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La Corte Costituzionale in difesa del presidente antisemita: “Il suo busto non si tocca”
Corte costituzionale: «Il busto del presidente antisemita resta qui» Respinta la richiesta di rimuovere l’opera che ricorda Gaetano Azzariti. Perché? Non si può sapere. Fu a capo del Tribunale della Razza e lavorò alle leggi fasciste, poi venne riabilitato di Gian Antonio Stella Roma – Il busto non si tocca: si sono proprio arroccati, i giudici della Corte costituzionale, in difesa del «loro» Gaetano Azzariti, il fascistissimo presidente del Tribunale della Razza riciclato da Togliatti e poi premiato nel 1957 (tutti smemorati) con la presidenza della Consulta. No, no e no: nessuna revisione. Nonostante spunti fuori una lettera dell’ex vicepresidente della Corte che due anni fa chiedeva già la rimozione del busto. Un atto d’accusa durissimo. Scriveva Paolo Maria Napolitano il 16 novembre 2012 che l’uscita del libro di Barbara Raggi «Baroni di razza» imponeva che la figura di Azzariti fosse rivista. L’analisi di De Felice Per cominciare ricordava il giudizio di Renzo De Felice, il massimo studioso del fascismo, su quel «tribunale» infame voluto dal Duce per concedere a capriccio la patente di quasi ariano o di ebreo che avrebbe poi separato i salvati e i sommersi ad Auschwitz: «Se tutta la legislazione antisemita era immorale e antigiuridica, questa legge lo fu certamente più di ogni altra; essa infatti non si fondava che sull’arbitrio più assoluto…». Più ancora, in quegli «anni tragici e grotteschi», la «Corte» guidata da Azzariti che da oltre un decennio era l’uomo forte del ministero della Giustizia fascista (e le leggi razziali non poteva scriverle certo un maestro elementare come Mussolini) finì per diventare «fonte di immoralità, di corruzione, di favoritismo e di lucro. E ciò mentre il rigore della legge e delle innumerevoli disposizioni ad essa connesse si abbatteva sempre più pesante su quegli ebrei che non volevano o non potevano piegarsi alla sopraffazione e al ricatto» . Insomma, scriveva ai colleghi il giudice Napolitano nella scia di De Felice, a prescindere dal funzionamento del «tribunale» (i cui atti guarda caso sono tutti spariti) Azzariti «presiedette, fino alla caduta del fascismo, una commissione di natura politica, pienamente integrata della logica della persecuzione degli ebrei». E certo il Duce non gliel’avrebbe affidata se lui non fosse appartenuto alla «ristretta cerchia dei più elevati e fidati gerarchi del regime e se non avesse condiviso, almeno nelle linee generali, l’aberrante logica della “difesa della razza”».Continua a leggere
Anche Amnesty International alla fine è costretta ad ammetterlo: “Hamas ha commesso crimini di guerra”
Hamas, missili sui civili israeliani: la denuncia di Amnesty International Missili palestinesi sui civili israeliani nel conflitto dell’estate scorsa tra Israele e Hamas. Lo anticipa un rapporto di Amnesty International sui crimini di guerra palestinesi. Si tratta della prima volta che Amnesty si concentra sui missili palestinesi su Gaza. «I gruppi armati palestinesi, compresa l’ala armata di Hamas, hanno ripetutamente lanciato attacchi che hanno ucciso e ferito cittadini innocenti», dice Philip Luther, direttore del programma di Amnesty International per Medio […]Continua a leggere
Tolosa (Francia): “Hai la kippah, non puoi votare”
“Hai la kippah, non voti”: in Francia i comunisti escludono rabbino dal seggio Grave episodio di intolleranza in Francia: il rabbino capo di Tolosa escluso dai seggi elettorali. Il Partito comunista: “Con la kippah non si può entrare nei seggi”. di Giovanni Masini Discriminato perché indossava la kippah. Escluso dall’esercizio del diritto basilare per l’espressione del volere democratico: il voto. È la Francia del 2015, anche se sembra quella di Alfred Dreyfus. Il rabbino capo di Tolosa Avraham Weill ha deciso di sporgere denuncia dopo l’incidente di cui è stato protagonista domenica scorso, durante il primo turno delle elezioni dipartimentali (che corrispondono alle nostre amministrative, ndr). Presentatosi al seggio per votare, è stato avvicinato da una delegata del Partito comunista francese presente in veste di assessore. Incredibilmente, si è opposta a che il rabbino potesse esprimere il suo voto: l’uomo portava un “segno evidente” della propria religione e conseguentemente – nel ragionamento della donna – non poteva votare. Alla fine, in assenza della presidente del seggio, il rabbino ha potuto votare solo dopo l’insistenza dei presenti. La delegata comunista, tuttavia, ha preteso e ottenuto che la propria protesta venisse messa a verbale. Lui, però, non l’ha presa bene e ha deciso di sporgere denuncia. “È un atto discriminatorio, legato a ciò che rappresento – ha spiegato a France Soir – Quella donna non voleva che io esprimessi il mio voto. Io però vado a votare dall’età di 18 anni e non ho mai visto una cosa del genere“. La funzionaria comunista, dal canto suo si difende confessando di non conoscere né il nome né la professione dell’uomo, giurando di non essere antisemita: “Volevo solo sapere se fosse lecito votare con la kippah“, si è giustificata.Continua a leggere
Diritti delle donne: pur di colpire ingiustamente Israele l’ONU non teme di rendersi ridicolo
L’ultima farsa del Palazzo di vetro Per l’Onu c’è un solo stato al mondo che discrimina le donne: Israele Indovinate chi è oggi il principale stato che viola i diritti delle donne nel mondo? Ma ovvio, è Israele. E’ questa la conclusione della commissione dell’Onu sullo status delle donne. Lo stato ebraico è l’unico paese al mondo condannato per come tratta le donne (palestinesi in questo caso) dall’ultima sessione della commissione. Non la Siria, dove le forze governative utilizzano gli […]Continua a leggere
Isis, reclutavano terroristi: tre arresti in Italia e Albania
Isis, reclutavano terroristi: tre arresti in Italia e Albania. Su Fb: “Uccidi i pagani, il Jihad ti aspetta” La polizia ha arrestato tre persone nel torinese e in Albania. Indagine condotta dalla Digos di Brescia, cinque perquisizioni. Indagini scattate dalle informazioni trovate sul profilo Facebook di un foreign fighter partito da Vobarno e andato in Siria dopo un arresto nel 2013. Sobillato anche un giovanissimo di Como Milano, 25 marzo 2015 – “Oggi è una giornata importante per la lotta al terrorismo“, lo ha detto il procuratore di Brescia Tommaso Buonanno commentando l’operazione della polizia “Balkan Connection” effettuata contro una cellula di estremisti islamici attiva in Italia e nei Balcani. Sono tre le persone arrestate dagli agenti nelle prime ore di mercoledì 25 marzo, due in Italia (provincia di Torino) e una in Albania. L’autorità giudiziaria di Brescia ha emesso tre ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due cittadini albanesi, A.E. zio ed E.E. nipote, il primo residente in Albania e l’altro in provincia di Torino, nonché a carico di E.H. 20enne cittadino italiano di origine marocchina, anch’egli residente in provincia di Torino, indagato per apologia di delitti di terrorismo, aggravata dall’uso di internet. Secondo quanto appreso, la cellula di estremisti islamici era dedita al reclutamento con finalità di terrorismo di aspiranti combattenti, in particolare per questo reato sono indagati zio e nipote, e al loro instradamento verso le milizie dello Stato Islamico. Cinque perquisizioni nei confronti di altri soggetti ritenuti simpatizzanti dell’Isis sono state effettuate in Lombardia, Piemonte e Toscana. Buonanno ha quindi spiegato l’importanza dell’operazione che “dimostra come gli investigatori e gli inquirenti mostrino attenzione verso questa nuova situazione, pur con carenze di risorse“. Le indagini sono partite dai contatti tra il foreign fighter El Abboubi e i due albanesi. BRESCIA – I tre arrestati erano in contatto telefonico e Facebook, con Anas El Abboubi italo marocchino residente a Vobarno ( Brescia), inserito nella lista dei 65 “foreign fighters” italiani, partito nel settembre 2013 dal nostro Paese per unirsi all’Isis. Nei suoi confronti il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di “addestramento con finalità di terrorismo”. Il 12 giugno del 2013 era gia’ stato arrestato dalla Digos per reati di terrorismo e poi scarcerato dal Riesame. Ora si trova a combattere in Siria. L’uomo pochi giorni prima di trasferirsi in Siria aveva effettuato un rapido viaggio proprio in Albania, il 6 settembre 2013 per raccogliere istruzioni su come riunirsi a gruppi jihadisti in Siria. L’inchiesta è riuscita a ricostruire gli ultimi spostamenti in Italia del giovane marocchino residente nel bresciano e i suoi contatti prima di inserirsi nelle fila dello Stato Islamico, dove ha assunto il nome di battaglia di ‘Abu Rawaha l’italiano’. Proprio in quel periodo sono scattate le indagini coordinate dalla Procura di Brescia, dopo che il marocchino ebbe lasciato l’Italia.Continua a leggere
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