Parole d’ odio Le sfide dietro le quinte del vertice. Musulmani divisi sulle frasi antisioniste di Ahmadinejad
Gli insulti a Wiesel, gli applausi algerini, i dubbi dell’ Anp
GINEVRA – I ventitré diplomatici europei si sono ritrovati nella sala dei Passi perduti, dopo aver percorso i pochi che li hanno fatti uscire dall’ aula dell’ assemblea. Un esodo sommerso di applausi. Di protesta contro di loro. Numerosi delegati hanno espresso il sostegno alle parole di Mahmoud Ahmadinejad («gli Alleati, dopo la Seconda guerra mondiale, hanno mandato emigranti per istituire un governo totalmente razzista nella Palestina occupata») e hanno cercato di mettere a tacere le proteste a suon di battimani. E’ successo quando gli studenti francesi hanno fatto irruzione con parrucche multicolori e nasi rossi da clown e si è ripetuto ogni volta che dalle balconate pochi attivisti delle organizzazioni non governative hanno provato a contestare il discorso.
Lunedì pomeriggio la diplomazia delle acclamazioni ha coinvolto i Paesi arabi (il rappresentante algerino applaude in prima fila, mentre gli europei gli sfilano davanti) e le nazioni musulmane. Il fronte sonoro è stato guidato dagli iraniani. L’ Egitto, la Giordania e i palestinesi si sarebbero astenuti. «L’ occupazione è la peggiore violazione dei diritti umani, ma Ahmadinejad ci ha danneggiati – commenta Riad Malki, ministro degli Esteri dell’ Autorità -. Così fa il gioco degli israeliani. Noi vogliamo i negoziati e non accettiamo che altri parlino in nostro nome».
La stampa araba si divide sul discorso. Quotidiani come Al Hayat e Al Sharq al Awsat evidenziano le proteste occidentali e accusano Teheran «di aver compattato» l’ opinione pubblica a favore di Israele. Il palestinese Al Quds Al Arabi e il libanese As-Safir sostengono «Ahmadinejad ha detto la pura verità». Le organizzazioni filo-israeliane hanno organizzato una serie di eventi. Un contro-vertice, che ha coinvolto Elie Wiesel, Alan Dershowitz, Natan Sharansky, si è svolto ieri in una sala del Palazzo delle Nazioni. Incontri e scontri nei corridoi. Sergio Widder, rappresentante del centro Simon Wiesenthal per l’ America Latina, ha ripreso un membro della delegazione iraniana, mentre insultava Wiesel. L’ ex prigioniero A-7713, dal numero che gli venne tatuato ad Auschwitz sul braccio sinistro, si è sentito chiamare «nazi-sionista».
Davide Frattini
(Fonte: Corriere della Sera, 22 Aprile 2009, pag. 13)