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La Lega e Casapound: la nascita del fascioleghismo

Di Emanuel Baroz | 1 marzo 2015
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La Lega e Casapound: la nascita del fascioleghismo

La Lega e l’estrema destra Quei militanti di CasaPound che riempiono la piazza padana In principio si vedono solo i vecchi leghisti partiti da Lombardia e Veneto. Poi compaiono i drappi con le croci celtiche (e qualche saluto romano) di Fabrizio Roncone II Senatùr non li ha ancora visti. I camerati di CasaPound marciano giù dalle rampe del Pincio, ranghi compatti in fila per cinque, formazione da parata più che da corteo, Ray-Ban a specchio e giubbotti neri, e poi barbe alla Italo Balbo e muscoli tesi, sguardi tesi al sole del pomeriggio. Slogan duri e drappi con le croci celtiche, ma niente saluti romani: perché gli ordini sono ordini e oggi è stato deciso così. II Senatùr è sul palco, di spalle. Avvertitelo. Ditegli qualcosa. E invece niente. L’hanno lasciato solo in un angolo e allora l’Umbertone, il fondatore della Lega, il Druido padano parla come quando armeggiava con le ampolle a Pontida, incurante d’essere invece in piazza del Popolo, con un nuovo capo che ha già deciso tutto: «Noi dobbiamo stare con Berlusconi. Ed è sbagliato stringere alleanze con CasaPound…». Matteo Salvini pensa l’esatto contrario. Scriveranno che questa manifestazione segna la fondazione del fascioleghismo e vedremo, tra qualche tempo, se hanno ragione: certo la piazza prima non era piena e quelli che c’erano avevano gli accenti delle regioni tradizionalmente leghiste. I romani non hanno dimostrato alcuna curiosità politica (probabile non abbiano dimenticato che, nella marcia del dicembre 99 voluta da Umberto Bossi, da Milano partì un treno chiamato «Nerone express«): e adesso è chiaro, plasticamente chiaro, che sono le numerose truppe dei fascisti del terzo millennio — è la loro definizione preferita: e comunque alcuni tengono uno striscione con la foto di Benito Mussolini — a rendere gli organizzatori soddisfatti. I vecchi militanti scesi da Varese, Rovigo, quelli partiti in pullman da Vicenza, non hanno capito chi sono i loro nuovi alleati: li vedono alti e aitanti, con facce fiere e sorridenti e li applaudono, ci sono grida di evviva e pacche sulle spalle (qualche camerata però si scosta, infastidito). Arriva Mario Borghezio, xenofobo dichiarato, esperto di ufologia convinto che tra noi umani vivano camuffati molti extraterrestri: per Salvini, Borghezio ha un debole. «E’ il giorno del suo trionfo». Passano Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti (per anni e anni indicato come il naturale candidato alla successione di Bossi e ora comprensibilmente a capo chino, mesto). I fotografi cercano Flavio Tosi. Poi ecco Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia ed ex ministro dell’Interno. Una cronista allunga il microfono e urla a Maroni: «Quand’era al Viminale, la Digos le ha mai segnalato niente di Casapound?». Maroni tira diritto, gran bolgia, sul palco hanno cominciato a parlare, a turno, medici disoccupati e agricoltori, un pescatore e una studentessa. Inizia la liturgia dei «vaffa»: a Renzi, Prodi, Monti, Fornero e Alfano. La manifestazione prende subito una piega piuttosto volgare.Continua a leggere

Roma: bloccata vendita di t-shirt antisemite prodotte a Prato nell’enclave cinese

Di Emanuel Baroz | 28 febbraio 2015
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Roma: bloccata vendita di t-shirt antisemite prodotte a Prato nell’enclave cinese

Boccea, in vendita t-shirt antisemite prodotte nell’enclave cinese di Prato «Kill» e la Stella di David. I vigili chiedono aiuto alla Comunità ebraica. Dal negozio a uno spaccio al Tiburtino e poi in Toscana Lo store è in via di Boccea, ma quando i vigili urbani si sono presentati per conoscere la provenienza della merce esposta, i gestori del negozio hanno confessato subito: «Arriva tutto da un magazzino sulla Tiburtina», da uno degli enormi capannoni di Commercity (in realtà Commercity […]Continua a leggere

Germania: “Per gli ebrei è meglio non mostrare la kippah tra i musulmani”

Di Emanuel Baroz | 27 febbraio 2015
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Germania: “Per gli ebrei è meglio non mostrare la kippah tra i musulmani”

“Evitate la kippah tra i musulmani” Il presidente del Consiglio degli ebrei in Germania: “Mai nascondersi per paura, ma non è ragionevole farsi identificare da malintenzionati”. Berlino – Meglio evitare la kippah, in certi contesti. Non è un allarmista, ripete spesso che non bisogna avere paura e anche a Benyamin Netanyahu ha recentemente replicato che scegliere Israele per motivi di sicurezza non sarebbe la cosa giusta da fare. Eppure oggi il presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Josef Schuster, ha messo in guardia la sua comunità anche sui rischi del copricapo che li identifica. Rinunciarci non è sbagliato, soprattutto in quartieri ad alto tasso di presenza musulmana. “Gli ebrei non devono nascondersi per paura, e la maggior parte delle istituzioni ebraiche sono ben protette. La questione è però se sia effettivamente ragionevole lasciarsi identificare come ebrei, in quartieri problematici, con un’alta presenza di musulmani. O se sia meglio portare un altro copricapo“, ha detto Schuster parlando all’emittente radiofonica Rbb. Parole che non è riuscito a pronunciare, senza osservare di esserne a sua volta sorpreso: “Si tratta di uno sviluppo che non avrei immaginato cinque anni fa, ed è già un po’ spaventoso“. La kippah del resto, gli ha fatto notare qualche rabbino in giornata, non è un indumento sacro, e dunque può essere sostituito, senza dover affrontare dilemmi.Continua a leggere

Rapporto Amnesty International su Israele: la solita raccolta di calunnie e verità parziali

Di Emanuel Baroz | 26 febbraio 2015
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Rapporto Amnesty International su Israele: la solita raccolta di calunnie e verità parziali

Amnes(t)y paragona Israele all’Isis di Dimitri Buffa Paragonare Israele all’Isis e chiedere alla comunità dei Paesi aderenti all’Onu di non vendere più armi allo stato ebraico. Per Amnesty international, in arte “Amnesy”, si può. Lo racconta oggi (ieri, ndr), con una certa dose di indignazione che traspare, la prima pagina del “Jerusalem post”. Cartaceo e on-line. E nel rapporto su 160 Paesi monitorati a proposito delle violazioni dei diritti umani sono dedicate ben cinque pagine a presunte atrocità compiute dai soldati di Gerusalemme e poche righe ai razzi di Hamas sulla popolazione civile. Si gioca come al solito sull’equivoco dei 2000 morti nei bombardamenti del luglio 2014, affermando che ben 1500 erano civili. Ma senza specificare se, anche senza la divisa militare, non portassero o nascondessero armi pesanti: dal kalashnikov ai razzi anticarro. O se per caso non fosse da addebitare ad Hamas la responsabilità di mettere bambini, anziani e donne come scudi umani sugli obiettivi che l’esercito e l’aviazione israeliana dovevano colpire per eliminare il rischio mortale rappresentato dalle migliaia di razzi sparati dalla Striscia sulle città confinanti quasi ogni giorno. E nonostante gli avvisi di evacuazione dalle zone di interesse militare che precedono i bombardamenti come prassi da anni. Vallo a trovare oggi nel mondo un esercito che ti dice con il megafono: “Fra un’ora bombardiamo la zona di Kalkylia in cui si trovano i lanciamissili sui tetti… siete invitati ad evacuare le vostre abitazioni”. Per Amnesty, quindi, il solito rapporto che non fa onore a chi lo ha curato. Che non ha usato alcuna cautela nei proclami apoditttici contro Israele. Nemmeno dopo lo scandalo, scoperto negli scorsi mesi, ma ignorato dai media mondiali, di quel personaggio (Schabas, costretto a dimettersi, ndr) da anni a libro paga di Hamas e spacciato come giudice indipendente nell’inchiesta Onu sui presunti crimini contro l’umanità addebitati al governo Nethanyahu dopo il bombardamento mirato di Gaza nel luglio 2014.Continua a leggere

Ennesima bufala della propaganda palestinese: l’inondazione di Gaza “per colpa di Israele”

Di Emanuel Baroz | 25 febbraio 2015
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Ennesima bufala della propaganda palestinese: l’inondazione di Gaza “per colpa di Israele”

La bufala dell’inondazione di Gaza «per colpa di Israele» Agence France Presse (AFP), fra le più grandi agenzie di stampa al mondo assieme a Reuters e Associated Press, ha pubblicato un video falso che mostrerebbe l’inondazione della Striscia di Gaza in seguito al diluvio della scorsa settimana, titolando «interi villaggi a Gaza allagati dopo che Israele ha aperto le porte delle dighe». Peccato che Israele non abbia alcuna diga a sud. L’accusa infondata ha fatto il giro del web e dei media. Più tardi AFP ha ritirato la notizia. Il video riportava le accuse di Ead Zino, residente a Al-Maghraqa, vicino Gaza: «ogni quattro anni scoppia una guerra, ma qui a Maghraqa ogni anno c’è un’inondazione. L’acqua proviene da Israele. Israele ci vuole distruggere» (in effetti, Ead Zino nell’intervista in arabo si è riferito a «gli ebrei», ma AFP ha tradotto in «Israele»).Continua a leggere