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Razzi da Gaza verso Israele: il terrorismo palestinese non conosce sosta
Razzi da Gaza verso Israele: il terrorismo palestinese non conosce sosta Gaza, 3 Giugno 2015 – Tornano a suonare le sirene antimissile nel sud di Israele: tre razzi palestinesi lanciati dalla Striscia di Gaza si sono abbattuti sul sud di Israele intorno alle ore 23:00 locali, nelle zone di Netivot e Ashkelon. Non si registrano vittime. Vi sarebbe una rivendicazione di un gruppo poco conosciuto, le Brigate di Omar, legato “Stato Islamico” (ISIS) che ha dichiarato: “Continueremo la nostra jihad […]Continua a leggere
Netanyahu smaschera il BDS: “Siete contro l’esistenza stessa di Israele”
Netanyahu e la versione dei boicottati La verità sui boicottaggi contro Israele svelata dal suo primo ministro Domenica il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha inquadrato un po’ meglio e dal suo punto di vista di capo di Israele il vasto movimento che chiama il mondo al boicottaggio dei prodotti Made in Israel – movimento che ha ripreso vigore dopo il fallimento dei colloqui di pace con l’Autorità palestinese che ormai risale all’anno scorso. La questione è spesso spiegata con le voci dei boicottatori, che trovano spazio e ascolto in molti luoghi, e molto più di rado è spiegata con la voce del primo ministro (ri)eletto dai boicottati. Eccola: “La campagna di boicottaggio – dice Netanyahu – non è connessa alle nostre azioni: è collegata alla nostra stessa esistenza. Non importa quello che facciamo: importa quello che rappresentiamo e cosa siamo”. E ancora: “Penso che sia importante capire che queste cose non nascono dal fatto che se soltanto fossimo più gentili o più generosi – siamo molto generosi, abbiamo fatto molte proposte, abbiamo fatto molte concessioni – allora le cose cambierebbero, perché questa campagna per delegittimare Israele sottende qualcosa di più profondo, che è mirato contro di noi e tenta di negare il nostro stesso diritto di vivere qui”. “Non siamo un paese perfetto; non pretendiamo di esserlo, ma i boicottatori stanno fissando per noi standard che sono allo stesso tempo deformi e più alti di quelli di qualsiasi altro paese, di qualsiasi altra democrazia”.Continua a leggere
Finanziamenti ai palestinesi: ma che fine fanno?
Abu Mazen: che fine fanno tutti i soldi che intaschi? Cresce l’indignazione per lo sperpero della colossale montagna di denaro che ogni anno copre l’Autorità Palestinese. Corruzione e malaffare sono fenomeni endemici, tipici oltretutto di regimi che non devono rispondere agli elettori del proprio operato – giusto poche settimane fa Abu Mazen ha festeggiato il decimo anno di un mandato presidenziale originariamente quadriennale – ma la misura è colma, ora che l’austerità fiscale costringe i governi a chiedere nuovi e ulteriori sacrifici ai propri cittadini. I quali incominciano ora a chiedersi che ne è del fiume di denaro veicolato annualmente verso l’Autorità Palestinese, e se non si tratta di uno strumento dall’efficacia inversamente proporzionale agli sforzi della comunità internazionale: tranne i poppanti, tutti sanno che i miliardi di dollari stanziati non beneficiano alcuno dei poveri palestinesi. Lodevole è risultata l’iniziativa di Rights Reporter, che qualche mese fa ha interpellato l’Unione Europea, per chiedere conto degli aiuti erogati all’ANP, dopo che diversi organismi di controllo contabile hanno denunciato la letterale scomparsa nel nulla apparente di migliaia di rivoli di finanziamenti; ricevendone in cambio risposte vaghe e volutamente superficiali.Continua a leggere
L’ONU continua la sua ridicola campagna contro Israele: questa volta ad essere sotto accusa è l’esercito dello stato ebraico
Israele fra i lebbrosi Gli inviati di Ban Ki-moon vogliono mettere Tsahal nella lista nera assieme al Califfo, con l’aiuto delle ong di Giulio Meotti In quale documento ufficiale l’unico esercito del mondo con una clausola che prevede di disobbedire a un ordine disumano, l’esercito d’Israele, può finire accanto a bande di terroristi islamici che crocifiggono i bambini, li seppelliscono vivi e li usano come kamikaze? Alle Nazioni Unite, certo. E’ quanto ha deciso l’inviato dell’Onu per i Bambini e i conflitti armati, Leila Zerrougui, che ha suggerito l’inserimento dell’esercito israeliano nella lista nera di paesi e organizzazioni che causano regolarmente danni ai bambini. In questa black list ci sono già al Qaida, i nigeriani di Boko Haram, lo Stato islamico di Iraq e Siria, i talebani e paesi come il Congo e la Repubblica Centrafricana, tristemente celebri per i loro eserciti di fanciulli lontani dall’essere maggiorenni. Il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, sarebbe restìo a inserire Israele in questa lista. Ma il danno è fatto. Al Palazzo di Vetro è in corso una pesante pressione da parte palestinese, dei suoi sponsor e delle organizzazioni non governative sui diritti umani, tutti decisi a far includere Tsahal nella lista nera. Secondo il maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth, i palestinesi avrebbero anche il sostegno di alti funzionari del segretariato dell’Onu che stanno premendo su Ban Kimoon. Il governo Netanyahu si sta opponendo con forza per non essere messo nello stesso elenco di “organizzazioni e paesi lebbrosi”. L’esercito israeliano è accostato alla decapitazione degli ostaggi diventata un metodo per addestrare i baby-killer dell’Isis. Nel campo di addestramento al Faruk, creato vicino a Raqqa in Siria, bambini in tuta mimetica, a partire da cinque anni, sono addestrati a sparare e decapitare. Per non parlare del fatto che il califfo riempie fosse comuni di bambini.Continua a leggere
FIFA: i palestinesi ritirano all’ultimo richiesta espulsione Israele
I palestinesi rinunciano alla richiesta di espulsione di Israele dalla Fifa Il passo poco prima della votazione: evitata una conta che avrebbe provocato profonde lacerazioni di Maurizio Molinari Zurigo, 29 Maggio 2015 – I palestinesi rinunciano alla richiesta di espulsione di Israele dalla Fifa e il mondo del calcio tira un sospiro di sollievo: evitata una conta che avrebbe provocato profonde lacerazioni. Al 65° Congresso della Fifa di Zurigo la votazione fra i 209 membri era in programma per il pomeriggio ma, poco prima, Jibril Rajoub, presidente della “Palestinian Football Association” ha annunciato il formale passo indietro. Immediata la reazione israeliana: “E’ stata evitata una situazione assurda”. La decisione palestinese ha allentato la tensione che era stata innescata nella mattinata da un blitz di militanti palestinesi dentro la sede del Congresso, innalzando cartellini rossi contro Israele. Ad aver avuto successo è stata la mediazione di Joseph Blatter, presidente Fifa, che la scorsa settimana si era recato a Ramallah e Gerusalemme imbastendo con il presidente palestinese Abu Mazen ed il premier israeliano Benjamin Netanyahu una trattativa sul contenzioso esistente che ha portato lo Stato ebraico a formulare una proposta in quattro punti, basata sulle richieste sollevate da Rajoub. In particolare, secondo “Haaretz”, Israele avrebbe garantito che giocatori ed allenatori delle squadre palestinesi avranno documenti speciali per accelerare i trasferimenti fra Gaza e la West Bank, come all’estero.Continua a leggere
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