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Un tranquillo weekend di antisemitismo in Europa
Un tranquillo weekend di antisemitismo in Europa Dalla Spagna alla Norvegia: artisti ebrei e israeliani cacciati dai festival culturali di Giulio Meotti E’ stato un tranquillo weekend di antisemitismo in Europa. Non si esibirà il 22 agosto a Benicassim, vicino a Valencia, il musicista ebreo Matthew Paul Miller, in arte “Matisyahu”, celebre rapper americano di musica reggae e hip hop. Il movimento per il boicottaggio di Israele ha ottenuto una grande vittoria al più grande festival reggae europeo, il Rototom Sunsplash, creato in Italia ma che dal 2009 si svolge nella città spagnola, riuscendo a impedire la performance del musicista ebreo. Come rivela il País, la direzione del festival aveva chiesto a Matisyahu di produrre un video o una dichiarazione scritta nella quale il cantante avrebbe dovuto sostenere uno stato arabo-palestinese, cosa che Matisyahu si è rifiutato di fare. Così la sua esibizione è stata annullata. In una dichiarazione su Facebook, gli organizzatori del festival Rototom hanno detto che la decisione è legata alla “sensibilità del festival sulla Palestina, la sua gente e l’occupazione del suo territorio da parte di Israele“. Attivisti del boicottaggio avevano accusato il rapper ebreo di essere un “sionista”, indegno di mettere piede in Spagna. Matisyahu sarà sostituito dall’artista giamaicana Etana e ha risposto dicendo che “la mia musica parla da sola, e io non inserisco la politica nella mia musica“. Senza considerare il fatto che Matisyahu non è israeliano, ma ebreo. La Federazione delle comunità ebraiche di Spagna ha accusato il festival di “codardia antisemita”, mentre l’Anti-defamation league di “discriminazione antisemita”. Da Gerusalemme, il ministero degli Esteri afferma: “Abbiamo sempre sostenuto che il boicottaggio non è legato allo stato palestinese o agli insediamenti, ma che non è altro che odio antiebraico“. In Spagna era già successo quando il direttore della galleria d’arte ArtMalaga in Andalusia, Juan Carlos Rica, aveva inviato il seguente messaggio in risposta alla domanda dell’artista di Haifa Patricia Sasson: “Noi rifiutiamo di lavorare con qualsiasi persona legata a Israele“.Continua a leggere
La silenziosa pulizia etnica dei palestinesi
La pulizia etnica silenziosa dei palestinesi di Khaled Abu Toameh Non è un segreto che la maggior parte dei paesi arabi maltrattino da tempo i loro fratelli palestinesi sottoponendoli a una serie di leggi discriminatorie stile-apartheid e a norme che spesso negano loro i diritti fondamentali. In paesi come l’Iraq, il Libano, la Giordana, l’Egitto e la Siria, i palestinesi vengono trattati come cittadini di seconda e terza categoria, un fatto che costringe molti di loro a cercare una vita migliore negli Stati Uniti, in Canada, Australia e in vari paesi europei. Di conseguenza, oggi, parecchi palestinesi si sentono a disagio nei loro paesi di origine e in altri paesi arabi. La situazione dei palestinesi nei paesi arabi ha iniziato a deteriorarsi dopo l’invasione irachena del Kuwait, nell’agosto 1990. I palestinesi furono i primi a “congratularsi” con Saddam Hussein per la sua invasione del vicino paese, che soleva fornire annualmente all’Olp decine di milioni di dollari. In molti, però, fuggirono dal Kuwait a causa dell’anarchia e dell’assenza di leggi che prevalsero dopo l’invasione irachena. Quando il Kuwait venne liberato l’anno successivo da una coalizione guidata dagli Stati Uniti, circa 20.000 palestinesi furono espulsi dall’emirato ricco di petrolio come ritorsione per aver appoggiato l’invasione del paese da parte di Saddam. Altri 150.000 palestinesi erano fuggiti dal Kuwait prima della guerra del Golfo. Essi sospettavano una nuova incursione e si preoccuparono di ciò che sarebbe loro accaduto una volta che il Kuwait fosse stato liberato. La maggior parte dei palestinesi che lasciarono spontaneamente il Kuwait, o che furono espulsi, si stabilirono in Giordania. I palestinesi residenti in Iraq stanno ora pagando un prezzo molto alto. Dal 2003, il loro numero è sceso da 25.000 a 6.000. Gli attivisti palestinesi dicono che gli iracheni stanno conducendo una campagna di pulizia etnica contro la popolazione palestinese presente nel paese. Secondo questi attivisti, dopo il crollo del regime di Saddam Hussein, le milizie sciite in Iraq hanno sistematicamente attaccato e intimidito la popolazione palestinese, inducendo molti a fuggire. Essi asseriscono che gli sciiti sono contrari alla presenza nel loro paese di sunniti non iracheni, compresi i palestinesi – soprattutto nella capitale Baghdad. Inoltre, a loro dire, molti sunniti che si sono opposti a Saddam hanno anche ingaggiato una guerra contro i palestinesi, come rappresaglia per l’appoggio da loro offerto al dittatore.Continua a leggere
Ancora corruzione nel “governo” di Abu Mazen
Palestina: ancora casi di corruzione nel governo di Emanuele Vena Un documento – firmato da Majdi Al-Khaldi, consigliere diplomatico del presidente Abu Mazen – in cui si chiedono 4 milioni di dollari al Bahrein per finanziare un complesso residenziale di lusso per i funzionari governativi palestinesi. O, ancora, un atto che dimostra le richieste avanzate da Nazmi Muhanna – direttore generale dell’autorità che sorveglia la frontiera con Israele – di sovvenzioni pubbliche per l’istruzione della figlia e l’assistenza medica della famiglia. Sono gli ultimi esempi, resi pubblici dall’Associated Press, che riportano alla luce la piaga della corruzione nella politica – e, nello specifico, nel governo – della Palestina. La diffusione dei documenti ha provocato l’indignazione del popolo palestinese, espressa a gran voce in particolar modo tramite i social media. Del resto, per buona parte della popolazione Abu Mazen è colpevole di aver ritardato per fin troppo tempo la proclamazione di nuove elezioni – l’ultima tornata elettorale risale al lontano 2005 – con tutto ciò che ne concerne, a partire dallo scarso livello di controllo della presentabilità morale dei suoi fedelissimi di governo, nonostante riforme a lungo promesse ma ad oggi disattese. Gli osservatori dichiarano che il livello di corruzione è più basso rispetto al periodo antecedente la morte di Yasser Arafat. Ma Amzi Shoab, capo di Aman – associazione che fa riferimento a Transparency International, l’organizzazione internazionale che porta avanti la lotta alla corruzione su scala globale – segnala ancora l’esistenza di “grandi buchi neri” diventati “regni privati di alcuni funzionari pubblici”, a partire dal “sistema finanziario ed amministrativo”, da riformare in maniera urgente. Del resto, l’ultimo Barometro diffuso dalla stessa Transparency International nel 2013 non dipingeva un quadro propriamente roseo, con appena un palestinese su 4 che considerava la corruzione in calo e con il 42% degli intervistati che considerava i partiti politici del Paese come corrotti o estremamente corrotti.Continua a leggere
Parigi (Francia): manifestazione “Tel Aviv-Sur-Seine” scatena le polemiche dei soliti noti odiatori di Israele
Parigi schiera altri 300 agenti per “Tel Aviv sulla Senna” La città si blinda per il timore di scontri sulla spiaggia della capitale durante la rassegna di domani in onore della città israeliana Voleva essere un omaggio di Parigi allo spirito aperto e cosmopolita di Tel Aviv, la metropoli israeliana affacciata sul Mediterraneo, nota per le sue spiagge e la sua movida. Ma adesso il risultato è che la capitale di Francia è in stato d’allerta, con centinaia di agenti schierati per scongiurare il rischio di eventuali scontri sulle Rive della Senna. Per ora le proteste contro «Tel Aviv-Sur-Seine», l’evento di 12 ore previsto per domani tra le sdraio e gli ombrelloni di «Paris-Plages» – la rassegna estiva per parigini (e turisti) rimasti in città – si sono limitate al mondo del web con punte polemiche in tv e tra i politici locali. I timori Ma c’è il timore che domani il conflitto possa prendere forma nei pressi dell’attrezzatissima spiaggia di sabbia fina sistemata lungo la Senna, tra Notre Dame e il Pont Neuf. Tanto è vero che sono stati dispiegati 300 agenti più del previsto. «Prendiamo la minaccia molto sul serio», avverte la Prefecture de Police, che ha ancora vive nella memoria le manifestazioni filo-palestinesi dell’estate 2014, diventate teatro di violenti scontri con le forze dell’ordine, tra lancio di pietre, lacrimogeni e arresti. Per il secondo anno consecutivo, l’eco del conflitto in Medio Oriente scuote dunque Parigi dal torpore d’agosto. L’anno scorso, a suscitare la rivolta, soprattutto nel quartiere multietnico di Barbès e contro la sinagoga di Sarcelles, furono le incursioni israeliane a Gaza (in risposta al lancio di missili dei terroristi palestinesi della Striscia di Gaza, lo ricordiamo).Continua a leggere
Gerusalemme: musulmani impediscono agli ebrei di bere dalle fontanelle al Monte del Tempio
Gerusalemme: musulmani impediscono agli ebrei di bere dalle fontanelle al Monte del Tempio di Serena Marotta Gerusalemme – Si verificano episodi di razzismo in Israele da parte degli arabi israeliani ai danni degli ebrei, impedendo addirittura loro di bere dalle fontanelle pubbliche sul Monte del Tempio, ovvero nei dintorni della Moschea di Al Aqsa. In questo video si vede che le donne non accettano che un ebreo possa bere dalle fontanelle di quel sito. Non perché si tratta di un […]Continua a leggere
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