Parigi: concluso il processo contro gli assassini di Ilan Halimi
di Anna Foa
Nel quasi generale disinteresse della stampa italiana, si è concluso a Parigi il processo contro gli assassini di Ilan Halimi, con l’ergastolo al loro capo e pene decrescenti, fino a sei mesi, per gli altri 26 torturatori. Un verdetto, questo, verso i complici di Fofana, che il mondo ebraico francese contesta indignato come troppo mite.
Il Presidente del Consiglio delle istituzioni ebraiche, Richard Prasquier, pone seri dubbi sulle motivazioni che hanno portato a tale indulgenza e soprattutto sul fatto che il processo si sia svolto a porte chiuse, impedendo all’opinione pubblica di giudicare le intenzioni degli assassini.
E’ stato un omicidio antisemita? La povertà delle banlieues può essere un’attenuante a un omicidio così feroce? Si può considerare motivato da ragioni diverse dall’antisemitismo l’omicidio di una persona scelta solo perché ebreo? Credo che siano domande che riguardano tutti noi, ebrei e non ebrei, e non solo il mondo ebraico francese e la famiglia del ragazzo assassinato.
(Notiziario Ucei, 13 luglio 2009)
#1Emanuel Baroz
La prima sentenza per il caso Halimi non dissolve la nebbia antisemita dal cielo di Parigi
di Giulio Meotti
Roma. Si è chiuso una sera di shabbat il più terribile episodio di antisemitismo francese dalla Seconda guerra mondiale. La corte di Parigi si è riunita venerdì notte, durante la sacra festività ebraica, per pronunciare il verdetto sul caso Ilan Halimi. E’ stato condannato all’ergastolo Youssef Fofana, il capo dei “barbari”, il gruppo di giovani che nel 2006 torturò e uccise un giovane ebreo dopo tre settimane di agonia.
L’episodio mise in luce il feroce antisemitismo islamico, serpeggiante nei sobborghi multietnici francesi, sconvolgendo la Francia tanto che la polizia per giorni chiese alla famiglia Halimi di non fare parola a nessuno della vicenda. Ilan fu torturato per tre settimane da una trentina di persone, in un appartamento che un commentatore americano avrebbe soprannominato “un campo di concentramento fatto in casa”. Tutti i vicini potevano sentire le sue urla, ma nessuno denunciò gli aguzzini di Ilan. Il quale è stato poi ritrovato nudo, con ustioni sulla pelle e ferite mortali di arma da taglio su tutto il corpo.
La famiglia della vittima non ci sta e chiede l’appello. Troppa indulgenza per alcuni dei ventisei complici. Samir Ait Abdelmalek e Jean-Christophe Soumbou, i due complici più vicini all’omicida Fofana, si sono visti infliggere le pene più dure, quindici e diciotto anni. Per gli altri, a scalare fino a sei mesi. Quello che – ha detto il team legale degli Halimi – è “difficile da comprendere e accettare per la famiglia Halimi, sono le pene che riguardano i carcerieri e l’esca. Quest’ultima, una ragazza che all’epoca dei fatti aveva 17 anni e si fece seguire da Ilan fino ad attirarlo nella cantina che divenne la sua prigione, è stata condannata a nove anni, una pena troppo lieve”.
Nidra Poller sul Wall Street Journal ha scritto che “ciò che più disturba in questa storia è il coinvolgimento di parenti e vicini, al di là del circolo della gang, a cui fu detto dell’ostaggio ebreo e che si precipitarono a partecipare alla tortura”. Emma è la bella ragazza che entrò nel negozio di telefoni cellulari di Parigi dove Ilan lavorava come commesso. Gli aveva dato appuntamento in periferia. Una trappola. Tre settimane dopo, Ilan venne trovato agonizzante, il corpo bruciato all’ottanta per cento, vicino alla stazione di Saint-Geneviève-des- Bois. Ci sono poi i “postini” che recapitavano alla famiglia le lettere dei carcerieri. Nessuno rifiutò di farlo.
Ieri, a Place Vendôme, nella stessa piazza dove a gennaio migliaia di musulmani si erano ritrovati per gridare “Morte a Israele, morte agli ebrei”, le organizzazioni ebraiche si sono ritrovate per protestare contro la sentenza. “Come ha fatto questo clima disumano a infiltrarsi nel paese che ha dato al mondo libertà, uguaglianza e fratellanza?”, ha chiesto Judea Pearl, il padre del giornalista decapitato perché ebreo. E’ la grande domanda a cui la Francia repubblicana dovrà rispondere.
(Fonte: Il Foglio, 14 Luglio 2009)