La Meloni, Soros e gli “usurai”: quando l’antisemitismo non ha bisogno della parola “ebreo”

 
Emanuel Baroz
27 marzo 2019
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“Usuraio”, “circonciso”: il vocabolario antisemita della politica italiana

Giorgia Meloni su Twitter ha definito George Soros “un usuraio”. È solo l’ultima delle definizioni spiacevoli e ambigue a cui la destra ha fatto ricorso negli anni

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Soros scende in campo per le elezioni europee finanziando con 200mila euro il partito di Emma Bonino. Ha scelto la sinistra come alleata e noi sovranisti come nemici. Un grande orgoglio per Fratelli d’Italia: tenetevi i soldi degli usurai, la nostra forza è il popolo italiano”. Con un messaggio molto criticato, pubblicato sui suoi canali social, Giorgia Meloni ha rimesso al centro del dibattito pubblico una vecchia controversia riguardante il linguaggio con cui gli eredi della destra sociale sono soliti riferirsi a esponenti della comunità ebraica, che secondo molti commentatori ricalcherebbe alcuni tratti tipici della propaganda antisemita.

Ci sono parole capaci di evocare un passato che fa tremare le gambe al più spregiudicato dei comunicatori, persino in questa strana fase in cui sembra che alla comunicazione politica sia concesso molto.

Tra i tanti fantasmi che perseguitano il partito di destra sociale post-post-Fiuggi guidato da Giorgia Meloni, quelli più ricorrenti riguardano sicuramente il concetto di razza, termine sempre attentamente evitato nella comunicazione ufficiale, ma che non di rado torna a rovinare i sonni dell’ex ministro per la Gioventù, come ci ha ricordato la recente polemica sui “matrimoni misti” (protagonista di un altro tweet di Meloni finito nell’occhio del ciclone). Il tema che più di ogni altro manda in fibrillazione la macchina comunicativa del partito più a destra dell’arco parlamentare italiano, resta comunque il rapporto con il gruppo etno-religioso ebraico, su cui è da tempo in corso “un’interminabile partita di Tabù“, come scriveva Guido Vitiello in un articolo sul Foglio datato luglio 2017.

Provare a indovinare la parola senza mai pronunciarla, girare attorno al concetto evitando di esplicitarlo in alcun modo: la destra italiana ha molti modi per dire ebreo, senza di fatto mai utilizzare quella parola.

Usuraio – Uno degli espedienti descrittivi più frequentati è proprio “usuraio”, termine che si riferisce all’odioso stereotipo nato attorno all’Undicesimo secolo, che voleva gli ebrei rappresentati pedissequamente come avidi prestatori di soldi. L’associazione tra religione ebraica e gestione del denaro, che secondo lo storico inglese Jonathan Frankel fondava le sue radici nella condanna dell’usura da parte del mondo cattolico, ebbe infausta fortuna, tanto da essere utilizzata nella propaganda anti-ebraica di matrice nazista ed essere sopravvissuta fino ai giorni nostri, rappresentando la base di molte moderne teorie del complotto, quasi tutte riguardanti George Soros e la famiglia Rothschild.

Circonciso – Non solo connotazioni storiche: la politica italiana ama indugiare anche sui tratti fisici. A inciampare su un vecchio topos della narrazione antisemita, nel 2017 era stato Massimo Corsaro, ex deputato di Fratelli d’Italia formatosi in ambienti missini, ma all’epoca dei fatti in forza al gruppo parlamentare di Raffaele Fitto, che su Facebook si era rivolto all’onorevole Emanuele Fiano ironizzando sulle sue sopracciglia che “coprono i segni della circoncisione”.

Negazionismo e revisionismo – A riportare alla ribalta il discorso d’odio anti-ebraico, nel 2016 era stata Denise Barcellona. La coordinatrice della sezione di Fratelli d’Italia di Nichelino, in provincia di Torino, si era fatta immortalare in una foto, intenta a fare il gesto dell’ombrello a una statua di Anna Frank, a pochi passi dalla casa-museo di Amsterdam che diede rifugio alla ragazzina, poi deportata a Bergen-Belsen. Raggiunta telefonicamente dai giornali, si era giustificata dicendo: “Anna Frank è un personaggio inventato, non è mai esistita. Basta guardare la casa di Amsterdam: solo un cretino può non accorgersi che è tutto inventato”.

Il complotto “pluto-giudaico-massonico” – La retorica più o meno velatamente antisemita non è un’esclusiva della destra sociale. È di pochi mesi fa la bufera che ha investito Elio Lannutti, senatore eletto tra le fila del Movimento 5 stelle, che sempre su Twitter aveva fatto riferimento ad un classico del genere, il conclamato falso storico dei Protocolli dei Savi di Sion, una teoria afferente al cosiddetto “complotto pluto-giudaico-massonico” creata appositamente per diffondere odio contro gli ebrei. Le rimostranze della comunità ebraica italiana hanno portato in questo caso a delle scuse ufficiali, ma sulla faccenda è in corso un’indagine della Procura di Roma.

George Soros e De Benedetti – Lannutti, nel Movimento 5 stelle, è in buona compagnia: nel 2014 il fondatore del partito, Beppe Grillo, aveva paragonato la Shoah alle “migliaia di morti l’anno” provocate dal sistema finanziario, aggiungendo poi in maniera sibillina che personalità come l’editore di Repubblica Carlo De Benedetti e alcuni banchieri “si fanno scudo di certe tragedie”. Ma la retorica contro il sistema finanziario ha spinto altri esponenti di spicco del Movimento 5 stelle come Manlio Di Stefano e Carlo Sibilia – nonché il vicepremier Matteo Salvini, leader della Lega – a scagliarsi contro George Soros, che nell’immaginario sovranista rappresenta l’origine di tutti i mali del capitalismo, e quindi il boss finale da affrontare. Come ha ben raccontato una lunga inchiesta pubblicata su BuzzFeed, però, la demonizzazione del miliardario ungherese è stata studiata a tavolino da due importanti consulenti politici, George Eli Birnbaum e Arthur Finkelstein, che nel 2008 sfruttarono le origini del finanziere e filantropo per far vincere le elezioni al populista di estrema destra Vicktor Orbán in Ungheria.

Wired

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