Israele contro il Sinodo Vaticano: propaganda araba. “Ostaggio di una maggioranza anti-israeliana”
Il viceministro degli Esteri Dany Ayalon ha manifestato “delusione” per la dichiarazione finale dei vescovi.
Roma, 24 Ottobre 2010 – Dopo una pausa di riflessione di oltre 24 ore, Israele ha stasera denunciato con forza gli “attacchi politici” nei suoi confronti – condotti “nel segno della migliore tradizione della propaganda araba” – lanciati dal Sinodo per il Medio Oriente, appena conclusosi in Vaticano.
In un comunicato dai toni perentori il viceministro degli Esteri Dany Ayalon ha manifestato “delusione” per la dichiarazione finale dei vescovi accusando il Sinodo di essere stato preso “in ostaggio di una maggioranza anti-israeliana” fornendo “una tribuna per attacchi politici” contro lo Stato israeliano. Ai suoi commenti si sono contrapposti quelli dell’Olp che oggi ha invece espresso vivo compiacimento per le posizioni espresse dal Sinodo.
Ayalon si e’ detto peraltro “scandalizzato” dall’ affermazione del vescovo melchita di Boston Cyril Salim Bustros (non contenute nei documenti ufficiali del Sinodo) secondo cui Israele si rifarebbe al concetto biblico di Terra Promessa per giustificare i diritti territoriali degli ebrei ed “espellere i palestinesi”. Parole da cui il dicastero degli Esteri israeliano ha chiesto alla Santa Sede di “distanziarsi” chiarendo come simili toni “non rappresentino la posizione ufficiale del Vaticano“.
Sulla stampa israeliana i lavori del Sinodo non hanno avuto una eco particolare. Il giornale che ha dato maggiore rilievo all’evento e’ stato Makor Rishon, un quotidiano con scarsa diffusione vicino al nazionalismo religioso ebraico. Il quotidiano in lingua inglese Jerusalem Post ha da parte sua riportato dichiarazioni dell’ambasciatore di Israele nella Santa Sede, Mordechai Lewi secondo cui le espressioni dell’arcivescovo Bustros ” rappresentano un passo indietro rispetto a Concilio Vaticano II“.
Esprimendosi invece in totale sintonia con le tesi espresse nel Sinodo, il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat ha affermato che “Israele non puo’ far ricorso a concetti biblici relativi alla Terra Promessa o al popolo eletto per giustificare poi rivendicazioni territoriali a Gerusalemme o nei Territori”. Il documento espresso dal Sinodo, secondo Erekat, conferma che “Israele non puo’ rivendicare Gerusalemme come citta’ esclusivamente israeliana”.
“Ma i governi israeliani – ha replicato il portavoce del ministero degli esteri Yigal Palmor – non si sono mai serviti della Bibbia” per giustificare l’occupazione o il controllo di alcun territorio, inclusa Gerusalemme est (la parte a maggioranza araba della Citta’ Santa, la cui annessione a Israele non e’ riconosciuta dalla comunita’ internazionale). Palmor ha poi respinto come “ingiusta e pregiudiziale” la retorica riecheggiata da parte di alcuni vescovi (in maggioranza arabi) presenti al Sinodo.
Circa lo status di Gerusalemme le posizioni restano molto distanti. “La nostra visione – ha elaborato il portavoce palestinese – e’ di una citta’ aperta e condivisa, la capitale di due Stati e di tre fedi, mentre nella visione israeliana e’ una citta’ esclusivamente ebraica”.
Proprio oggi il governo israeliano, indipendentemente dalle polemiche sul Sinodo, ha approvato in via generale un pacchetto di incentivi e di investimenti volti a rafforzare la presenza israeliana in citta’. “Si tratta di un messaggio chiaro – ha precisato un ministro del Likud – che Gerusalemme non sara’ mai spartita e che al suo interno non ci sara’ altra sovranita’ che non quella israeliana”. Secondo un deputato arabo israeliano, Taleb a-Sana, posizioni del genere rischiano adesso di “mettere fine alle speranze di pace” nella Regione.
(Fonte: Rainews24.it, 24 Ottobre 2010)
Nella foto in alto: la cerimonia di apertura del Sinodo nella Basilica di San Pietro, a Roma
#1Emanuel Baroz
Sinodo sul Medio Oriente: Olp ed Egitto plaudono alle critiche all’occupazione israeliana
L’Organizzazione per la liberazione della Palestina si compiace per le tesi del Sinodo vaticano sul Medio Oriente riguardo all’occupazione israeliana.
A conclusione della riunione dei capi religiosi cristiani, il negoziatore capo palestinese Saeb Erekat ha affermato che “Israele non puà far ricorso a concetti biblici relativi alla Terra Promessa o al popolo eletto per giustificare poi rivendicazioni territoriali a Gerusalemme o nei Territori”.
Il documento espresso dal Vaticano, secondo Erekat, conferma che “Israele non può rivendicare Gerusalemme come città esclusivamente israeliana”. “La nostra visione di Gerusalemme – ha affermato ancora il negoziatore palestinese – è di una città aperta e condivisa, la capitale di due Stati e di tre fedi, mentre nella visione israeliana è una città esclusivamente ebraica”. “Nelle prossime settimane – ha anticipato Erekat – avvieremo discussioni con il Vaticano per verificare come meglio rafforzare le nostre già fantastiche relazioni”.
Per i palestinesi, ha sottolineato, la Chiesta cattolica non è affatto “straniera”, ma è invece “parte del nostro tessuto sociale”. “La Chiesa – ha confermato – ha dato contributi impagabili allo sviluppo della società palestinese”.
L’Egitto. Positivi anche le reazioni dall’Egitto. La presa di posizione del Sinodo vaticano contro l’uso della Bibbia per giustificare “ingiustizie” e a favore della fine dell’occupazione israeliana è “una posizione chiara e ferma”.
A dirlo è stato il portavoce del ministero degli Esteri egiziano.
Il Cairo ha fatto sapere che la posizione espressa dal Sinodo “mette numerose questioni sulla strada giusta e costituisce un messaggio importante alle parti che cerchino di utilizzare la religione a fini politici precisi nel conflitto israelo-arabo in generale e nella questione palestinese in particolare”.
Secondo il portavoce la posizione del Sinodo riflette “profondità e una giusta visione”
(Fonte: Blitz quotidiano, 24 ottobre 2010)
#2Emanuel Baroz
A questo è ridotta l’autorità della Chiesa e del Papa?
di Giorgio Israel
Prendiamo pure per buone le giustificazioni di padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, secondo cui quel che conta è il testo approvato dal Sinodo dei vescovi mediorientali e non le dichiarazioni di singoli padri sinodali che non rappresenterebbero la posizione del Sinodo e tantomeno della Santa Sede.
Resta il fatto che è nel documento che si legge la frase inaccettabile secondo cui la Bibbia non può essere usata per giustificare ingiustizie, assieme a molte altre cose sbagliate, false e sgradevoli. E resta il fatto che quel padre sinodale, che ha buttato per aria qualche decennio di dichiarazioni dei due precedenti papi sull’«alleanza mai revocata», non è uno che passava di là per caso, era il presidente della commissione che ha steso il documento!…
Dunque nella Chiesa chiunque può dire qualsiasi cosa, anche la più sciagurata, senza che venga corretto? Da un lato si censurano le affermazioni di un vescovo che denuncia l’oppressione dell’islam sul mondo cristiano e la viltà di molti prelati cristiani mediorientali e, dall’altro, non si prendono minimamente le distanze da un personaggio che ridicolizza mezzo secolo di dialogo ebraico-cristiano. A questo è ridotta l’autorità della Chiesa e del papa?
Si dice inoltre, più o meno sottovoce, che nel mondo cristiano mediorientale esiste un atteggiamento diffuso di ostilità nei confronti di Israele e che bisogna fare i conti con questa realtà. Ed è questo il modo di farci i conti? Lasciare che si dia liberamente stura a un torrente di menzogne e di affermazioni violente?
Occorrerebbe avere senso di responsabilità e valutare le conseguenze cui da luogo questo torrente. Basta leggere la stampa. Già si stanno mobilitando gli antisionisti in servizio permanente effettivo, proclamando a squarciagola di avere un nuovo alleato: la Chiesa. Personaggi che hanno un supremo disinteresse per la religione hanno iniziato a farsi teologi e a ripetere come un mantra la frase del prelato di cui sopra secondo cui il Nuovo Testamento ha superato il “Vecchio” e gli ebrei non hanno alcun diritto sulla Terra Promessa. Bel risultato… Quando il vescovo Williamson esternò nel modo che sappiamo, il Papa lo mise in riga senza complimenti. Non sarebbe stato il caso di fare lo stesso anche in questa circostanza?
(Fonte: Informazione Corretta, 25 ottobre 2010)
#3Emanuel Baroz
La Terra promessa e la chiesa di Ratzinger
di Donatella Di Cesare
Reduce da un passato che non può essere un vanto e da vicissitudini che negli ultimi anni ne hanno seriamente minato l’autorità e compromesso la credibilità, la chiesa di Ratzinger sembra trovare come via d’uscita un cammino all’indietro verso l’era preconciliare, una reazione che cancella ogni apertura dialogica. E così si erge ad arbitro, non richiesto, della scena internazionale, pontifica sul conflitto arabo-israeliano. Che l’arbitro sia di parte – come è emerso dal Sinodo dei vescovi conclusosi ieri – è fuor di dubbio. Non solo tutta la colpa del conflitto peserebbe su Israele. Ma c’è molto di più: dai «territori occupati» si è passati, con una mossa gravissima e sintomatica, a mettere in questione la «terra promessa».
Non si tratta allora dei territori, caduti nelle mani di Israele dopo la guerra che è stato costretto a vincere nel 1967. Si tratta della «terra». La questione politica assume contorni teologici, diventa una questione teologico-politica. E viene articolato a chiare lettere il giudizio di illegittimità emesso su Israele, giudizio che ne intacca l’esistenza. Chi ha mai dato agli ebrei il diritto al «ritorno su quella «terra»? In Eretz Israel? Chi ha concesso al popolo ebraico la «terra promessa»? È questa promessa che appare indigesta alla chiesa.
Già prima del 1945 il ritorno è stato mal tollerato: un ritorno imprevisto, indesiderato. A far ritorno non è forse l’antico Israele che già da secoli avrebbe dovuto essere soppiantato dalla «nuova alleanza» della chiesa? Lo scandalo è questo: malgrado tutti gli sforzi per recidere il legame del popolo ebraico con il paesaggio biblico, per appropriarsi della Torah, del «Vecchio Testamento», Israele ritorna al deserto, varco verso la terra promessa.
Come può ammettere questo ritorno la chiesa, che sin dall’inizio si è autoproclamata erede del popolo ebraico, mirando a soppiantarlo per giustificare la propria identità? La Legge ebraica abolita fa posto alla croce che salva. Così vengono poste le basi per la «elezione» cristiana contro il popolo ebraico condannato ad apparire illegittimo. La «cattolicità» non può sopportare il resto di Israele che non permette al suo presunto universalismo di trionfare. Sì, perché l’Imperium per eccellenza è la Chiesa, la cui espansione, cioè l’evangelizzazione spesso forzata e coatta di interi popoli, ha assunto nei secoli forme imperialistiche e violente.
Da quale pulpito si emettono sentenze sul diritto di Israele ad esistere?
Questo diritto si fonda – è bene chiarirlo – sulla storia del popolo ebraico che, se è sopravvissuto a secoli di esilio, è perché è rimasto legato a Sion, rivolto con la sua speranza a Yerushalaim. Negare la sua storia è come negare la sua esistenza.
Quanto al «peccato originale» di Israele, quello cioè di appropriarsi di una terra non sua, in cui è anzi un intruso, un estraneo, occorre allora rinviare alla Torà. Quale idea è più grandiosa e più attuale, nel mondo della globalizzazione, di quella della «terra promessa» che il popolo ebraico ha donato all’umanità? L’idea di una terra non rivendicata come luogo di origine, come proprietà e possesso dell’autoctono, ma come promessa, non terra-madre, ma terra-sposa, terra verso cui si è in cammino, non per sacralizzarla, certo, ma per santificarla, per costruire una nuova comunità e abitarla, sul modello di Abramo, come «stranieri residenti». È questa – lo sappiamo bene – la responsabilità che attende Israele al suo bordo escatologico, ben più prezioso di ogni altro confine da preservare.
(Fonte: Notiziario Ucei, 25 ottobre 2010)
#4Alberto Pi
MO: SINODO; MUSULMANI MODERATI, VESCOVO LIBANESE HA RAGIONE
(ANSA) – ROMA, 22 OTT – «Noi, musulmani moderati, non ci nascondiamo: ci riteniamo maturi per la critica e per l’autocritica che riteniamo salutari per proporre un nuovo pensiero che si sta già diffondendo tra gli intellettuali
illuminati di molti Paesi arabo-musulmani», ha dichiarato, in un comunicato, Gamal Bouchaib, Presidente del Movimento dei Musulmani Moderati, a proposito dell’intervento al Sinodo vaticano del vescovo libanese Raboula Antoine Beylouni.
«Non possiamo non avere l’onestà – si legge nella nota – diammettere che vi sia un palese rifiuto di applicare i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite e il principio di uguaglianza tra uomo e donna, e che l’accusa di apostasia corrisponda a una condanna a morte. È proprio da questo punto che deve e può ripartire il vero dialogo tra le religioni, improntato ai principi della pace e del rispetto reciproco.«
#5Alberto Pi
MO:SINODO,MESSAGGIO,ONU METTA FINE OCCUPAZIONE ISRAELE
ASSEMBLEA VATICANA, SI APPLICHINO RISOLUZIONI SU CONFINI 1967
(ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 23 OTT – Il Sinodo vaticano sul Medio Oriente, nel suo messaggio finale, chiede all’Onu e alla comunità internazionale di porre fine all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (che prevedevano il ritiro dalle terre invase nel 1967)«I cittadini dei paesi del Medio Oriente – si legge nel testo diffuso oggi dal Vaticano – interpellano la comunità internazionale, in particolare l’Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, e attraverso l’adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all’Occupazione dei differenti territori arabi».
L’assemblea sinodale, a cui partecipano con il Papa tutti i patriarchi e i vescovi mediorientali, si riferisce – secondo quanto ha anche confermato una fonte vaticana – alla risoluzione 242 e alle seguenti del Consiglio di sicurezza del’Onu che chiedevano a Israele il ritiro dai territori occupati nella guerra del 1967. L’accenno «all’occupazione di differenti territori arabi» sembra inoltre includere, seppur implicitamente, le colline del Golan, territorio già siriano e
attualmente sotto controllo militare dello Stato ebraico.
#6Alberto Pi
MO: SINODO; A EBREI, BIBBIA NON GIUSTIFICA INGIUSTIZIE
(ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 23 OTT – Il Sinodo vaticano sul Medio Oriente esorta gli ebrei, nel messaggio finale pubblicato oggi, a non fare della Bibbia «uno strumento a giustificazione delle ingiustizie». Nel testo, approvato
dall’assemblea sinodale, a cui hanno partecipato – insieme al Papa – tutti i patriarchi e i vescovi del Medio Oriente, vi è un paragrafo intitolato «Cooperazione e dialogo con i nostri concittadini ebrei».
«È tempo di impegnarci – esorta il documento sinodale – insieme per una pace sincera, giusta e definitiva. Tutti noi siamo interpellati dalla Parola di Dio. Essa ci invita a ascoltare la voce di Diòche parla di pacé». «Non è permesso – sottolinea il testo – di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell’altro».
«Il concilio Vaticano II – si legge ancora – ha pubblicato il documento Nostra Aetate, riguardante il dialogo con le religioni, con l’ebraismo, l’islam e le altre religioni. Altri documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni
con l’ebraismo. C’è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell’ebraismo. Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi».
#7Alberto Pi
M.O.: SINODO, ONU PONGA FINE A OCCUPAZIONE TERRITORI PALESTINESI
GERUSALEMME DIVENTI CITTÀ SANTA PER LE RELIGIONI
Città del Vaticano, 23 ott. – (Adnkronos) – Dal Sinodo generale
dei vescovi per il Medio Oriente viene un forte appello alle Nazioni Unite affinché contribuiscano a porre fine all’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele. È quanto si legge nel messaggio finale dell’assise presentato questa mattina in Vaticano.
«I cittadini dei paesi del Medio Oriente – si afferma nel testo – interpellano la comunità internazionale, in particolare l’Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l’adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all’Occupazione dei differenti territori arabi».
«Il popolo palestinese – prosegue il testo – potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d’Israele potrà godere della pace e della sicurezza all’interno delle frontiere internazionalmente riconosciute». Quindi «la Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni
ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due
Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno».
#8Alberto Pi
MO: SINODO; NO A ATTI UNILATERALI SU GERUSALEMME
PER CITTÀ SANTA SERVE STATUTO GIUSTO CHE TUTELLI TUTTI
(ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 23 OTT – Il Sinodo vaticano sul Medio Oriente esprime, nel suo messaggio finale, la sua «preoccupazione» per «iniziative unilaterali che rischiano di mutare la demografia e lo statuto di Gerusalemme». Non vengono citati i recenti insediamenti ebraici nella parte est (araba della città), ma il documento rilancia le risoluzioni approvate
dal Consiglio di sicurezza dell’Onu: solo così «la Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni, ebraica, cristiana e musulmana». «Noi speriamo – aggiungono i
vescovi e i patriarchi mediorientali, riuniti in Vaticano con papa Benedetto XVI – che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno».
#9Alberto Pi
M.O: SINODO, NO A INIZIATIVE UNILATERALI CHE MUTANO STATUTO E DEMOGRAFIA GERUSALEMME =
Città del Vaticano, 23 ott. – (Adnkronos) – «Abbiamo meditato sulla situazione di Gerusalemme, la Città Santa. Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto». È quanto affermano i padri sinodali nel messaggio finale del sinodo generale per il Medio Oriente diffuso oggi. Il riferimento è alle politiche israeliane sugli insediamenti e sulle limitazioni imposte ai cittadini arabi.
«Abbiamo analizzato – si legge nel testo conclusivo dell’assise dei vescovi per il Medio Oriente – quanto concerne la situazione sociale e la sicurezza nei nostri paesi del Medio Oriente. Abbiamo avuto coscienza dell’impatto del conflitto israelo-palestinese su tutta la regione, soprattutto sul popolo palestinese che soffre le conseguenze dell’occupazione israeliana: la mancanza di libertà di movimento, il muro di separazione e le barriere militari, i prigionieri politici, la demolizione delle case, la perturbazione della vita economica e sociale e le migliaia di rifugiati».
«Abbiamo riflettuto – affermano ancora i padri sinodali – sulla sofferenza e l’insicurezza nelle quali vivono gli Israeliani. Di fronte a tutto questo, vediamo che una pace giusta e definitiva è l’unico mezzo di salvezza per tutti, per il bene della regione e dei suoi popoli». Quindi il testo prosegue così: «Nelle nostre riunionie nelle nostre preghiere abbiamo riflettuto sulle sofferenze cruente del popolo iracheno. Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati
in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria». Quindi «I padri sinodali hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e le Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza».