INSULTO ALLE «PIETRE D’INCIAMPO»
Sfregio alla memoria dell’Olocausto: profanati i sampietrini dorati
Il gesto vandalico in piazza Rosolino Pilo, di fronte alla casa in cui abitavano i Terracina
di Piero Brogi
ROMA, 28 Febbraio 2010 – Profanati i sampietrini della memoria di fronte alla casa di Monteverde in cui abitavano i Terracina in piazza Rosolino Pilo 17. L’insulto nella notte, con una bomboletta spray che ha oscurato le sette “pietre d’inciampo” collocate un mese fa nel giorno della memoria, è stato scoperto al mattino da un vicino di casa di Piero Terracina, unico scampato allo sterminio di Auschwitz in cui è stata cancellata tutta la sua famiglia. Sul posto è subito accorso il presidente del XVI municipio Fabio Bellini, che ha predisposto per domani pomeriggio un presidio di solidarietà con Terracina e l’intervento tecnico per ripulire i sampietrini e cancellare la profanazione. Accorsi sul posto anche il presidente della Comunità Ebraica Riccardo Pacifici, il consigliere Pd Paolo Masini e Adachiara Zevi, la curatrice della posa delle trenta “pietre d’inciampo” con cui il 28 gennaio sono stati ricordati deportati in sei municipi di Roma, ebrei, politici, carabinieri. «Esprimo ferma condanna per questo atto vigliacco contro una memoria condivisa, quella della Shoah» ha detto il sindaco Gianni Alemanno «Ripetiamo, ancora una volta, il nostro auspicio che i vili che hanno compiuto questo gesto siano presto presi e venga loro inflitta una punizione esemplare».
«TOMBA DI FAMIGLIA» – «Io non ho una tomba della mia famiglia, ho solo questi sette sampietrini – ha detto con commozione Piero Terracina -. Questa è la tomba della mia famiglia. E con questo insulto vogliono negare l’esistenza stessa dei miei poveri congiunti sterminati dal nazifascismo…». Riccardo Pacifici ha messo in relazione la profanazione alla questione “delatori”, risollevata proprio in questi giorni. E proprio la famiglia Terracina arrestata durante il ricongiungimento familiare per la Pesach ebraica del ’44 fu tradita da un delatore. «Ieri su un giornale cittadino ho ricordato la questione delatori in relazione alla deportazione dei carabinieri del 7 ottobre del ’43, operazione favorita da delatori per spianare la strada alla deportazione del 16 ottobre nel Ghetto di Roma». Adachiara Zevi ha aggiunto: «Andremo avanti con la posa di queste pietre d’inciampo. Allo sportello che abbiamo aperto presso la Casa della Memoria in via San Francesco di Sales si sono già rivolti sessanta familiari di deportati. Questo insulto dimostra quanto ancora possa dare fastidio ricordare ciò che è avvenuto».
«PIETRE D’INCIAMPO» – Per chi vuole dedicare una pietra d’inciampo (stolpersteine) ai propri cari spariti nelle deportazioni, può rivolgersi alla biblioteca della Casa della Memoria e della Storia, responsabile dott. Stefano Gambari, tel. 06 45460501; e-mail: [email protected]”. Una denuncia alla Digos sarà fatta dalla Comunità Ebraica. Sul posto cui sono anche delle telecamere di una vicina banca che potrebbero aver registrato immagini. Non è la prima volta in Europa che le “Stolpersteine” ideate dall’artista Gunter Demnig vengono profanate. Su ventimila pietre d’inciampo circa 400 hanno registrato profanazioni. E’ avvenuto in alcune città della Germania e in Olanda. Ora, purtroppo, si è aggiunta anche Roma.
#1Elisabetta Pignatiello
Bastardi! Mi auguro tutto il male possibile per le persone che hanno fatto questo. Proprio oggi alla mostra presso il Vittoriano vedevo il video il cui il Signor Terracina racconta la sua storia. Un racconto che avevo già sentito ma che tutte le volte mi riempie gli occhi di lacrime. Non si fa un sfregio simile ad un uomo che ha sofferto tanto. Io mando un abbraccio ideale al Signor Terracina, veramente di cuore.
#2Emanuel Baroz
SHOAH: PACIFICI, CERCARE CHI VENDEVA EBREI A NAZISTI
MESSAGGIO CAPO EBREI ROMA PER CERIMONIA CASERME ROSSE
BOLOGNA (ANSA) – BOLOGNA, 26 FEB – “Crediamo sia giunto il momento di intraprendere insieme un’altra ricerca, seppur dolorosa, quella dei collaborazionisti e dei delatori, di coloro che con il lauto compenso di 5.000 lire vendevano gli ebrei ai nazisti oppure segnalavano i partigiani e gli antifascisti”. Lo sostiene il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, in un messaggio fatto pervenire in occasione della cerimonia per il ricordo dei carabinieri, dei militari e dei civili rastrellati dai nazifascisti e imprigionati nelle ‘caserme rosse’ di Bologna prima della deportazione nei lager, tra l’8 settembre ’43 e il 12 ottobre ’44. “Più avremo il coraggio di scoperchiare questa pentola vergognosa – aggiunge nel messaggio Pacifici – più avremo modo di evidenziare quanti furono i coraggiosi che fecero scelte diverse”. E la la storia dei carabinieri è “una delle prove evidenti che ci si poteva opporre ad ordini superiori e se l’Europa avesse visto con maggiore determinazione tali atti eroici, forse non avrebbe sconfitto prima il nazismo ma avrebbe salvato molte più vite umane, specie fra i sei milioni di ebrei”. Alle Caserme Rosse vennero imprigionate decine di migliaia di persone, prima della deportazione: come gli oltre 600 Carabinieri che a Roma si rifiutarono di rastrellare gli ebrei, oltre a tanti civili accusati di collaborare con la Resistenza e che non vollero combattere per Salò. Al campo di prigionia arrivarono interi treni pieni di prigionieri militari e si stima che i rastrellati civili siano stati almeno 36 mila (il 70% dei quali finì in Germania). L’attività del lager è stata scoperta grazie allo studio di una fotografia scattata nel ’44 da un ricognitore dell’aviazione inglese Raf. Agli organizzatori è arrivato anche un messaggio del consigliere per gli affari militari del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in cui si sottolinea che si tratta di una ricorrenza che costituisce “monito per le giovani generazioni, affinché reagiscano con determinazione contro l’insorgere di ogni nuova forma di sopraffazione e di violenza, per costruire un’Europa unita sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata nel mondo globalizzato”.