Sabatino Finzi: una testimonianza finora poco conosciuta

 
Emanuel Baroz
16 luglio 2009
2 commenti

Io, il bambino numero 1000 nell’ inferno di Buchenwald

di Marco Ansaldo

buchenwald1«Sono quattro notti che sogno mia madre. Da quando ho saputo di questi documenti». La voce si incrina, un velo di lacrime copre gli occhi. Si commuove, quest’ uomo di 82 anni. L’ unico della famiglia a essere tornato dai Lager. Sono passati 64 anni. E per un attimo bisogna cambiare argomento perché non si accasci nel dolore del ricordo. Tra i mille bambini ebrei stipati in un pugno di baracche – fra cui il futuro premio Nobel, Elie Wiesel – e trovati vivi dagli americani quando entrarono a Buchenwald, c’ era anche un ragazzino italiano. Uno solo. Finito però nel blocco riservato agli adulti.

Le carte del suo internamento emergono dal nuovo archivio nazista di Bad Arolsen, in Germania. A reperirle è il professor Kenneth Waltzer, direttore del Dipartimento di studi ebraici alla Michigan State University, autore di un prossimo libro sui bambini detenuti a Buchewald. Repubblica ha cercato se quel piccolo prigioniero fosse ancora in vita, e lo ha infine trovato a Roma.

Si chiama Sabatino Finzi. E’ uno dei 17 ebrei romani, dei 1022 rastrellati, tornati dalla deportazione al Ghetto dell’ ottobre 1943. Aveva 16 anni. Nessun altro dei 207 minorenni presi quel giorno tornò più. Con l’ aiuto delle carte Waltzer ricostruisce il percorso. Sabatino arrivò a Birkenau-Auschwitz, dove perse subito la madre Zaira e la sorella Amelia, 12 anni, inviate nelle camere a gas. Lui e il padre vennero spediti a Jawisowice, dove lavorarono nelle cave di lavagna.

«Quando Auschwitz e i campi satellite dovettero essere evacuati – spiega il professore – i due Finzi furono trasferiti insieme a Buchenwald. Era il 22 gennaio 1945. Ma li separarono subito, e Giuseppe fu mandatoa Ohrdruf». Su quella lista di trasporto, assieme a una cinquantina di ragazzini, erano stati messi anche  5 piccoli italiani. Quattro però vennero mandati altrove, due a Ohrdruf, due a Schwalbe/Berga. Solo uno fu tenuto a Buchenwald. «Il suo nome – continua Waltzer – come risulta dalla dozzina di documenti recuperati, è Sabatino Finzi, prigioniero numero 117662. Ma non venne mandato al blocco 8, quello cosiddetto dei bambini. Fu piazzato prima alla baracca 2 e poi spostato alla 28». Perché?

Oggi il signor Sabatino cammina a fatica. Nemmeno a figli e nipoti, che lo circondano con affetto, ha mai raccontato nei particolari quel periodo tristissimo. «Mio padre in sessant’ anni anni ha parlato sempre molto poco», dice il figlio Giorgio. Sabatino si esprime a tratti. Frasi corte, interrotte da lunghi silenzi. Le scene del Lager arrivano come lampi improvvisi nella memoria. «Pugni e schiaffi. Così si andava avanti laggiù». Prende una penna, sopra un foglio disegna una stella. «Questa ce la facevano mettere qui, al petto». La scritta gialla: giudeo. Osserva con curiosità le schede che lo riguardano, confronta il suo numero di detenuto con quello sul braccio. E’ il 158556. «Papà aveva il 158557», dice. Poi nota la propria firma, in calce a un documento consegnato agli Alleati al momento della liberazione.Riscrive la sua firma: è identica, il medesimo sbaffo in fondo. «Lavoravo nella cave. Un kapò polacco mi diede una botta in testa, perché non l’ avevo capito in tempo. Ricordo ancora il nome, e il numero. Mi venne un ematoma. Fui operato da un altro detenuto, chirurgo all’ Università di Pisa, che intervenne con un cucchiaio affilato per terra e reso incandescente con un accendino». Il nipote Andrea, 12 anni, gli stampa un bacio sulla guancia.

Il 5 giugno scorso il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha celebrato il 60° anniversario del suo matrimonio con la moglie, Esterina Pavoncello. «Sono nato nel 1927. Ma sulle carte i nazisti avevano scritto ‘ 28: ho insistito. Ecco, qui si vede che la dataè stata infine cambiata con un tratto di penna. Dovevo sembrare più grande. Perché avevo visto chei bambini li ammazzavano tutti. Non lavoravano, e alle SS non servivano. Li portavano fuori dai blocchi, e ta-ta-ta. Li mitragliavano. Io ero già un giovanetto. Allora ho detto di avere più anni, perché in quel modo potevo rendermi utile. Così sono sopravvissuto. Ho sempre avuto un sesto senso». Il ragazzino Finzi si salvò da solo. Fu tolto dalle liste dei piccoli e assegnato alle baracche degli adulti.

Gli ultimi giorni, prima dell’ arrivo degli americani, i blocchi dei bambini furono oggetto di una tragica evacuazione forzata. «Papà non l’ ho più veduto. Quando trovai del cibo, stavo per morire mangiando della scatolette di fegato d’ oca. Nelle baracche c’ era un odore terribile. Qualcuno dava di stomaco, e uno affamato dietro di lui mangiava il suo vomito. Pesavo 29 chili. All’ Ospedale Sant’ Orsola di Bologna rimasi 7 mesi». Sembra tutto. Ma c’ è un ultimo squarcio di memoria: «Sono andato a Gerusalemme, al Muro del pianto. E anch’ io, come tutti, ho infilato un bigliettino. Ci ho scritto sopra: “Hitler, non ce l’ hai fatta a farmi fuori. Sabatino Finzi è ancora qui, come mio figlio Giorgio e come mio nipote”». Sabatino anche lui.

(Fonte: Repubblica, 13 Luglio 2009, pag. 33)

Articoli Correlati
Testimonianza del Washington Post: cosa è accaduto veramente a Gaza durante l’operazione antiterrorismo “Protective Edge”

Testimonianza del Washington Post: cosa è accaduto veramente a Gaza durante l’operazione antiterrorismo “Protective Edge”

Washington Post: Cosa è accaduto davvero durante la guerra a Gaza La testimonianza di un generale dei servizi segreti israeliani di Pino Salerno L’articolo è firmato da William Booth, redattore […]

Roma, 16 Ottobre 1943: per non dimenticare

Roma, 16 Ottobre 1943: per non dimenticare

Roma, 16 ottobre 1943: per non dimenticare di Carlo Cipriani “All’alba di sabato 16 ottobre 1943 a Roma un centinaio di soldati tedeschi catturarono 1022 ebrei, tra cui circa 200 […]

Settimio Calò: una storia che in pochi conoscono

Settimio Calò: una storia che in pochi conoscono

Nel 1943 i nazisti prelevarono la sua famiglia. Furono uccisi tutti Neppure una via per l’ uomo che perse 10 figli a Auschwitz Settimio Calò fu l’ unico a salvarsi. […]

16 Ottobre 1943: una data funesta che non va dimenticata

16 Ottobre 1943: una data funesta che non va dimenticata

16 Ottobre 1943: una data funesta che non va dimenticata NON C’È FUTURO SENZA MEMORIA COLORO CHE NON HANNO MEMORIA DEL PASSATO SONO DESTINATI A RIPETERLO Il 16 ottobre 1943 […]

16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei di Roma

16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei di Roma

16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei di Roma La “soluzione finale” per gli ebrei romani arriva il 24 settembre 1943 con l’ordine da Berlino di “trasferire in Germania” e […]

Lista Commenti
Aggiungi il tuo commento

Fai Login oppure Iscriviti: è gratis e bastano pochi secondi.

Nome*
E-mail**
Sito Web
* richiesto
** richiesta, ma non sarà pubblicata
Commento

  • #1Daniel

    Addio Sabatino Finzi 158556

    Roma, 25 Maggio 2012 – Si è spento ieri sera a 85 anni uno degli ultimi sopravvissuti alla deportazione nazista del 16 ottobre

    Aveva 85 anni e gli ultimi anni, così come per altri ex deportati, li aveva passati a raccontare e a testimoniare gli orrori della deportazione e dell’internamento nel lager di Auschwitz.

    Sabatino Finzi era nato a Roma 1’8 gennaio 1927, arrestato e deportato ad Auschwitz all’età di 16 anni, era stato catturato nella retata del 16 ottobre 1943.

    Il ‘suo’ numero tatuato sul braccio era 158556. Fu l’unico minorenne che riuscì a tornare a Roma: dei 1.022 deportati ne tornarono solo 17.

    Come riuscì a sopravvivere? Lo spiegò alcuni anni fa in una intervista: “Dovevo sembrare più grande. Perché avevo visto che i bambini li ammazzavano tutti. Non lavoravano, e alle SS non servivano. Li portavano fuori dai blocchi, e ta-ta-ta. Li mitragliavano. Io ero già un giovanetto. Allora ho detto di avere più anni, perché in quel modo potevo rendermi utile. Così sono sopravvissuto. Ho sempre avuto un sesto senso”.

    Recentemente aveva confessato: “Sono andato a Gerusalemme, al Muro del pianto. E come tutti ho infilato un bigliettino. Ci ho scritto sopra: ‘Hitler, non ce l’hai fatta a farmi fuori. Sabatino Finzi è ancora qui, come mio figlio Giorgio e come mio nipote’”.

    http://www.romaebraica.it/addio-sabatino-finzi-158556/#more-7268

    31 Mag 2012, 12:41 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Addio a Sabatino Finzi testimone della Shoah

    di Mario Avagliano

    La Memoria della Shoah italiana ha perso un altro testimone. Ormai restano in vita solo due dei diciassette ebrei romani tornati dall’inferno dei Lager del Reich dopo la retata del 16 ottobre 1943, a seguito della quale 1023 di loro (compresi anziani, ammalati e bambini) erano stati deportati ad Auschwitz.

    La sera del 24 maggio scorso è scomparso, all’età di 85 anni, Sabatino Finzi, l’unico minorenne tra i sopravvissuti. Prima di lui erano deceduti nel 2008 Leone Sabatello e nel 2000 Settimia Spizzichino, l’unica donna del gruppo dei superstiti, autrice del toccante libro di memoria “Gli anni rubati”, pubblicato meritoriamente dal Comune di Cava de’ Tirreni. I reduci ancora viventi sono Mario Camerino, che vive a Montreal, e Lello Di Segni, che abita a Roma e spesso è invitato dalle scuole capitoline per raccontare la sua esperienza nei Lager.
    Sabatino, nato a Roma l’8 gennaio 1927, quel tragico sabato di ottobre del 1943 aveva appena sedici anni. Fu catturato dai tedeschi assieme ai genitori Giuseppe e Zaira e alla sorellina Amelia. All’arrivo ad Auschwitz, la madre e la sorella furono selezionate e inviate alle camere a gas. Lui e il padre (numeri di matricola 158556 e 158557), con la tuta a strisce da deportati e la stella gialla, furono destinati ai lavori forzati a Jawisowice, dove lavorarono nelle cave di lavagna, soffrendo la fame e gli stenti.

    Il giornalista Roberto Olla, responsabile del Tg1 Storia, ha scritto su FB: “Ricorderò sempre quando Sabatino mi aveva spiegato come mangiava un pezzo di pane ad Auschwitz (il pezzo, quell’unico piccolo pezzo della razione): tenendo qualcosa sotto il mento, qualsiasi cosa che impedisse ad eventuali briciole di cadere e disperdersi. Davanti alla telecamera, aveva poi risucchiato con forza dalla mano briciole solo immaginate. Voleva esser sicuro che avessi capito bene”.

    Il 22 gennaio 1945, quando Auschwitz e i campi satellite dovettero essere evacuati, i due Finzi furono trasferiti a Buchenwald. Il padre Giuseppe fu però mandato a Ohrdruf, dove morì prima della liberazione.

    Sabatino finse di essere più grande della sua età e così venne destinato alla baracca degli adulti. Fu la sua salvezza. Dei 207 bambini presi dalle SS il 16 ottobre, fu l’unico a tornare a casa.

    “Dovevo sembrare più grande – raccontò qualche anno fa a Marco Ansaldo de “la Repubblica” -. Perché avevo visto che i bambini li ammazzavano tutti. Non lavoravano, e alle SS non servivano. Li portavano fuori dai blocchi, e ta-ta-ta. Li mitragliavano. Io ero già un giovanetto. Allora ho detto di avere più anni, perché in quel modo potevo rendermi utile. Così sono sopravvissuto. Ho sempre avuto un sesto senso”. Il 15 aprile 1945, dopo la liberazione, Sabatino, ridotto a 29 chili di peso, scrisse una commovente lettera agli zii Anselmo Calò e Angelina Zarfati, che io e Marco Palmieri abbiamo pubblicato nel nostro libro “Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia” (Einaudi, 2011).

    “Dopo un anno e mezzo di prigionia fascista – si legge nella lettera – Iddio ha voluto che l’11 Aprile i primi liberatori Americani hanno occupato il campo mentre i reparti SS tedeschi stavano per evacuare tutti e forse decimarci di 60.000 prigionieri ora siamo in libertà in 20.000 e tre italiani nostri dei quali due solo del primo trasporto del 16 Ottobre”. E più avanti: “cominciando dalle nostre famiglie dalla mia cara mamma e Amelia babbo nonno zio Lello e tutti i migliaia di ebrei sono stati tutti sterminati dalla ferocia nazista”.

    Quando rientrò in Italia, Sabatino fu ricoverato all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna per sette mesi. Qualche tempo fa era andato a Gerusalemme, al Muro del pianto. E come tutti, aveva infilato il suo bigliettino, con su scritto: “Hitler, non ce l’hai fatta a farmi fuori. Sabatino Finzi è ancora qui, come mio figlio Giorgio e come mio nipote”. Sabatino anche lui.

    (Fonte: Notiziario Ucei, 29 maggio 2012)

    31 Mag 2012, 12:51 Rispondi|Quota
Trackbacks & Pingback
  1. Io, il bambino numero 1000 nell' inferno di Buchenwald | Focus On …
  2. Roma, 16 Ottobre 1943: per non dimenticare - Focus On Israel