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Gerusalemme Est: data alle fiamme auto del professore palestinese che aveva portato i propri alunni ad Auschwitz
Bruciata l’auto di un professore palestinese Era stato denunciato per aver portato i suoi studenti ad Auschwitz. di Giulia Aubry È uscito di casa e ha trovato la sua macchina incendiata. Così ha immediatamente pubblicato la foto su Facebook scrivendo: «L’altra notte, la mia auto è stata data alle fiamme. E tutto quello che ho da dire è: l’Islam è la mia religione, e la moderazione sono la mia dottrina e il mio stile di vita». Così ha risposto, a chi presumibilmente ha voluto lanciargli un avvertimento, Mohammed Dajani, palestinese, già professore di Studi americani presso l’università di Al-Quds e fondatore di Wasatia, un movimento politico-sociale che difende i concetti di moderazione, pluralismo, democrazia e giustizia così come vengono enunciati nel Corano. Dajani è diventato popolare anche al di fuori dei confini di Israele quando, nel marzo dello scorso anno, ha condotto un gruppo di 30 studenti palestinesi – primo caso nella storia – ad Auschwitz-Birkenau. La visita è stata raccontata solo a posteriori per motivi di sicurezza e rientrava in un più ampio progetto che vede coinvolte l’università palestinese (con sedi a Gerusalemme, Abu Dis, e al-Bireh) di Al-Quds, l’università tedesca Friedrich Schiller e l’università israeliana Ben Gurion e che ha come scopo quelle di far conoscere agli studenti di ciascun paese le sofferenze degli altri due. Pochi giorni prima della visita al campo di concentramento di Auschwitz un gruppo di ragazzi israeliani aveva visitato il campo di rifugiati di Dheisheh, a sud di Betlemme, dove vivono i palestinesi allontanati dalle loro case nel 1948 a seguito della nascita dello Stato di Israele, comunemente conosciuta in Palestina come la Nakba (“la catastrofe”). Ma mentre le visite di studenti israeliani nei campi palestinesi, anche per questioni di prossimità territoriale, sono consuete, la visita dei giovani palestinesi ai campi di concentramento nazisti non aveva precedenti ed è nata dall’espressa volontà del prof. Dajani che, a seguito di un suo viaggio in Polonia nel 2011, aveva già pubblicato un testo dal titolo “Perché i Palestinesi dovrebbero studiare l’Olocausto”.Continua a leggere
La Corte Penale dell’Aja come l’ONU: pronta a colpire Israele ma in silenzio con chi compie veri crimini di guerra
L’Aia e l’assurda liturgia dei processi anti Israele di Pierluigi Battista L’Onu è quell’ente mondiale faraonico, costoso e inutile che si fa umiliare a Srebrenica e in Ruanda, mette a capo della commissione sui Diritti umani nazioni che i diritti umani li fanno a brandelli e chiama a dirigere la commissione sui Diritti delle donne Nazioni in cui le donne sono legalmente stuprate, fustigate e lapidate. Poteva forse la Corte internazionale di giustizia dell’Aia, che delle Nazioni Unite è emanazione, non emularne le iniziative grottesche? Certo che no. E infatti, invece di perseguire i tiranni sanguinari alla Mobutu, i professionisti della pulizia etnica, la Cina che ha massacrato il Tibet, i fanatici che stanno violentando le bambine in Nigeria e sgozzando gli insegnanti, i Paesi arabi «moderati» in cui è pratica corrente la decapitazione delle donne e la somministrazione di centinaia di frustate ai blogger «blasfemi», gli scherani di Hamas che ammazzano a gruppi i «collaborazionisti», ossia i dissidenti fucilati a Gaza come monito per chiunque osasse profferir parola, il carnefice Assad che usa armi chimiche e ha raso al suolo Aleppo trucidando migliaia di bambini, invece Insomma di operare con un minimo di decenza e di rispetto per la parola «giustizia» che campeggia sulle sue insegne, cosa fa la Corte dell’Aia? Apre a gentile richiesta di massacratori seriali un’inchiesta sui «crimini» di Israele che sarebbero stati commessi a Gaza. Assad al calduccio, protetto dall’Onu. Israele, alla sbarra.Continua a leggere
Raid di Israele sul Golan contro terroristi di Hezbollah. Morto un comandante della organizzazione terroristica
Siria, raid di Israele contro Hezbollah. Sei morti, tra cui un comandante Due missili contro il villaggio siriano di Quneitra, sulle alture del Golan. Ucciso Jihad Mughnyeh, 21 anni, figlio di Imad, storico comandante degli Hezbollah ucciso nel 2008 Beirut (Libano), 18 Gennaio 2015 – La tensione fra Israele e gli Hezbollah libanesi è repentinamente salita oggi quando una unità dei miliziani sciiti è stata centrata nel Golan siriano da due razzi partiti da elicotteri israeliani da combattimento. Il bilancio delle vittime è compreso fra 9 e 11: in parte libanesi, in parte iraniani. Spicca comunque il nome di Jihad Mughnyeh, 21 anni. È il figlio di Imad Mughniyeh, storico comandante militare degli Hezbollah ucciso nel 2008 a Damasco in una esplosione attribuita dai suoi compagni ad Israele. Il figlio del comandante Nelle file degli Hezbollah Jihad Mughnyeh era soprannominato «Il Principe» e la sua carriera militare (ancora agli inizi) era seguita personalmente dal leader dell’organizzazione, Hassan Nasrallah, che fungeva ormai da padrino. Di recente gli era stato affidato il comando di una brigata nel Golan siriano, a ridosso delle linee israeliane. Secondo quanto ha riferito al-Manar, l’emittente degli Hezbollah, la sua unità è stata colpita dai razzi israeliani mentre si trovava in perlustrazione nel villaggio di Mazrat al-Amal, in prossimità di Kuneitra, la capitale siriana del Golan. In linea d’aria: a pochi chilometri dalle postazioni israeliane nelle alture occupate.Continua a leggere
Il Belgio è diventato la base per le cellule jihadiste europee
La Sharia in Belgio: così mettono radici le cellule jihadiste europee di Roberto Bongiorni Pochi chilometri a nord di Bruxelles c’è una piccola cittadina da cui sono partiti davvero in tanti. Quasi che i quartieri degradati della sua periferia si fossero trasformati in una fucina di aspiranti jihadisti. C’è chi dice 30 – e sono i più prudenti – , chi 45, citando dati semi ufficiali, e chi parla di almeno 50-60 giovani musulmani reclutati, indottrinati e spediti a combattere tra le file dei gruppi estremisti islamici in Siria e in Iraq. Vilvoorde si è così guadagnata la fama di essere la città con il più alto numero di jihadisti per abitante in un Paese – il Belgio – che a sua volta detiene il primato in Europa: 400 aspiranti combattenti su 11 milioni di abitanti. Da anni si parla delle Fiandre come un terreno estremamente fertile per i gruppi radicali impegnati nel reclutamento. Ma fino allo scorso agosto, quando il flusso si è ingrandito finendo soprattutto nello Stato islamico, non si pensava che le cifre potessero assumere simili proporzioni. Né che la vicina Anversa, la città più grande delle Fiandre, fosse una delle basi delle cellule jihadiste europee. In questo centro portuale nasce Sharia4Belgium, l’organizzazione estremista che segna la svolta. Creato nel febbraio del 2010 come costola dell’organizzazione britannica Sharia4UK, il movimento si distingue subito per il suo attivismo e il suo dinamismo sui social media. Il leader indiscusso è Fouad Belkacem, (nome di battaglia Abu Imran). Il carismatico religioso ha un curriculum di tutto rispetto: 32 anni e già condannato tre volte. Comprende subito che Sharia4 può far presa facilmente sui giovani musulmani emarginati.Continua a leggere
Belgio: blitz antiterrorismo in tutto il paese. Due morti
Belgio, raid antiterrorismo: 2 morti. Blitz in 7 paesi Ue e Yemen Sparatoria a Verviers e in altri due paesi vicino a Liegi. Operazioni in tutto il Paese. La Procura: «Arresti per attentati imminenti». Ad Anderlecht trovato esplosivo Una manciata di minuti d’inferno. Due jihadisti uccisi. Un terzo ferito. Un quarto uomo catturato. Numerosi colpi d’arma da fuoco. Alcune esplosioni. È successo a Verviers, vicino a Liegi non lontano dal confine con la Germania. Un conflitto a fuoco durante accertamenti legati alla sorveglianza di terroristi rientrati dalla Siria e tenuti sotto sorveglianza. Intercettati da tempo, avrebbero detto di stare programmando attentati a Bruxelles. Parole poi confermate dai magistrati che indagano sulla maxi-inchiesta antiterrorismo che sarebbe estesa in gran parte dell’Europa. Alle 17.45 di giovedì la sparatoria: ancora non è chiaro se esplosa nel corso di un blitz mirato o nel corso di accertamenti più generici. I sospetti si erano nascosti in un’abitazione anonima, vicino a una panetteria, un ristorante etnico e un’autoscuola. Quando gli agenti hanno bussato alla porta sono stati investiti da una scarica di proiettili sparati da armi automatiche. Altre sparatorie in provincia di Liegi Altre due sparatorie sono avvenute nella tarda serata di giovedì nei paesi di Angleur e Amercoeur, nella provincia di Liegi e non lontani da Verviers. La polizia stradale – per motivi ancora da accertare – avrebbe intercettato e inseguito un’auto, e ci sarebbe anche un ferito. Altre perquisizioni sarebbero in corso a Schaerbeek. Finora sarebbero stati trovati in vari siti kalashnikov ed esplosivi. Arrestato terrorista Contemporaneamente ai fatti di Verviers, nella capitale belga – dove in serata si è tenuta una riunione d’emergenza tra il premier Charles Michel, i ministri degli Interni, Jan Jambon, e della Giustizia, Koen Geens, con i servizi di sicurezza – si è svolta una vasta operazione condotta dalle unità anti-terrorismo della polizia federale. Non solo. Secondo quanto riporta la tv fiamminga, le operazioni contro la jihad hanno riguardato sette Paesi europei e lo Yemen. Un terrorista è stato arrestato sempre a Bruxelles, nella vicinanze della stazione metro di Ribancourt. Gridava «Allah Akhbar». La Libre Belgique online riferisce che ad Anderlecht (un quartiere a Sud di Bruxelles) è stato trovato dell’esplosivo durante un’operazione della polizia belga, che ha fatto irruzione in un palazzo.Continua a leggere
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