Hamas mette le mani sui fondi Onu e li usa per ricattare i palestinesi
di Fausto Biloslavo
Gaza, 25 Luglio 2009 – Hamas ha messo le mani sui soldi della ricostruzione per la disastrata Striscia di Gaza. Miliardi che arrivano da tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, l’Unione europea e l’Italia. Il filtro dovrebbero essere l’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen e le agenzie delle Nazioni Unite, ma non bastano a fermare Hamas. Il ministero della Difesa israeliano ha preparato un dettagliato rapporto che denuncia il controllo degli estremisti islamici sui fondi per la ricostruzione. Il rapporto è segreto, ma è stato inviato ai governi occidentali. Cartelli di società e categorie professionali, coinvolte nella ricostruzione, rispondono ad Hamas. I suoi rappresentanti sono riusciti a mettere in piedi comitati congiunti con le agenzie dell’Onu a Gaza, che si occupano degli aiuti.
Secondo il Jerusalem Post l’intelligence israeliana ha rivelato che «il 12 luglio si è tenuto un incontro fra l’Unrwa, (l’agenzia delle Nazioni Unite per il popolo palestinese), l’Undp (un’altra costola dell’Onu) e funzionari di Hamas che rappresentano i sindacati degli ingegneri e delle società a contratto nella striscia di Gaza». L’obiettivo è stabilire un meccanismo che gestisca i miliardi di dollari che stanno arrivando dopo la pesante offensiva israeliana dello scorso dicembre e gennaio ( che ricordiamo fu effettuata per fermare i continui lanci di razzi sul territorio israeliano da parte dei terroristi palestinesi, e che ebbe come obiettivo le strutture di Hamas e non quelle dei civili palestinesi….). Si tratta di cifre enormi.
Alla conferenza internazionale di Sharm el Sheikh i palestinesi avevano chiesto quasi tre miliardi di dollari. Di questi almeno 1,33 miliardi serviranno per ricostruire la Striscia di Gaza. I Paesi arabi hanno promesso 1,65 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti 900 milioni, dei quali 300 per Gaza.
L’Unione europea si è impegnata per 436 milioni di euro, che serviranno anche per la riforma dell’Autorità nazionale palestinese. L’Italia ha fatto pure la sua parte. Il fiume di denaro arriva nelle casse del governo palestinese in Cisgiordania del primo ministro Salaam Fayad. La parte per Gaza viene trasferita all’Undp, l’agenzia delle Nazioni Unite che supervisiona la ricostruzione.
Gli israeliani denunciano che «Hamas ha preso il controllo di questi soldi». Il sistema è semplice: lavorano alla ricostruzione le società e i tecnici vicini ad Hamas. Il sistema dei “comitati congiunti” con i rappresentanti delle Nazioni Unite, mascherati come una normale forma di collaborazione, serve ad Hamas per controllare l’utilizzo del denaro e degli aiuti. Chi cerca di opporsi o protestare viene minacciato. Hamas ha addirittura pubblicato su un quotidiano palestinese il seguente monito: «Chiunque non rispetti gli ordini sarà obbligato a lasciare Gaza».
Chris Gunnes, portavoce dell’agenzia dell’Onu per i palestinesi, ha risposto a muso duro sostenendo che «l’Unrwa distribuisce gli aiuti in base alle necessità e null’altro». Una fonte della Difesa israeliana ribatte con il Jerusalem Post che «non ci risulta esista un effettivo meccanismo per aggirare Hamas e far arrivare i soldi direttamente alla popolazione palestinese». Con il fiume di denaro degli arabi e dell’Occidente gli estremisti islamici si comprano il consenso perduto dopo il devastante attacco israeliano. Anche le organizzazioni umanitarie non in linea e fedeli a Fatah, il movimento del presidente Abbas, subiscono ritorsioni e ricatti. «Vogliono imporci i loro uomini per controllare la distribuzione degli aiuti» aveva raccontato dopo la guerra uno dei responsabili di una Ong palestinese a Gaza. «Conosco decine di famiglie che hanno subito l’aggressione israeliana (ma quale aggressione…..), ma sono discriminate negli aiuti perché non appoggiano Hamas».
#1Emanuel Baroz
Hamas scippa i fondi internazionali destinati ai palestinesi
Premesso che il popolo palestinese è, in assoluto, ovvero sia pro-capite, sia complessivamente, il popolo che, nella storia, ha più percepito fondi ed aiuti internazionali, è doveroso rilevare che, in molti casi, il denaro non è stato utilizzato, per volontà degli stessi palestinesi, per gli scopi prefissati dai donatori.
E’ il caso, ad esempio, di Gaza: Europa e U.s.a. finanziano la ricostruzione della Striscia ma l’immensa quantità di denaro da loro erogata finisce in mano ai fondamentalisti che, anche in questo modo, comprano il consenso tra la loro gente ma, innanzitutto, acquistano armi ed esplosivi invece di realizzare scuole, case, ospedali e servizi per la loro gente.
Il filtro dovrebbero essere l’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen e le agenzie delle Nazioni Unite, ma queste sono incapaci di fronte all’avidità di Hamas. Il dicastero della Difesa israeliano ha stilato un particolareggiato rapporto che denuncia il controllo degli estremisti islamici sui fondi per la ricostruzione. Il rapporto segreto è stato inviato ai governi occidentali: questo contiene i nominativi e le modalità con cui cartelli di società ed associazioni coinvolte nella ricostruzione, rispondono agli ordini di Hamas. I suoi rappresentanti sono riusciti a mettere in piedi comitati congiunti con le agenzie dell’Onu a Gaza, che si occupano degli aiuti.
Secondo il Jerusalem post l’intelligence israeliana ha rivelato che «il 12 luglio si è tenuto un incontro fra l’Unrwa, (l’agenzia delle Nazioni Unite per il popolo palestinese), l’Undp (un’altra costola dell’Onu) e funzionari di Hamas che rappresentano i sindacati degli ingegneri e delle società a contratto nella striscia di Gaza». L’obiettivo è stabilire un meccanismo che gestisca i miliardi di dollari che stanno arrivando dopo l’offensiva israeliana dello scorso dicembre/gennaio. Si tratta di cifre immense.
Alla conferenza internazionale di Sharm el Sheikh i palestinesi avevano chiesto quasi tre miliardi di dollari. Di questi almeno 1,33 miliardi serviranno per ricostruire la Striscia di Gaza. I Paesi arabi hanno promesso 1,65 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti 900 milioni di cui 300 per Gaza. L’Unione europea si è impegnata per 436 milioni di euro, che serviranno anche per la riforma dell’Autorità nazionale palestinese. L’Italia ha fatto pure la sua parte. Il fiume di denaro arriva nelle casse del governo palestinese in Cisgiordania del primo ministro Salaam Fayad. La parte per Gaza viene trasferita all’Undp, l’agenzia delle Nazioni Unite che supervisiona la ricostruzione.
Gli israeliani denunciano che «Hamas ha preso il controllo di questi soldi». Il sistema è semplice: il meccanismo dei “comitati congiunti” con i rappresentanti delle Nazioni Unite, mascherati come una normale forma di collaborazione, serve ad Hamas per controllare l’utilizzo del denaro e degli aiuti. Chi cerca di opporsi o protestare viene minacciato. Hamas ha addirittura pubblicato su un quotidiano palestinese il seguente monito: «Chiunque non rispetti gli ordini sarà obbligato a lasciare Gaza». Chris Gunnes, portavoce dell’agenzia dell’Onu per i palestinesi, ha risposto a muso duro sostenendo che «l’Unrwa distribuisce gli aiuti in base alle necessità e null’altro». Una fonte della Difesa israeliana ribatte con il Jerusalem Post che «non ci risulta esista un effettivo meccanismo per aggirare Hamas e far arrivare i soldi direttamente alla popolazione palestinese». Con il fiume di denaro degli arabi e dell’Occidente gli estremisti islamici si comprano il consenso perduto dopo il devastante attacco israeliano. Anche le organizzazioni umanitarie non in linea e fedeli a Fatah, il movimento del presidente Abbas, subiscono ritorsioni e ricatti. «Vogliono imporci i loro uomini per controllare la distribuzione degli aiuti» aveva raccontato dopo la guerra uno dei responsabili di una Ong palestinese a Gaza. «Conosco decine di famiglie che hanno subito l’aggressione israeliana ma sono discriminate negli aiuti perché non appoggiano Hamas».
(Abruzzo Liberale, 31 luglio 2009)