D’Alema corteggia i macellai di carne umana di Hamas
Massimo D’Alema ha chiarito al paese e – purtroppo anche al mondo – quattro giorni fa, la sua totale, assoluta, incredibile, incapacità di comprendere la crisi mediorientale. Lunedì scorso, davanti alla stampa estera a Roma, il titolare della Farnesina ha infatti autorevolmente avallato l’attendibilità di Hamas come interlocutore di Israele per una tregua con parole inequivocabili, che è bene ricordare: “In questo momento a Gaza serve una tregua politica che Hamas ha detto di essere disposta a negoziare. L’alternativa altrimenti è occupare Gaza con centinaia di morti civili. Se la tregua è una via possibile io non la escluderei e la tenterei. Ma le autorità israeliane hanno rifiutato finora questa strada”. Classico lo schema dalemiano: Israele rifiuta il dialogo, mentre Hamas (ed Hezbollah in Libano) sarebbero più che disposti a concretizzarlo.
Ieri, il secco, ennesimo, sbugiardamento della intelligenza politica di D’Alema. Hamas ha infatti rivendicato in pieno all’autorevole agenzia Afp, l’attentato alla scuola rabbinica di Gerusalemme: “Hamas è responsabile dell’attacco. Le Brigate Ezzedine al Qassam rivendicheranno al momento giusto ufficialmente l’attentato”.
La disponibilità di Hamas al negoziato, autorevolmente avallata dal nostro ministro degli Esteri, si è dunque concretizzata nella missione di due terroristi di Hamas (uno dei quali conosceva personalmente le sue vittime, una per una, per avere lavorato in quella scuola), a sventagliare di colpi di mitra 8 ragazzini ebrei nel momento più sacro della loro giornata: mentre leggevano la Bibbia, nella loro scuola.
Attentato feroce e soprattutto atroce che racchiude tutta la realtà dello scontro mediorientale: l’obiettivo di Hamas non erano soldati israeliani, ma ebrei in quanto ebrei, peggio ancora, ebrei che leggevano e studiavano il Libro. A Gerusalemme! Un attentato antisemita che peraltro attua quanto prescritto dall’articolo 20 dello Statuto di Hamas “L’ultimo giorno non verrà fino a quando i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno e fino a quando gli ebrei non si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra e l’albero diranno: ‘O musulmano, o servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo!’ Ma l’albero di Gharquad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”.
D’Alema, e con lui tante anime belle delle cancellerie occidentali, continua a fare finta di non sapere che Hamas non è un movimento nazionalista, che non lotta affatto per uno Stato palestinese che viva a fianco dello Stato degli ebrei, ma è un movimento di massa di fanatismo religioso islamico. Un movimento che lega addirittura – questa è l’essenza sua più profonda – l’Avvento del Giudizio Finale, l’Ultimo Giorno, la fine dell’umanità alla condizione della “uccisione degli ebrei”.
Pure, Hamas non finge, non si mostra per quello che non è: dichiara a chiarissime lettere questo suo programma e proprio per questo massacra gli esponenti palestinesi nazionalisti, come ha fatto l’anno scorso espellendo e massacrando gli uomini di Abu Mazen da Gaza. Lo stesso suo rifiuto reiterato di riconoscere il diritto all’esistenza di Israele (che pure avrebbe portato al governo di Hamas enormi vantaggi politici) ne è la prova. Lo stesso lancio di 3-4 mila razzi su Sderot e di Ashkelon – al di là del terrore che comporta per la popolazione di Israele, non è una forma di lotta, è invece proprio il simbolo della volontà apocalittica di sterminio degli ebrei. Per questo – con buona pace dei sepolcri imbiancati dell’Ue e dell’Onu, la risposta armata di Israele non è affatto “sproporzionata”.
L’attentato nella scuola rabbinica di Gerusalemme, l’olocausto di nove ragazzi, è di una chiarezza devastante. Racchiude in sé la spiegazione chiara ed evidente del problema che Hamas ed Hezbollah e l’Iran di Ahmadinejad pongono al mondo oggi: per la prima volta dagli anni trenta opera nel mondo un movimento di massa – che vince anche le elezioni – che ha nel suo programma, tra le sue finalità più preziose “uccidere gli ebrei”, che fa di una nuova, definitiva Shoà, non il solo il suo programma politico, ma il senso stesso della sua religione, del suo operare dentro la storia, del suo finalismo apocalittico.
Fare finta che così non sia – come fa D’Alema – è oggi inammissibile. Fare finta che quel conflitto si possa ricomporre seguendo le regole del conflitto tra stati, della trattativa politica, della ricomposizione di un contenzioso nazionalista, è oggi non solo un errore. E’ un crimine.
#1esperimento
Io mi chiedo come l’Italia possa pretendere di apparire credibile e/o affidabile presentando un ministro degli esteri simile.
Speriamo che qualunque sarà il prossimo governo, abbia un minimo di sale in zucca per sceglierne uno almeno un po’ più competente (o meno ideologizzato).