Esplosione a un gasdotto verso Israele, è sabotaggio
Il Cairo, 5 Febbraio 2011 – L’esplosione al gasdotto fra Egitto e Israele nella cittadina di El Arish è un atto di sabotaggio. Lo hanno detto fonti del governatorato del nord Sinai, spiegando che l’esplosione di questa mattina non ha provocato ne vittime ne feriti perché l’installazione è distante dal centro abitato. Le fonti hanno spiegato anche che l’incendio che è scoppiato dopo l’esplosione è stato domato.
L’attentato ha fatto saltare in aria il terminal e la condotta nell’area di Sheikh Zuwayed, a 10 chilometri dalla Striscia di Gaza. “Dei sabotatori hanno approfittato della situazione relativa alla sicurezza e e fatto esplodere il gasdotto”, ha annunciato un corrispondente tv, aggiungendo che c’è stata una grande esplosione; il cronista ha accusato i “terroristi” dell’esplosione.
Anche gli abitanti nell’area hanno riferito che c’è stata una grande esplosione e che ci sono fiamme nell’area di el-Arish, nel Sinai.
L’Egitto fornisce quasi il 40% del gas naturale ad Israele e a dicembre quattro aziende israeliane hanno firmato contratti ventennali del valore di 7,7 miliardi di euro per importare il gas. Nei giorni scorsi Israele aveva avvertito del rischio che le crescenti proteste in Egitto potessero avere ripercussioni negative sul suo fabbisogno energetico.
(Fonte: RaiNews24, 5 febbraio 2011)
#1Emanuel Baroz
Egitto: esplosione gasdotto, si sospetta attacco terroristico
Fiamme alte decine di metri sono scaturite da un’esplosione che ha colpito il gasdotto egiziano che si snoda lungo la parte nord della penisola del Sinai e che rifornisce Israele e la Giordania di metano. La televisione di stato dell’Egitto e numerosi testimoni hanno filmato le fiammate visibili a numerosi chilometri di distanza, persino dalla striscia di Gaza. Le autorità parlano di sabotaggio e di un vero e proprio attacco terroristico, forse destinato ad indebolire Israele che dall’Egitto importa il 40% del proprio fabbisogno di gas. Non ci sarebbero vittime o feriti ad el-Arish, dove si trova la derivazione del gasdotto saltata in aria nei pressi di un piccolo aeroporto.
L’incendio iniziale ha causato una reazioni a catena, con una serie di esplosioni che si sono verificate lungo tutta la linea del gasdotto. L’intervento dei tecnici ha permesso di chiudere la linea di fornitura, arginando le fiammate e contenendo i danni. Dopo un paio di ore le fiamme erano totalmente spente. Le condutture del gas trasportano metano da Port Said nel nordest dell’Egitto per i rifornimenti di Israele e Giordania. Al momento non si possono stabilire le conseguenze che l’incidente avrà sulle forniture di questi paesi. Le autorità israeliane confermano che la fornitura di gas da qualche ora, per la chiusura dovuta alla messa in sicurezza del gasdotto. Si è fiduciosi che la fornitura possa riprendere regolarmente tra qualche ora.
Il governatore della regione del Sinai, Adbel Wahab Mabrouk, si dice convinto che l’incidente di oggi sia frutto di un attentato. Accusati i beduini che vivono nella zona, che giò in passato avevano tentato di sabotare il gasdotto in segno di protesta contro il governo che li discrimina. La Tv di stato ha dichiarato che la rivolta in Egitto contro Hosni Mubarak ha reso più facile l’opera di sabotaggio.
http://www.fanpage.it/egitto-esplosione-gasdotto-si-sospetta-attacco-terroristico/
#2Emanuel Baroz
Il nuovo Egitto si presenta con un sabotaggio anti Israele
di Gian Micalessin
Se il buongiorno si vede dal mattino, allora il dopo-Mubarak sembra assai poco roseo. Mentre una piazza senza leader sogna l’ultima spallata i demiurghi del disastro prossimo venturo sono già in azione. Il più chiaro segnale della loro presenza è la lingua di fuoco sospesa sul terminal di El Arish, nel nord del Sinai. Lì corrono le tubature che garantiscono le forniture di gas a Israele. Lì ieri notte un gruppo di terroristi ha fatto saltare le condotte con una potente carica di esplosivo. La notizia fa il paio con quella rilanciata negli Usa da Fox Tv, che parla di un attentato al vice presidente Omar Suleiman messo a segno negli scorsi giorni. L’attentato, non confermato da fonti ufficiali, sarebbe costato la vita a due uomini della scorta. Anche la notizia del gasdotto ha margini d’incertezza. Mentre il governatore di El Arish Abdel Wahab Mabrouk ammette un sabotaggio, i responsabili del gasdotto parlano di semplice incidente. Difficile crederci. Anche perché lo scorso luglio il gasdotto era già stato preso di mira da una banda di beduini. A dar retta a Site, un gruppo privato che tiene sotto controllo i siti integralisti, l’attacco di ieri sarebbe stato innescato da un messaggio internet che invitava «i fratelli beduini del Sinai, Eroi dell’Islam, a colpire con pugno d’acciaio per bloccare i rifornimenti agli israeliani».
La minaccia degli uomini del deserto è uno dei tanti fattori che contribuiscono a delineare scenari assai grigi nel caso di un passaggio di poteri troppo frettoloso. Le tribù beduine – esasperate da un regime che le ha tenute al margine dello sviluppo turistico del Sinai – sono oggi le protagoniste della coltivazione della droga e del contrabbando di armi diretto verso Gaza. Malcontento e predisposizione per le attività illegali, unite ad una perfetta conoscenza del territorio, hanno trasformato i clan del deserto in un naturale centro di reclutamento per Al Qaida.
Non a caso nel Sinai sono stati messi a segno i sanguinosi attentati che tra il 2004 e il 2006 hanno colpito Taba, Sharm el Sheik e Dahab uccidendo decine di turisti. Non a caso il Sinai è oggi una delle zone più a rischio dell’Egitto. Una zona dove solo i ferrei controlli imposti fin qui dai servizi segreti di Omar Suleiman garantiscono il mantenimento della sicurezza. I primi a saperlo sono gli israeliani impegnati da anni, d’intesa con Mubarak e Suleiman, in una guerra segreta per colpire i carichi di armi che attraverso i tunnel di Rafah raggiungono Gaza. E così la prima conseguenza di una mancanza di continuità politica al Cairo potrebbe essere il ritorno dell’esercito israeliano in quella Striscia abbandonata nell’estate del 2005.
L’altra conseguenza, assai più nefasta, è quella di una progressiva irachizzazione dell’Egitto. Un cambio di poteri che non preveda una sostituzione dell’elite di potere lenta e graduale rischia di consentire alla storia di ripetersi. Nel 2003 a Bagdad si decise di sciogliere un esercito di 500mila uomini e di dare il benservito ad un’elite sunnita al potere da trent’anni. Sunniti e militari, pronti inizialmente a collaborare, si trasformarono ben presto in insorti e terroristi. Oggi licenziando in tronco i generali e l’aristocrazia di regime che gestisce commerci, industrie, servizi si rischia non solo di spaccare il Paese, ma di affidarlo a chi non è né in grado di governare, né di garantire la sicurezza del territorio. E a quel punto l’Irak sarebbe ad un passo
(Fonte: il Giornale, 6 febbraio 2011)
#3Emanuel Baroz
08/02/2011 – Secondo la testimonianza delle guardie, l’esplosione al gasdotto egiziano nel Sinai di settimana scorsa sarebbe stata causata da quattro uomini a volto coperto arrivati a bordo di due veicoli. Lo ha detto lunedì il giudice Abdel Nasser el-Tayeb, incaricato delle indagini.
(Fonte: Israele.net)