La banca congolese e i bonifici sospetti a Hezbollah
Il gruppo BGFI-Bank torna nell’occhio del ciclone per un rapporto investigativo che accusa il controverso istituto di credito legato al presidente Joseph Kabila, di aver finanziato il braccio armato di Hezbollah, in violazione del regime di sanzioni imposto dagli Stati Uniti al movimento libanese.
di Marco Simoncelli
“Le stesse banche utilizzate dai governi cleptocrati per sottrarre fondi pubblici, possono anche essere usate per finanziare le reti terroristiche. Questo è ciò che è avvenuto in una grande banca della Repubblica democratica del Congo (RdC)“. Inizia così la presentazione del rapporto “The Terrorists’ Treasury” pubblicato lunedì scorso da The Sentry, il gruppo di investigatori dell’Ong americana Enough Project finanziato dall’attore George Clooney assieme all’attivista per i diritti umani John Prendergast.
Secondo l’indagine, la BGFI-Bank RDC – uno dei primi gruppi finanziari dell’Africa Centrale -avrebbe autorizzato dei trasferimenti di denaro verso imprese e individui della rete che finanzia il braccio armato di Hezbollah in Libano, considerato un’organizzazione terroristica da Stati Uniti e alleati. La banca, che avrebbe così aiutato il gruppo a violare il regime di sanzioni Usa contro il gruppo libanese, non è un istituto di credito qualunque, perché il suo direttore è Francis Selemani Mtwale, fratello adottivo del controverso presidente congolese Joseph Kabila e cresciuto con lui durante gli anni di esilio in Tanzania.
Gli investigatori americani dicono di aver scoperto cinque trasferimenti di denaro sospetti, avvenuti nel 2001 e diretti a imprese legate a Kassim Tajideen, un uomo d’affari libanese-belga iscritto nella lista delle persone sottoposte alle sanzioni statunitensi nel 2009, per il suo sostegno agli Hezbollah. Tajideen è stato arrestato il 12 marzo scorso ed estradato negli Usa dove è accusato di “cospirazione, frode e riciclaggio”.
The Sentry ritiene ancor più grave il fatto che le transazioni da migliaia di dollari siano proseguite, nonostante alcuni dipendenti della banca avessero avvertito i loro superiori della problematicità di queste operazioni bancarie. Queste avevano come destinatari alcune imprese affiliate a Congo Futur, un gruppo basato a Kinshasa, anch’esso sotto regime sanzionatorio statunitense dal 2010 e diretto da uno dei fratelli di Tajideen. Per gli investigatori questi ammonimenti sarebbero arrivati anche al direttore dell’istituto, Mtwale, ma anche in questo caso non avrebbero sortito alcun effetto. La Congo Futur ha continuato a svilupparsi e le sue affiliate nel 2016 avevano ancora dei conti aperti nella BGFI-Bank RDC. Perfino il governo di Kinshasa avrebbe dei legami finanziari con il gruppo, con cui avrebbe firmato degli appalti pubblici.
Il gruppo investigativo ha chiesto a Stati Uniti e Unione Europea di emettere nuove sanzioni contro i dirigenti della BGFI-Bank RDC, che dal canto suo ha già smentito la veridicità delle accuse. Il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha affermato sprezzante: “Ogni giorno escono rapporti come questi, la cosa ci stanca un po'”.
Non è la prima volta che uno scandalo colpisce la BGFI-Bank RDC. Già nel novembre del 2016 le rivelazioni dell’ex-dirigente della banca, Jean-Jacques Lumumba (pronipote di Patrice Lumumba, eroe dell’indipendenza congolese), rilasciate al quotidiano belga Le Soir hanno dato il via allo scandalo dei cosiddetti “Lumumba papers”.
La BGFI sarebbe stata usata dal governo per operazioni sospette concernenti la società mineraria Gécamines e avrebbe ospitato un conto appartenente alla Commissione elettorale indipendente del Congo (Ceni), nel quale sarebbero stati fatti versamenti dal governo per 8 milioni di dollari, tra maggio e dicembre 2016. La Ceni è un organo che da anni lamenta la mancanza di fondi per organizzare le elezioni che si sarebbero dovute svolgere proprio nel 2016, prima della scadenza (il 20 dicembre) del secondo e ultimo mandato di Kabila. Pochi giorni fa proprio la Ceni ha annunciato che il voto slitterà di nuovo – stavolta al 2019 – per problemi logistici ed economici, facendo sprofondare ancor di più il paese nell’instabilità.
(Fonte: Nigrizia, 19 Ottobre 2017)
#1Parvus
Se si blocca il denaro, si blocca il terrorismo.