile e mediatico – è ancora del tutto aperto.
(Fonte: Corriere del Ticino, 12 Giugno 2017)
Nella foto in alto: Sarah Halimi, brutalmente assassinata la notte tra il 3 e il 4 Aprile 2017 per mano di un musulmano notoriamente antisemita
#1Parvus
Intere nazioni affette da sindrome di Stoccolma.