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Si rafforza l’asse tra Putin e gli ayatollah: la Russia vende missili all’Iran
Putin vende missili S-300 a Teheran La Russia riprende le forniture dei sistemi missilistici antiaerei s-300 all’Iran. Lo ha deciso il leader del Cremlino, Vladimir Putin, mentre l’alleggerimento delle sanzioni internazionali all’Iran resta ancora un nodo da sciogliere dopo l’intesa di massima sul nucleare. “cancella il bando al trasferimento dalla Russia al trasporto e alla consegna dei sistemi all’Iran” con effetto immediato. Un contratto da 800 milioni di dollari per la fornitura di diverse batterie di s-300 era stato firmato tra Teheran e Mosca nel 2007, annullato poi dal Cremlino in seguito all`introduzione delle sanzioni contro il paese mediorientale. Lo scorso 2 aprile l’Iran e il gruppo 5+1 delle potenze mondiali, Russia compresa, hanno raggiunto un accordo sul programma nucleare di Teheran. Successivamente da Rostec, compagnia statale russa per lo sviluppo e l`esportazione di prodotti industriali per uso civile e militare, si era affermato che le forniture di armamenti all`Iran sarebbero riprese. Legami economici più forti. La decisione di Putin mostra la determinazione del Cremlino di rafforzare i legami economici con Teheran. Un ufficiale del governo ha anche dichiarato che la Russia ha iniziato a fornire grano, equipaggiamenti e materiali da costruzione all’Iran in cambio di greggio, sulla base di un accordo di scambio. I due governi hanno diffuso dichiarazioni contrastanti in proposito, ma secondo quella del vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov l’accordo viene già applicato. “In cambio di forniture di greggio iraniano, stiamo consegnando determinati prodotti. Questo non è vietato o limitato, secondo le attuali sanzioni“, ha dichiarato.Continua a leggere
La strage dell’ISIS nel campo profughi palestinese di Yarmouk non interessa ad Abu Mazen
Olp e arabi, i veri nemici dei palestinesi Altro che Israele. Abu Mazen si rifiuta di intervenire nel campo di Yarmouk e abbandona i suoi a Isis e Assad. di Carlo Panella L’Olp ha annunciato di non avere la minima intenzione di intervenire in armi nel campo palestinese di Yarmouk, alla periferia di Damasco, teatro di violenti combattimenti. Abu Mazen, insomma, non intende fare nulla per evitare l’ennesimo massacro di palestinesi a opera di arabi. Una tragedia che per l’ennesima volta non ha nulla a che fare con Israele e mette in luce quella ferocia palestinese e araba che i media occidentali da sempre si rifiutano di vedere. I fatti, dall’inizio: i 180.000 rifugiati palestinesi di Yarmouk sono trattati da 60 anni come paria dai siriani. Rinchiusi in un ghetto, non hanno diritto di lavorare all’esterno, di avviare un’attività economica, di comprare una casa o un terreno. Vivono dei sussidi dell’Onu e delle rimesse dei parenti. Negata rigidamente la cittadinanza siriana. Yarmouk, insomma è una delle «bombe atomiche arabe» (definizione di Nasser) scientificamente organizzate dai vari rais, che hanno tenuto per decenni i palestinesi nei campi profughi in condizioni di semi schiavitù, rifiutandosi di integrarli, per usarli come came da cannone disperata contro Israele. Yarmouk, inoltre, era ed è la “capitale” del gruppo palestinese Fplp-Cg, di Ahmed Jibril, da sempre alleato col regime para nazista di Damasco e ferocemente in armi contro la stessa Olp. Avversario di Yasser Arafat, subordinato all’alleanza con i macellai Assad padre e figlio, il Fplp-Cg partecipò persino al massacro arabo del campo palestinese di Tell al Zatar di Beirut nell’agosto del 1976, che nessuno ricorda, ma che fu peggio di quello di Sabra e Chatila che invece viene ricordato in occidente solo perché se ne attribuisce – falsamente – la responsabilità a Israele (i macellai furono invece gli arabi cristiani).Continua a leggere
Concorso nazionale di vignette “satiriche” sulla Shoah in Iran: tra i partecipanti anche alcuni italiani
I vignettisti che andranno a irridere l’Olocausto hanno pubblicato anche sui giornali italiani di Giulio Meotti La Repubblica islamica dell’Iran ha da tempo elevato le vignette a strumento di un negazionismo e antisemitismo deliranti. Nel 2006, su iniziativa del presidente Mahmoud Ahmadinejad, Teheran organizzò il primo concorso internazionale per le vignette che sbeffeggiano l’Olocausto (nella foto la vincitrice di quell’edizione). Alle pareti della sala di Tabriz dove si svolse il primo concorso giganteggiava il ritratto di Khomeini, l’imam che ha […]Continua a leggere
Attacco informatico di Anonymous contro Israele: obiettivo fallito anche quest’anno
Attacco informatico di Anonymous pro-Palestina contro Israele. Ma l’obiettivo fallisce A una settimana dal giorno in cui Israele ricorda la Shoah, il 16 aprile, gruppi di attivisti palestinesi hanno condotto una massiccia azione denominata “Olocausto elettronico” contro siti web e account privati israeliani successivamente pubblicati su Internet. Ma c’è stato solo un temporaneo blocco dei sistemi. E la maggioranza degli hacker del gruppo si dissocia dall’iniziativa proprio per il nome dato all’assalto di Arturo di Corinto L’avevano promesso e l’hanno fatto. A una settimana dal giorno in cui Israele ricorda la Shoah, il 16 aprile, gruppi di attivisti pro Palestina hanno condotto un massiccio attacco informatico contro siti web e account privati israeliani successivamente pubblicati su Internet. A rivendicare l’attacco è stato un gruppo composito sotto la maschera di Anonymous. E tuttavia la maggior parte degli attacchi ha causato solo il temporaneo malfunzionamento di siti web istituzionali e il temuto “Olocausto elettronico” non c’è stato. Ma era così che AnonGhost e altri avevano annunciato l’operazione che ormai da diversi anni si ripete contro Israele (con insuccessi sempre maggiori…) per denunciarne la politica nei confronti dei palestinesi e in particolare degli abitanti di Gaza: “Siamo tornati per punirvi di nuovo, per i vostri crimini nei territori palestinesi come facciamo ogni anno il 7 aprile. E come abbiamo fatto molte volte, bloccheremo i vostri server, siti governativi e militari, di banche e istituzioni pubbliche, vi cancelleremo da cyberspazio.” L’operazione è stata tuttavia bollata da più parti come un fiasco. Uno dei motivi dello scarso impatto dell’iniziativa annunciata il mese scorso con un video raccapricciante di scontri e torture nella martoriata Palestina parrebbe essere proprio la sua rivendicazione da parte del gruppo AnonGhost che si era già schierato a favore dell’Isis causando durissime contrapposizioni all’interno degli stessi Anonymous che il 7 e l’8 febbraio avevano preso di mira l’infrastruttura informatica del Cybercaliffato. E le critiche più pesanti sono venute proprio dagli ex-compagni di Anonymous per l’uso sbagliato del termine “Olocausto” nell’operazione “anti-sionista” tanto da indurli a ritirare il proprio consenso all’operazione.Continua a leggere
La Brigata Ebraica: così Churchill arruolò gli ebrei palestinesi per liberare l’Italia
Liberare l’Italia sognando Israele. E Churchill lanciò la Brigata ebraica Verso il 25 aprile settant’anni dopo. I reduci diserteranno il corteo per la presenza di sigle filopalestinesi. di Paolo Rastelli «Combatteremo il Libro Bianco come se non ci fosse Hitler e combatteremo Hitler c0-me se non ci fosse il Libro Bianco». In queste parole di David Ben Gurion, leader sionista e futuro primo premier dello Stato di Israele, è contenuto iI germe della Brigata ebraica, l’unità militare composta quasi unicamente di ebrei che avrebbe combattuto con valore nelle ultime fasi della Campagna d’Italia, tra il novembre 1944 e l’aprile 1945. Un’unità militare i cui reduci hanno però annunciato che non prenderanno parte a Roma alle celebrazioni del settantesimo anniversario del 25 aprile, in polemica con la presenza nel corteo dei centri sociali e delle associazioni filopalestinesi ostili a Israele. In queste ore si sta tentando una riconciliazione ma gli ex della Brigata ebraica restano decisi sulle loro posizioni, con la stessa determinazione con cui combatterono nella Seconda guerra. Nel 1939 il governo britannico aveva pubblicato un Libro bianco che ridefiniva in termini assai restrittivi la propria politica in termini di immigrazione ebraica in Palestina (controllata fin dalla fine della Grande guerra dalla Gran Bretagna su mandato della Società delle Nazioni). Allo scoppio della Seconda guerra mondiale nel 1939, quindi, i rapporti tra Agenzia ebraica (l’organizzazione politica dei sionisti in Palestina) e governo di Londra non avrebbero potuto essere più tesi. Ma Ben Gurion capì subito che promettere aiuto militare agli inglesi attraverso la costituzione di unità ebraiche avrebbe rafforzato la coscienza nazionale dei suoi connazionali ancora in attesa di una patria e fornito alle unità dell’esercito clandestino ebreo-palestinese (che si era venuto formando negli anni 20 e 30 come organizzazione di autodifesa contro le aggressioni arabe e la polizia inglese) un indispensabile addestramento militare da professionisti. Inoltre avrebbe rappresentato una moneta politicamente spendibile nella lotta perché la comunità internazionale accettasse la costituzione di uno stato ebraico. Senza contare che, pur se l’Olocausto era ancora di là da venire, la politica antisemita dei nazisti, con le ripetute violenze e vessazioni contro gli ebrei tedeschi, era già ben nota e aveva contribuito, tra l’altro, a favorire l’avvicinamento tra i capi arabi e le gerarchie naziste in funzione anti britannica.Continua a leggere
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