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L’Olanda taglia la pensione ai sopravvissuti alla Shoah che vanno a vivere in Giudea e Samaria

Di Emanuel Baroz | 16 maggio 2015
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L’Olanda taglia la pensione ai sopravvissuti alla Shoah che vanno a vivere in Giudea e Samaria

Prove generali di antisemitismo in Europa Una sopravvissuta alla Shoah va a vivere in Cisgiordania e l’Olanda le comunica che le taglia la pensione del 35%, perché quelli sono “territori occupati”. Poi la retromarcia raffazzonata, ma il provvedimento recepiva direttive di Bruxelles. Mentre il Vaticano riconosce la Palestina, cresce il clima anti-ebraico… di Gabriele Carrer Pensioni tagliate del 35% per i sopravvissuti olandesi alla Shoah che vivono oltre la linea verde, in Cisgiordania. Questa la vergognosa decisione del governo olandese che ha incontrato il silenzio dei media italiani e delle istituzioni europee, impegnati nella difesa degli ebrei un solo giorno all’anno. Stiamo pur tranquilli i burocrati perché non si tratta di una spending review salvifica: non sono molti i sopravvissuti all’Olocausto ancora in vita. Nel caso in questione, una signora novantenne recentemente trasferitasi in Israele per riabbracciare i figli e scappare da un’Europa antisemita si è vista tagliare la pensione che riceveva dai Paesi bassi passando da 900 euro al mese a 600. La pensione in questo caso non è legata al lavoro della signora, bensì è un risarcimento per i reati commessi dagli olandesi, dai “volontari carnefici” che consegnarono nelle mani di Hitler gli ebrei residenti nei Paesi bassi. Dopo anni più tardi, l’accanimento olandese proseguì al rientro dei superstiti con tasse arretrate da pagare oltre all’indisponibilità delle proprie case e del proprio lavoro. Così come mandava i suoi poliziotti a dar la caccia agli ebrei negli anni Quaranta, così oggi l’Olanda ha fatto recapitare una semplice lettera a casa della signora per informarla della decurtazione. Dopo polemiche sulle principali televisioni israeliane, questo il commento del portavoce del Ministero degli affari sociali olandese: «uno sfortunato incidente». Come sottolineato dal professor Ugo Volli, «pensate che un qualche burocrate dell’Inps possa scrivergli una lettera dicendogli “no, guarda, a Sestri Levante non devi proprio vivere, il Lussemburgo non fa per te, Cipro del Nord è ingiustamente occupata dai Turchi, la Crimea dai Russi, il Sahara occidentale dal Marocco (il che è verissimo, UV) e quindi la pensione te la tagliamo, o vai a vivere dove diciamo noi, o rassegnati a diventare assai più povero!”».Continua a leggere

Gaza: esplosione in base Hamas causa molti feriti

Di Emanuel Baroz | 15 maggio 2015
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Gaza: esplosione in base Hamas causa molti feriti

Gaza, potente esplosione in base Hamas Numerose ambulanze convergono sul posto Gaza, 14 Maggio 2015 – Una potente deflagrazione si è verificata in una base dell’ala militare di Hamas (Brigate Ezzedin al-Qassam) a Beit Lahya, nel nord della Striscia di Gaza. Un giornalista dell’ANSA, accorso sul posto, precisa che stanno arrivando numerose ambulanze. Ma i soccorritori non possono avvicinarsi perchè si avvertono esplosioni secondarie. La popolazione del rione si è data alla fuga. L’esplosione ha provocato una quindicina di feriti […]Continua a leggere

Il Vaticano e quella frettolosa scelta di riconoscere la “Palestina”

Di Emanuel Baroz | 13 maggio 2015
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Il Vaticano e quella frettolosa scelta di riconoscere la “Palestina”

Un po’ troppa fretta, Santa Sede Il Vaticano dovrebbe aspettare a riconoscere lo “Stato di Palestina”. E’ dal 2012 che il Vaticano, Papa Ratzinger regnante, nei suoi documenti ufficiali parla di “Stato di Palestina”. Dunque la decisione di ieri della Santa Sede di nominare questo stato in un documento bilaterale è l’esito di un percorso iniziato addirittura nel 2000 da Giovanni Paolo II. Il trattato è comunque il primo documento in cui il Vaticano parla di “Stato di Palestina” e non più di “Organizzazione per la Liberazione della Palestina” (Olp): si tratta, di fatto, di un riconoscimento ufficiale. Una svolta simbolica di un certo peso, proprio mentre i palestinesi sono impegnati in una campagna internazionale per il riconoscimento del loro stato senza passare dai negoziati con Israele, anzi disconoscendone le ragioni, e da ultimo, l’esistenza. E questo è il problema. Quando il Vaticano riconobbe Israele, agli inizi degli anni Novanta, lo fece all’interno della cornice degli accordi di Oslo: Israele riconosce l’Olp e la chiesa cattolica in cambio apre allo stato ebraico. Un baratto cinico, ma comprensibile nella cornice di politica estera realista da sempre seguita dal Vaticano, che pure deve tenere conto della fragile condizione degli arabi cristiani. Oggi la situazione è ben diversa: i palestinesi stanno internazionalizzando il conflitto con Israele, mentre il mondo arabo islamico è percorso da un odio ipnotizzante verso “i sionisti” e vaste masse di cristiani sono cacciati dalle terre islamiche, palestinesi comprese. Oggi il Vaticano poteva permettersi di prendere tempo, adducendo numerose ragioni, prima fra tutte l’esposizione globale di Israele alla tagliola della umma islamica.Continua a leggere

“Je Suis Ilan”: una serata per Ilan Halimi

Di Emanuel Baroz | 9 maggio 2015
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“Je Suis Ilan”: una serata per Ilan Halimi

Ilan Halimi: per non dimenticare di Deborah Fait Grandissima, eccezionale serata di Rai 2 in collaborazione con i ragazzi del Progetto Dreyfus, sempre puntuali e bravissimi cui va il mio personale plauso per il grande lavoro fatto. La programmazione del film sul rapimento, la lunga tortura e la morte di Ilan Halimi è stato un percorso nella memoria dell’orrore che nel 2006 colpì ancora una volta la Francia e il mondo ebraico. L’orrore, la rabbia nel sentir negare dalla Polizia francese la matrice antisemita del crimine, sono perfettamente raccontati nel film, riuscendo a dare, come dice Porro, un pugno nello stomaco di chi guarda e a far capire esattamente la realtà dei fatti. Ruth Halimi, la madre di Ilan: “Hanno voluto portarci via anche la verità, hanno ucciso Ilan due volte negando l’antisemitismo. Ilan è stato ucciso perchè ebreo, se non fosse stato ebreo sarebbe ancora vivo“. Ilan Halimi fu rapito il 21 gennaio 2006 a Parigi e torturato per 3 settimane (24 jours) in modo orribilr, inenarrabile, folle. Fu ritrovato nudo e agonizzante, con bruciature sull’80% del corpo, lungo un binario ferroviario, morì nel tragitto verso l’ospedale. L’autopsia non rilevò nessun colpo mortale ma l’insieme delle torture, i tagli, il freddo, (fu tenuto per tre settimane sempre nudo al gelo), tutto questo portò alla morte. I suoi torturatori hanno dichiarato al processo di averlo rapito perchè ebreo, quindi , secondo loro, ricco! Un delitto antisemita basato quindi sul più stupido, sul più idiota e elementare dei pregiudizi antisemiti, odio puro, ignoranza, l’ebreo ricco parte di una comunità solidale, “gli ebrei sono tutti ricchi e si aiutano tra loro” dirà ridendo il capo della banda assassina, Yussuf Fofana, che, entrando in aula per il processo, griderà col pugno alzato: ” Allah vincerà”. Nel covo dei torturatori furono trovati scritti di Hamas e di organizzazioni pro palestinesi.Continua a leggere

Europa 2015: una storia di ordinario antisemitismo

Di Emanuel Baroz | 8 maggio 2015
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Europa 2015: una storia di ordinario antisemitismo

Europa 2015: una storia di ordinario antisemitismo di Rachele Levi Mi chiamo Rachele, e sono un’ebrea italiana. Voglio raccontare un episodio accadutomi in Francia a Marsiglia il 29 aprile 2015, è bene precisare l’anno perché mi è sembrato di essere nell’aprile del ’44 prima della liberazione. Io e la mia famiglia abbiamo fatto una breve crociera e tra gli scali c’era Marsiglia, la nave era la Costa Favolosa partita da Savona. Una volta sbarcati a piedi ci dirigiamo verso il porto vecchio e nel farlo mi accorgo che una signora distinta sui 65 anni ci segue, ci supera, fa finta di guardare qualche vetrina, mi guarda passare e ripete la cosa alcune volte. Dopo un po’ mi ferma e mi chiede se parlo francese, la squadro, è ben vestita, non abiti costosi ma dignitosi, non è sicuramente una pazza. Le dico di sì e lei mi gela puntando il dito al Magen David che porto al collo: “Cache le… c’est dangereux, Je suis comme vous, ici ils chassent le gens comme nous” (Lo nasconda, è pericoloso, io sono come lei, qui danno la caccia a quelli come noi). Tolgo la catenina e la metto nella borsetta, la signora mi accarezza una spalla, inizio a dirle “Merci et shalom” ma mi blocca mettendomi un dito sulle labbra. “Pas shalom” sussurra e mi rendo conto che lei non ha mai usato la parola “ebrea”.Continua a leggere