Rapporto Goldstone: il contro-rapporto e la retromarcia dell’autore

 
Emanuel Baroz
31 ottobre 2009
2 commenti

Rapporto Goldstone: il contro-rapporto e la retromarcia di Goldstone

focus on israel goldstone reportMentre l’Onu si appresta (il 4 novembre) a discutere il rapporto Goldstone, emergono piano, piano le tante contraddizioni e omissioni di questo famigerato rapporto stilato a senso unico che i Paesi Arabi stanno cercando di usare come un’arma non convenzionale contro Israele. E’ lo stesso Goldstone a fare marcia indietro facendo alcune importanti precisazioni.

In una intervista rilasciata al “Jewish Forward”, Golstone ammette che il suo rapporto non è frutto di un “lavoro investigativo” ma che la sua missione era quella di “ricerca su fatti”, una ricerca oltretutto limitata dal fatto di aver potuto interloquire solo con personale di Hamas. Goldstone afferma anche che tutto il materiale messo a sua disposizione era stato pre-selezionato da Hamas e che se tale materiale venisse portato in una semplice aula di tribunale ordinario non avrebbe alcuna rilevanza probatoria.

La retromarcia di Goldstone arriva all’indomani dell’annuncio dell’uscita di un contro-rapporto redatto da organismi indipendenti e da Ong che invece evidenzia come durante l’operazione Piombo Fuso Hamas avesse dato ordine di “massimizzare” le perdite civili per mettere in difficoltà Israele praticando quello che in termini tecnici (riferiti al Diritto Bellico) viene definito un atto di “perfidia”.

Il contro-rapporto, basandosi su precise testimonianze di palestinesi e israeliani (che hanno nome e cognome) evidenzia inoltre come Hamas abbia usato nascondigli civili per posizionare le sue batterie armate, come i centri di comando fossero all’interno di abitazioni civili e persino nei sotterranei dell’ospedale di Gaza, come per i loro spostamenti i miliziani e i leader di Hamas abbiano usato mezzi coperti da leggi internazionali (come per esempio le ambulanze). In termini tecnici questo si chiama “praticare un atto di perfidia”, cioè il tentativo di trarre in inganno il nemico confondendosi tra i civili o facendosi scudo di essi. La cosa è aggravata dal fatto che i miliziani di Hamas non vestono una divisa che li rende facilmente riconoscibili dai civili in aperta violazione di tutte le regole del Diritto Bellico.

Goldstone ha ammesso che le uniche interviste fatte sono state “interviste telefoniche” e che non è in grado di fornire i nomi dei potenziali testimoni (questo fatto della mancanza dei nomi dei testimoni sembra essere piuttosto ricorrente in chi lancia accuse a Israele), ha ammesso di non aver intervistato gli abitanti di Sderot e di Ashkelon, per anni sotto tiro dei missili di Hamas. Infine ha ammesso che il suo rapporto non è altro che “una traccia” e che “non contiene alcuna autentica prova” di quanto afferma e dei supposti misfatti di Israele.

Al contrario, da quanto emerge dal contro-rapporto, a compiere gravi violazioni del Diritto bellico è stato Hamas e non solo per gli “atti di perfidia perpetrati” ma anche per aver deliberatamente diffuso voci secondo le quali tra i civili in fuga dai combattimenti ci sarebbero stati kamikaze pronti a farsi esplodere in prossimità delle truppe israeliane o dei posti di blocco, nell’evidente tentativo di mettere in difficoltà i militari israeliani nei confronti dei profughi.

Tempo fa un certo Khaled Meshaal (che per chi non lo sapesse è il capo politico di Hamas, nascosto in Siria) ha detto che “ogni morto civile è una vittoria per Hamas e una sconfitta per Israele”. Quale miglior occasione di “ottimizzare e massimizzare” la vittoria di Hamas dell’operazione Piombo Fuso?

Concludendo, quando si fa una indagine delicata come quella portata avanti da Goldstone, non si può ascoltare solo una delle parti in causa ma vanno valutate tutte le variabili e soprattutto vanno ascoltate tutte le parti in causa. Vanno elencati i nomi dei testimoni che devono essere facilmente rintracciabili per una eventuale convocazione di fronte alla giustizia internazionale. Le affermazioni vanno sempre e comunque provate, altrimenti succede quello che è successo la settimana scorsa quando un Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu composto in maggioranza da Paesi Arabi che nulla hanno a che fare con i Diritti Umani, sfrutta quella indagine per meri fini politici e per emettere una risoluzione che condanna solo una parte evitando accuratamente di nominare l’altra.

E’ evidente che Golstone puntava sul fatto di essere un ebreo e di avere una certa esperienza a livello internazionale per propinare e per farsi accettare un rapporto lacunoso e fazioso. Nel giro di pochi giorni quel rapporto è stato smontato e smentito pezzo per pezzo tanto da costringerlo a fare marcia indietro su tutti i fronti.

Noi, come organizzazione, siamo convinti che ci sono molte cose nella politica israeliana che non vanno e che andrebbero corrette al più presto, ma siamo altrettanto convinti che il problema di Gaza non è Israele ma che sia Hamas. Quando si prenderà in considerazione il vero problema allora si potrà arrivare a un sensibile miglioramento della situazione. Ma fino a quando persone come Goldstone o come importanti organizzazioni per la difesa dei Diritti Umani continueranno a fare faziosamente (e non disinteressatamente) politica e a coprire i misfatti di Hamas, tutto questo non sarà possibile e la pace in Medio Oriente rimarrà solo un miraggio.

Miriam Bolaffi

secondoprotocollo.org

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  • #1Emanuel Baroz

    La guerra di Gaza alle Nazioni Unite

    Rapporto Goldstone, l’autore ammette: nessuna prova per condannare Israele

    di Andrea B. Nardi
    31 Ottobre 2009

    Negli ultimi anni da parte delle Nazioni Unite si sono moltiplicati i documenti infondati e ingannevoli contro Israele, i quali poi spesso devono essere smentiti e ritrattati dalla stessa Onu. Nel frattempo Gaza è diventato terreno fertile per qualsiasi accusa contro lo stato ebraico: ogni falsità, propaganda mediatica, mistificazione, alterazione della verità è non solo abilmente creata dai terroristi di Hamas e dai loro alleati arabi, ma pedissequamente riportata dai media occidentali senza alcuna verifica.

    Di ciò si avvantaggiano le parti politiche internazionali pervicacemente avverse a Israele, così come sta accadendo appunto anche all’interno dell’Onu. Questa tragica pagliacciata si è ripetuta negli ultimi giorni grazie al giudice Richard Goldstone e al Rapporto della 12a sessione speciale del Consiglio Onu per i Diritti Umani, UN Watch, Commissione d’indagine sulla guerra nella Striscia di Gaza, da lui presieduta, e che è stata tanto pubblicizzata per le origini ebraiche del giudice sudafricano.

    A Ginevra, il 16 ottobre scorso, questa Commissione ha ufficialmente emanato il Rapporto Goldstone, la cui faziosità ha innescato da parte del Consiglio Onu per i Diritti Umani la risoluzione di condanna a Israele, accusandola d’avere commesso crimini di guerra durante il conflitto dello scorso inverno contro Hamas. Solo sei i voti contrari, quello italiano (plauso al nostro Governo) e quelli di Usa, Paesi Bassi, Slovacchia, Ungheria e Ucraina (da notare che fra chi ha votato a favore ci sono Cina, Russia, Egitto e Pakistan, paesi che difficilmente possono dare lezioni in materia di diritti umani).

    Il Rapporto Goldstone fin dall’inizio era apparso talmente mendace che in un primo tempo perfino Abu Mazen e l’Autorità Palestinese avevano dichiarato di non volerlo sostenere, ma fu Gheddafi a insistere per portare il dossier davanti al Consiglio Onu. La Commissione Goldstone, in realtà, non ha mai nemmeno messo piede a Gaza e non ha mai ascoltato un solo suo semplice cittadino, tantomeno le autorità israeliane, bensì soltanto i rappresentanti di Hamas e i portavoce palestinesi.

    La farsa è proseguita quando il presidente Goldstone, dopo il voto di condanna contro Israele, ha dichiarato di non essere d’accordo con l’uso strumentale che il Consiglio Onu ha fatto del suo dossier… Intanto ormai il danno era fatto, permettendo che rimanesse agli atti un documento totalmente menzognero da provocare l’ennesima condanna contro Israele e la vittoria politica del terrorismo palestinese.

    Tante sono state le voci di sdegno sui lavori della Commissione Goldstone, ma la testimonianza migliore sulla falsità del dossier ci viene in questi giorni proprio dalla stessa Commissione. Durante i suoi lavori il presidente Goldstone s’era rifiutato d’ascoltare la fondamentale deposizione del colonnello britannico Richard Kemp, così ora UN Watch ha costretto la Commissione a renderla pubblica. Eccola:

    «Signor Presidente, sono l’ex comandante delle forze britanniche in Afghanistan. Ho prestato sevizio con la NATO e con le Nazioni Unite; ho comandato truppe in Irlanda del Nord, in Bosnia e in Macedonia; ho partecipato alla Guerra del Golfo; ho trascorso una considerevole quantità di tempo in Iraq a partire dall’invasione del 2003 e ho lavorato sul terrorismo internazionale per il Joint Intelligence Committee del governo del Regno Unito.
    Signor Presidente, in base alle mia competenza e alla mia esperienza posso dire questo: le Forze di Difesa israeliane, durante l’Operazione Piombo Fuso, per salvaguardare i diritti dei civili in zone di combattimento hanno fatto più di qualunque altro esercito nella storia della guerra.

    Israele lo ha fatto mentre affrontava un nemico che deliberatamente posizionava le sue forze risorse militari dietro lo scudo umano della popolazione civile.
    Hamas, come Hezbollah, è esperta nel pilotare l’agenda dei mass-media. Entrambi avranno sempre della gente pronta a concedere interviste in cui si condannano le forze israeliane per crimini di guerra. Sono abili nell’inscenare e distorcere incidenti.
    Le Forze di Difesa israeliane devono fare fronte a una sfida che noi britannici non siamo costretti ad affrontare nella stessa misura.

    Molti, nei mass-media internazionali e nei gruppi internazionali per i diritti umani, danno per scontato con automatismo pavloviano che le Forze di Difesa israeliane siano nel torto, che esse violino i diritti umani.
    La verità è che le Forze di Difesa israeliane hanno adottato misure straordinarie per informare i civili di Gaza delle zone prese di mira, lanciando più di due milioni di volantini e facendo più di centomila chiamate telefoniche. Molte missioni che avrebbero potuto sottrarre risorse militari a Hamas sono state interrotte per evitare vittime civili. Durante il conflitto, le Forze di Difesa israeliane hanno ammesso enormi quantità di aiuti umanitari dentro Gaza. Per lo stratega militare è normalmente inconcepibile far arrivare aiuti praticamente nelle mani del proprio nemico. Eppure le Forze di Difesa israeliane si sono assunte questi rischi.

    Naturalmente, nonostante tutto questo, sono stati uccisi dei civili innocenti. La guerra è un caos ed è piena di errori. Ci sono stati errori anche da parte di forze britanniche, americane ed altre in Afghanistan e in Iraq, molti dei quali possono essere ascritti ad errori umani. Ma gli errori non sono crimini di guerra. Più di ogni altra cosa, le vittime civili sono state una conseguenza del modo di combattere di Hamas. Hamas ha puntato deliberatamente a sacrificare i suoi propri civili.

    Signor Presidente, Israele non aveva altra scelta che quella di difendere la propria popolazione, e impedire a Hamas di attaccarla coi razzi. E – torno a ripetere – per salvaguardare i diritti dei civili in zone di combattimento, le Forze di Difesa israeliane hanno fatto più di qualunque altro esercito nella storia della guerra».

    A questo punto, Robert Bernstein, il fondatore di Human Rights Watch, l’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, non si è più trattenuto, dichiarando che i recenti rapporti diffusi dall’organizzazione che ha guidato per vent’anni stanno «aiutando quelli che vogliono trasformare Israele in uno stato paria». Sul New York Times del 20 ottobre, Bernstein scrive che «mentre il Medio Oriente è popolato da regimi autoritari con un curriculum sui diritti umani spaventoso, negli ultimi anni Human Rights Watch ha scritto di gran lunga molte più condanne contro Israele per violazioni del diritto internazionale che contro qualunque altro paese della regione». Prosegue quindi denunciando che «Human Rights Watch ha perduto la prospettiva critica su un conflitto che ha visto Israele ripetutamente aggredito da Hamas e Hezbollah, due organizzazioni che si accaniscono contro i cittadini israeliani e usano la propria stessa gente come scudi umani. Hamas e Hezbollah hanno deliberatamente scelto di fare la guerra da aree densamente popolate, trasformando i loro quartieri in campi di battaglia, e continuando a defraudare i palestinesi di qualunque chance di ottenere la vita pacifica e produttiva che meriterebbero».

    La negazione della verità su Gaza da parte della Commissione Goldstone e del Consiglio Onu è tanto più stupefacente dal momento che perfino il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese il 13 ottobre, dagli schermi di al-Jazeera, ha accusato i leader di Hamas di aver provocato la guerra non accettando il cessate il fuoco e lanciando razzi e missili dalla Striscia di Gaza, oltre ad aver usato militarmente le ambulanze durante l’operazione israeliana Piombo Fuso.

    A questo riguardo oggi sono disponibili i filmati a riprova che i palestinesi usano e hanno usato ambulanze e mezzi dell’Onu per trasportare armi e miliziani a Gaza, come da anni denunciato invano da Israele.

    Ecco che allora il giudice Goldstone riesce a smentire se stesso in due recenti interviste sul Jewish Daily Forward e sul New York Times, in cui ammette olimpicamente di non aver avuto nessuno strumento obiettivo per giudicare i fatti di Gaza, né prove né evidenze, avendo come testimoni solo voci di Hamas, e che il suo Rapporto non sarebbe una denuncia ufficiale frutto d’investigazioni, bensì solo una informale «road-map» per ulteriori indagini. Peccato che chi lo legge vi può trovare dichiarazioni solenni ben diverse, tipo: «a deliberately disproportionate attack designed to punish, humiliate and terrorize a civilian population», da cui la Commissione ricava come i militari israeliani debbano essere perseguiti da corti di giustizia internazionali («Israeli solders could be held liable for prosecution in international courts»). E conclude le interviste ammettendo candidamente che il suo Rapporto possa essere sbagliato…

    Ma non è certo la prima volta che l’Onu si trova a smentire se stessa. Ricordiamo le ammissioni finali delle Nazioni Uniste sulla falsità delle proprie accuse precedentemente rivolte all’aviazione israeliana d’aver colpito una scuola durante l’Operazione Piombo Fuso. Oppure le cifre fantastiche riferiti dagli uomini di Hamas e subito ribaditi da ufficiali Onu e propagandate dai media sulle vittime a Gaza: «Venivano accreditati 1300 morti, oltre a circa 5000 feriti», scrive Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera: «I morti invece sarebbero non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro, come svelato da un medico dell’ospedale Shifah e da alcuni reporter palestinesi».

    Qualcuno un giorno scrisse «Il mondo è pieno di farabutti che si avvalgono di imbecilli»: c’è da chiedersi quali siano le percentuali delle due categorie all’interno di certe organizzazioni internazionali.

    Gioverà, forse, infine, ricordare alcuni punti salienti della storia di Gaza:

    1947 – Secondo i termini del piano di partizione delle Nazioni Unite, la zona di Gaza era destinata a diventare parte di un nuovo Stato arabo.

    14 maggio 1948 – Nasce lo stato di Israele.

    15 maggio 1948 – Gli eserciti di Egitto, Siria, Iraq, Libano e Transgiordania attaccano lo stato di Israele. L’offensiva viene respinta dagli israeliani. La Striscia Gaza rimane occupata dalle forze egiziane fino al 1967, ma l’Egitto non riesce ad annettere a sé il territorio, soltanto controllato e gestito attraverso un governatore militare. Agli abitanti di Gaza non è mai stata offerta cittadinanza egiziana.

    1956 – L’Egitto, con l’appoggio della Cecoslovacchia, prepara un secondo piano di guerra contro Israele. Gli israeliani annientano l’esercito egiziano avanzando lungo tutta la Striscia di Gaza. Dopo quattro mesi le forze israeliane si ritirano dalla Striscia lasciandola all’Egitto.

    1967 – Egitto, Siria e Giordania ammassano truppe a ridosso dei confini israeliani per procedere a un nuovo tentativo di invasione e distruzione dello Stato ebraico (il terzo). Israele sconfigge gli eserciti arabi. La Striscia di Gaza viene occupata dagli israeliani per mantenere un controllo difensivo verso l’Egitto.

    1973 – Quarto attacco militare di Egitto e Siria contro Israele, respinto da quest’ultimo.

    1994 – Gran parte della Striscia (tranne che per i blocchi militari e le zone insediate) passa sotto il controllo palestinese. Le forze israeliane abbandonano Gaza City e le altre aree urbane, lasciando l’amministrazione alla nuova Autorità Palestinese.

    1995/2005 – L’amministrazione arafattiana della Striscia produce risultati sociali pessimi.

    2005 – Il governo israeliano dispone l’evacuazione della popolazione israeliana dalla Striscia e lo smantellamento delle colonie che vi erano state costruite (piano di disimpegno unilaterale). Gaza passa totalmente in mano palestinese.

    2007/2009 – Dopo il governo palestinese di al-Fath su Gaza, vi subentra il partito islamista di Hamas, considerato un’organizzazione terroristica. Quest’ultimo compie una violenta operazione contro l’altra fazione palestinese che produce oltre cento morti.

    Dal 2001 Hamas ha sparato contro la comunità israeliana 4000 missili e diverse migliaia di colpi di mortaio. Dopo che ha preso il potere, il conto degli attacchi di Hamas contro i civili israeliani oltreconfine è passato da 179 missili nel 2005 a 946 nel 2006. Nel 2008 ha acquisito missili che possono raggiungere Ashod, Ashkelon e Beer Sheva, tenendo sotto tiro 800mila cittadini.

    Dicembre 2008 – Israele lancia l’Operazione Piombo Fuso contro la Striscia con bombardamenti mirati a colpire le postazioni di lancio dei missili palestinesi.

    Gennaio 2009 – Le truppe di terra israeliane entrano a Gaza per completare l’Operazione.

    I capi di Hamas fuggono, si dice, nascosti in ambulanze verso il Sinai. Il 18 gennaio le forze militari israeliane si ritirano.

    Attualmente sono ripresi i lanci di missili, razzi e colpi di mortaio dalla Striscia di Gaza verso il territorio israeliano.

    http://www.loccidentale.it/articolo/s.0080737

    3 Nov 2009, 15:56 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Onu, rapporto Goldstone approvato: “Israele indaghi”

    Netanyahu: “I crimini di guerra sono altri”

    Gerusalemme, 6 nov – “Israele ha dato prova durante la Operazione Piombo Fuso di un alto livello morale e anche in futuro intende difendere la popolazione dalla minaccia dei razzi in possesso dei suoi vicini”, così il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman respinge ancora i risultati del rapporto Goldstone delle Nazioni Unite. Di ieri la notizia dell’approvazione dell’Onu, a maggioranza, del Rapporto Goldstone sull’operazione Piombo fuso a Gaza. Sempre ieri il premier Benyamin Netanyahu aveva affermato che “l’Onu avrebbe fatto meglio a dedicare la propria attenzione alla nave Francop'” (intercettata da Israele a largo di Cipro) che trasportava migliaia di razzi katyuscia probabilmente inviati dall’Iran agli Hezbollah libanesi. “Quello è un vero crimine di guerra”, aveva esclamato Netanyahu. Nel rapporto Onu le forze armate israeliane sono accusate di aver compiuto crimini di guerra contro la popolazione civile palestinese e Israele viene sollecitato a indagare su quegli episodi per punire i responsabili. Accuse analoghe sono rivolte anche ai miliziani di Hamas, che hanno sistematicamente puntato i loro razzi contro la popolazione civile israeliana nel Neghev. Un comunicato del ministero israeliano degli Esteri afferma che “ogni legame fra il voto di ieri all’Onu e la realtà dei fatti è accidentale”. Secondo il ministero degli Esteri il numero cospicuo di Stati che hanno votato contro o si sono astenuti dimostra lo spessore della “maggioranza morale” nelle Nazioni Unite.

    8 Nov 2009, 13:01 Rispondi|Quota
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