Violenza culturale contro gli ebrei
Ora è il turno del negazionismo sui Hebron, prima c’era stato quello sul Muro del Pianto e su Gerusalemme. L’antisionismo è solo una scusa. L’opera di sradicamento di una storia e di una cultura è impressionante
di Pierluigi Battista
Davvero non si capisce la stupidità negazionista, l’accanimento demenziale, l’ostinazione cieca e avvilente con cui l’Unesco, un organismo che in teoria dovrebbe difendere la cultura e l’arte in tutto il pianeta, ma in realtà è diventata il ricettacolo di ogni menzogna e di ogni servilismo verso i despoti del mondo, nel corso degli ultimi anni si è incaponita nelle sue risoluzioni che negano e mortificano la storia degli ebrei. E davvero non si capisce perché mai le democrazie libere e anche l’Italia dovrebbero dare ancora retta a un organismo che nei giorni scorsi a Cracovia, a Cracovia, provocazione nella stupidità, a pochi chilometri da Auschwitz-Birkenau, si è permesso di cancellare con una risoluzione appoggiata dal vasto fronte antisemita la storia intrecciata all’ebraismo di Hebron, luogo dove sorgono le tombe di Abramo e di Sara, di Isacco e di Giacobbe. Ora è il turno del negazionismo sui Hebron, prima c’era stato quello sul Muro del Pianto e la cancellazione addirittura di ogni impronta ebraica su Gerusalemme. L’antisionismo è solo una scusa. L’opera di sradicamento di una storia e di una cultura è impressionante. Dicono: ma quello è un luogo geopoliticamente dei palestinesi. E allora? Adesso, dopo la pulizia etnica bisogna teorizzare la pulizia archeologica, la purezza etno-razziale di un luogo anche nella sua storia, nei suoi monumenti, nella sua dimensione artistica, architettonica, religiosa?
E’ davvero stupefacente che non ci si renda conto della violenza culturale che questa sequenza di vergognose idiozie di cui l’Unesco si sta macchiando sta perpetrando. L’imperativo antisemita per cui gli ebrei non devono esistere, non deve esistere il loro Stato di Israele si arricchisce di un annichilimento retroattivo: gli ebrei non sono mai esistiti, le loro tombe, Gerusalemme, i luoghi dell’identità ebraica devono essere «Judenfrei» persino nella memoria e nella storia. E chi lo dice? Lo dice un pugno di tirannie dove la libertà della ricerca culturale è negata al pari di ogni altra libertà, così diverse dall’unico luogo dove, detto tra parentesi, è garantita la libertà culturale e politica: cioè lo Stato di Israele. Un violenza culturale che noi facciamo finta di dimenticare, altro che «mai più», dando credito e risorse all’Unesco, una delle sigle più screditate del nostro tempo.