Ultimi Articoli

Contrordine dal Cairo, non si pubblicano autori israeliani

Di Emanuel Baroz | 13 giugno 2009
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Contrordine dal Cairo, non si pubblicano autori israeliani

Riportiamo da Informazione Corretta la smentita dell’attuale Ministro della Cultura egiziana, Farouk Hosni, candidato favorito per la carica di Direttore Generale dell’UNESCO, circa la notizia che in Egitto sarebbero stati finalmente pubblicati libri di autori israeliani (ebbene si: siamo ancora a questo punto….). La smentita è uscita sul quotidiano Daily News Egypt, che ha accusato l’agenzia France Press di aver scritto il falso. Ecco il testo uscito sul giornale egiziano in lingua inglese: CAIRO –  A culture ministry official has […]Continua a leggere

Ennesimo razzo Qassam lanciato dalla Striscia di Gaza esplode nel Neghev

Di Emanuel Baroz | 13 giugno 2009
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Ennesimo razzo Qassam lanciato dalla Striscia di Gaza esplode nel Neghev

Dalla Striscia di Gaza continuano i lanci di razzi Qassam Neghev, 13 Giugno 2009 – Un razzo Qassam lanciato dalla Striscia di Gaza è esploso nel Neghev non causando, fortunatamente, danni. YnetnewsContinua a leggere

Qalqiliya (Cisgiordania): accade anche questo….

Di Emanuel Baroz | 12 giugno 2009
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Qalqiliya (Cisgiordania): accade anche questo….

Qalqiliya (Cisgiordania): accade anche questo…. Qalqiliya (Cisgiordania) , 12/06/2009 –  Raed Sualha, ragazzo palestinese di 15 anni di un villaggio presso Qalqiliya (Cisgiordania) è stato torturato e impiccato dai suoi famigliari che lo accusavano di “collaborare con Israele”. Un portavoce delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese ha dichiarato che il corpo del ragazzo è stato trovato in un ripostiglio nella casa di famiglia. (Evidentemente le esecuzioni pubbliche di presunti collaborazionisti  non sono una novità per quei luoghi….) (Fonte: Israele.net) Per […]Continua a leggere

Gheddafi al Senato: per alcuni evidentemente era meglio Arafat….

Di Emanuel Baroz | 12 giugno 2009
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Gheddafi al Senato: per alcuni evidentemente era meglio Arafat….

Da pochi giorni il dittatore libico finanziatore del terrorismo è a Roma, e abbiamo cercato le parole giuste per esprimere il nostro sdegno per la decisione di accoglierlo e, sopratutto, di farlo con tutti gli onori del caso. Per nostra fortuna abbiamo deciso di fare un salto sul blog di Esperimento, da sempre una delle nostre letture preferite, e anche questa volta non siamo rimasti delusi, mentre altrettanto possiamo dire riguardo le dichiarazioni del “solito” signor D’Alemmah che non ha perso l’occasione di far miglior figura tacendo, preferendo affermare una castroneria abissale come solo a lui riesce. Inoltre ci preme sottolineare la notevole differenza rispetto a quanto avvenuto anni fa quando la visita al Senato della Repubblica italiana non fu vista come una VERGOGNA quale in realtà era. Lettera aperta al Colonnello Gheddafi Ci sono paesi disamati dalla storia. Incapaci di offrire ai loro popoli, contro un misero presente, la consolazione di un glorioso passato. Incapaci perfino di trarre profitto dalle loro disgrazie, di trasformare gli oltraggi subiti in leggende esportabili. Paesi che, privi di un fiume per benedire le loro terre, di un eroe per difenderle, di un poeta per cantarle, sono affetti da anonimato cronico. Il paese in cui son nato è fra questi.Prima che il suo nome fosse propulso nel cielo dei media, dai capricci congiunti del petrolio e di un tiranno, quest’immenso territorio non è stato, per 2.000 anni, che una fabbrica di dune. Uno zero, un’amnesia, un sacco di sabbia sventrato e disperso su 1.759.000 chilometri quadrati di mancanza d’ispirazione del Creatore, una sala d’aspetto immemorabile dove non ha mai degnato fermarsi il treno di un’epopea, un vuoto, soffocante e torrido che separava, come una punizione, l’Egitto della Tunisia. Oggi ancora, benché l’afflusso di petrodollari gli abbia permesso di passare dall’oscurità all’oscurantismo, questo paese resta, agli occhi del mondo, l’anticamera delle Piramidi, il retrobottega dei gelsomini. Culturalmente parlando: il parente povero dell’Islam. Il Colonnello lo sa.Continua a leggere

Omicidio Ilan Halimi: il caso del Daniel Pearl francese

Di Emanuel Baroz | 11 giugno 2009
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Omicidio Ilan Halimi: il caso del Daniel Pearl francese

Se questo è un ebreo: per non urtare la “sensibilità” della comunità musulmana delle periferie, il caso venne fin dall’inizio tenuto su un registro basso. Il caso Ilan Halimi: decine di persone sapevano che stavano torturando un ragazzo ebreo francese Il caso del Daniel Pearl francese. Al processo contro gli islamisti che hanno torturato e giustiziato Halimi s’è alzato un grido: “Allah vincerà” di Giulio Meotti Parigi – “Se questo è un ebreo”, recita il titolo del bellissimo pamphlet di Adrien Barrot. La Francia ha scoperto il sorriso contagioso di Ilan Halimi soltanto dopo la sua morte. Un sorriso che nulla sembra dire di quell’odio e di quella ferocia durata tre settimane nelle mani di una gang di islamisti delle banlieue parigine. “Giovani per i quali gli ebrei sono inevitabilmente ricchi”, ha detto Ruth Halimi degli assassini di suo figlio. La madre di Ilan ha pubblicato il diario di quei “24 giorni” (Seuil edizioni). Ieri Ruth è andata in tribunale a guardare la gang musulmana, in un processo che genera angoscia e scandalo in Francia per come il caso è stato trattato fin dall’inizio, da quel tragico febbraio di tre anni fa. “Quando li osservo, non vedo odio, ma una tristezza immensa”, dice il padre, Didier Halimi. Ruth ripete che l’uccisione di suo figlio è “senza precedenti dalla Shoah”. Youssouf Fofana, il capo “dei barbari”, è entrato in aula con il sorriso, ha alzato un pugno verso l’alto e gridato: “Allah vincerà”. Testa rasata e maglietta bianca, Fofana alla domanda sulla sua data di nascita ha risposto: “Il 13 febbraio 2006 a Sainte-Geneviève-des-Bois”. E’ il giorno in cui il corpo di Ilan è stato trovato, nudo e straziato. Quando gli viene chiesto il nome, Fofana risponde: “Africana barbara armata rivolta salafista”. La Francia non ha ancora fatto i conti con questo feroce antisemitismo islamico, che germina all’interno delle sue folte comunità musulmane. Sei anni fa, Sebastien Selam, un dj di Parigi di 23 anni, uscito dall’appartamento dei genitori per andare al lavoro, venne aggredito nel garage del parcheggio dal vicino musulmano Adel, che gli ha tagliato la gola due volte, quasi decapitandolo, gli ha squarciato il volto e gli ha cavato gli occhi. Adel è corso sulle scale del condominio, grondando sangue e urlando: “Ho ucciso il mio ebreo. Andrò in paradiso”. Nella stessa città, in quella stessa sera, un’altra donna ebrea veniva assassinata, in presenza della figlia, da un altro musulmano. Erano i prodromi di una “tendenza” e i mezzi di comunicazione amano le tendenze. Eppure, nessuna delle principali testate francesi riportò il fatto.Continua a leggere