Il gruppo salafita punto di coesione nel Nordafrica – Una minaccia per l’Europa
WASHINGTON — Le ultime reclute qaediste assomigliavano a una squadra di calcio. Quattordici uomini, sui trent’anni. E la loro passione, prima che scoccasse l’ora della Jihad, era il pallone. Si trovavano spesso dentro un piccolo stadio dove giocavano e parlavano. Poi hanno dato l’ultimo calcio al pallone e si sono uniti ai terroristi di «Al Qaeda nella terra del Maghreb». Forze fresche per la nuova ondata di attacchi, decisa — sembra — dal contestato leader Abdel Malik Droukdel. Con loro sono arrivati anche dei giovani militanti, arruolati nei villaggi a sud della capitale. Molti non hanno ancora 18 anni, ma sono già pronti per andare incontro alla morte. Uno di loro — un quindicenne — è stato impiegato in settembre in un attacco suicida contro una caserma: la sua età ha tratto in inganno le sentinelle che non lo hanno fermato.
Con questa falange eterogenea, il gruppo ha reagito all’offensiva delle forze dell’ordine.
Da settembre a oggi il suo gruppo ha perso molti pezzi importanti. Il tesoriere Abu Yahia, l’emiro di Algeri Abu Bassir, l’uomo delle comunicazioni Abu Abderrahamane, incaricato di montare i video con le operazioni e inviarli ad Al Jazeera. Sono stati eliminati anche numerosi responsabili militari e diverse cellule smantellate. Perdite rese ancora più gravi dalla contestazione nei confronti di Droukdel. Alcuni luogotenenti lo hanno messo in discussione criticando la sua scelta di fondere il movimento con Al Qaeda seguita dal ricorso ai kamikaze. Svolta oltranzista che ha accresciuto l’isolamento politico della banda. Ad ottobre si è diffusa la voce della sua destituzione (il suo posto sarebbe stato preso da Ahmed Haroun): una notizia confusa, forse legata alla guerra di propaganda delle autorità per provocare contrasti tra gli integralisti.
La risposta non si è fatta attendere ed è stata spietata. Le bombe richiamano il piano elaborato qualche mese fa da Droukdel.
1) La fazione deve diventare il punto di riferimento regionale per gli integralisti in Nord Africa.
2) C’è totale sintonia con Al Qaeda-centrale (ossia quella di Osama) alla quale ha giurato fedeltà.
3) Il disegno politico da nazionale diventa transnazionale.
4) Gli attacchi devono essere condotti nei centri urbani e portare i segni incontrovertibili del qaedismo: operazioni multiple, uso di kamikaze, obiettivi simbolici (come le Nazioni Unite), nessuna garanzia per i civili.
Una svolta che avvicina molto i qaedisti locali a quanto fatto da Al Zarqawi in Iraq dopo il 2003. Tra le prime azioni del tagliatore di gole ci fu proprio un attentato contro la sede Onu a Bagdad e ieri gli estremisti algerini lo hanno copiato. Secondo l’intelligence il prossimo passo è quello di convincere i volontari partiti per combattere con la resistenza in Iraq a tornare in Patria. In Algeria c’è una battaglia in corso, eppure la causa irachena è più popolare. Droukdel ha lanciato un appello ai «ghazis », i cavalieri sacri, affinché si mettano a disposizione del suo gruppo. Una manovra seguita dal reclutamento di elementi stranieri. Tra le file di Al Qaeda nel Maghreb vi sono tunisini, marocchini, maliani e mauritani addestrati in campi mobili creati nell’area sahariana.
Il successivo passo, temuto negli ambienti della sicurezza, è un attentato contro istituzioni straniere. L’ideologo qaedista Al Zawahiri, in settembre, ha esortato i mujaheddin algerini a espellere spagnoli e francesi. Un invito interpretato come un ordine ad attaccare gli europei ovunque sia possibile.
Guido Olimpio
Il Corriere della Sera, 12 Dicembre 2007