La decisione del governo israeliano di proseguire nell’opera di costruzione di una cinquantina di palazzine ad est di Gerusalemme, in un’area nota come”E1″, riprendendo così un piano di Yitzhak Rabin, ha scatenato i “soliti” benpensanti nostrani, che ignorando la storia e il contenuto esatto dei testi ufficiali degli Accordi di Oslo del 1993 e delle varie risoluzioni ONU, hanno subito alzato la voce contro Israele, colpevole ai loro occhi di non volere la pace con i palestinesi. Ovviamente non c’è MAI stata una analoga presa di posizione altrettanto dura ed immediata contro il comportamento politico delle leadership palestinesi, o contro il terrorismo palestinese o contro il lancio continuo di razzi dalla Striscia di Gaza su civili israeliani, o contro l’indottrinamento all’odio antiebraico che viene effettuato tramite le televisioni gestite da Hamas e dall’ANP di Abu Mazen (quello moderato…) o contro le dichiarazioni negazioniste dei vari leader palestinesi, ma questa è una storia che purtroppo conosciamo bene. Non stupisce quindi che l’Unione Europea si sia immediatamente schierata contro lo Stato di Israele, seguendo fedelmente lo schema proposto dalla propaganda palestinese. Al mancato stupore però segue l’indignazione per la disparità di trattamento dovuta ad un sempre più evidente pregiudizio antisrealiano insito in chi guida l’UE, pregiudizio che viene smascherato dall’articolo che proproniamo oggi, pubblicato sul sito di Ynetnews il 19 Dicembre 2012. Buona lettura.
Se l’Unione Europea si appiattisce sulla posizione palestinese
di Yochanan Visser
La scorsa settimana i ministri degli esteri dell’Unione Europea hanno adottato una dichiarazione sui recenti sviluppi in quello che definiscono “il processo di pace in Medio Oriente”. Nella dichiarazione, la UE afferma che tutte le parti devono astenersi da atti che possano minare la fiducia reciproca e la fattibilità di una soluzione a due stati. Ma si tratta di una dichiarazione che dimostra quanto la UE abbia perso contatto con realtà israeliana e del conflitto.
Il primo problema è che non c’è alcun processo di pace in corso da quando, nel 2009, la dirigenza palestinese ha deciso di abbandonare i negoziati bilaterali con Israele: una mossa che trova origine in un calcolato cambiamento di strategia nella politica dell’Autorità Palestinese verso Israele. Inoltre, la maggior parte dei paesi della stessa UE hanno a loro volta compromesso le chance di un accordo negoziato sulla soluzione a due stati quando, lo scorso 29 novembre, hanno sostenuto, con il voto a favore o l’astensione, la richiesta unilaterale dell’Autorità Palestinese di riconoscimento statale da parte dell’Onu.
Con quel voto la UE si è resa corresponsabile dell’abrogazione degli Accordi di Oslo. Si legge infatti all’articolo 31 degli Accordi di Oslo: “Nessuna delle parti deve avviare o adottare alcun passo che modifichi lo status giuridico di Cisgiordania e striscia di Gaza prima del risultato dei negoziati per lo status definitivo”. L’Autorità Palestinese ha eluso i negoziati per lo status definitivo per ottenere il riconoscimento di uno stato palestinese da parte del mondo. Si è trattato di un chiaro tentativo di modificare lo status giuridico della Cisgiordania e questo atto unilaterale ha chiaramente minato la fiducia nella buona fede e nel valore degli accordi firmati. Ha anche messo a rischio la relativa calma e il fragile status quo in Cisgiordania, come si è visto chiaramente con la serie di episodi di violenza che si sono verificati nelle ultime due settimane. Non a caso sabato scorso dei palestinesi a Hebron hanno persino annunciato l’inizio di una terza intifada.
Ma c’è di più. Una lettura attenta della dichiarazione dei ministri europei mette in luce come, in tutta evidenza, la UE basa la propria politica su informazioni provenienti da fonti palestinesi e da Ong affiliate con la parte palestinese. Ad esempio, quando parla delle linee di cessate il fuoco in vigore prima della guerra dei sei giorni del 1967, la UE usa la parola “confini”. Questi “confini” erano in realtà linee armistiziali stabilite dopo l’aggressione araba contro Israele del 1948. Sono i palestinesi che parlano di “confini” per rafforzare la loro pretesa sulla totalità della Cisgiordania.
Quando esprime “profondo sgomento” e “forte opposizione” al piano di Israele di sviluppare la cosiddetta area E1 fra Gerusalemme e Ma’ale Adumim, la UE afferma che tale piano “metterebbe a repentaglio la possibilità di uno stato palestinese continuo e praticabile”. La UE ha persino sostenuto che il piano “potrebbe comportare il trasferimento forzato di popolazione civile”. Anche queste sono asserzioni tratte direttamente dalla propaganda dell’Autorità Palestinese.
La realtà dei fatti circa l’area E1 dimostra che il piano non minaccia in alcun modo la continuità di un praticabile stato palestinese. E1 è un’area di 11,7 kmq di colline spoglie e disabitate del Deserto di Giudea, adiacente ai margini orientali di Gerusalemme e collega questa a Ma’ale Adumin, un sobborgo di 40.000 abitanti che sorge 4,5 km a est di Gerusalemme. Ma’ale Adumim fa parte di quegli agglomerati che tutti i governi israeliani, anche quello di Yitzhak Rabin, hanno sempre affermato che resteranno parte di Israele nel quadro di qualunque accordo definitivo coi palestinesi, e lo sviluppo dell’area E1 è necessario per evitare che Gerusalemme torni ad essere una periferica città di frontiera, come fu nel periodo a cavallo del 1948 e fino al 1967 quando era una città spaccata in due e sotto costante attacco.
E1, che fa parte della municipalità di Ma’ale Adumim e si trova in Area C, è stata teatro di incessanti costruzioni abusive da parte palestinesi e furti di terre da parte di tribù beduine. In base agli Accordi di Oslo, nell’Area C Israele mantiene la facoltà di zonizzazione e pianificazione urbanistica. Costruire in E1 non minaccia affatto la continuità dello stato palestinese perché a est di Ma’ale Adumin esistono almeno 15 km di terra che connettono il nord e il sud della Cisgiordania. Israele ha anche sviluppato un progetto per la costruzione di una strada che aggira a est Ma’ale Adumim, collegando direttamente Betlemme a Ramallah. In realtà la nuova strada ridurrà il tempo di percorrenza per i palestinesi. La mappa qui riportata mostra chiaramente che lo sviluppo dell’area E1 non minerebbe affatto la continuità territoriale dello stato palestinese, e che il corridoio di collegamento fra nord e sud della Cisgiordania non è più stretto di quello (ben più lungo) che usavano gli israeliani per spostarsi da nord a sud del loro paese prima del ’67 (e che verosimilmente tornerebbero a usare dopo la nascita dello stato palestinese).
Per quanto riguarda poi l’affermazione della UE che lo sviluppo in E1 potrebbe comportare il trasferimento forzato di popolazione civile, va ricordato che oggi quell’area è quasi completamente disabitata. Gli unici palestinesi che vi si trovano, si sono stabiliti di recente e illegalmente. A questo proposito è anche importante sottolineare che nessuna attività degli insediamenti israeliani ha mai comportato alcun trasferimento di popolazioni palestinesi. La EU inoltre ignora il fatto che l’Autorità Palestinese sta creando fatti compiuti sul terreno a est di Gerusalemme. Nel 2001 l’esponente dell’Olp Faisal Husseini, all’epoca ministro dell’Autorità Palestinese per gli affari di Gerusalemme, affermò che costruire senza permessi nella zona di Gerusalemme era una delle armi dei palestinesi nella lotta contro Israele. Oggi più del 40% delle case a Gerusalemme est sono abusive. Muhammed Nahal, un esperto di pianificazione urbanistica alle dipendenza dell’Autorità Palestinese, elaborò un piano per la costruzione di tre città palestinesi attorno a Gerusalemme allo scopo di circondare i quartieri ebraici. Solo lo scoppio della seconda intifada impedì l’attuazione del piano.
Alla fine della sua dichiarazione sul “processo di pace” in Medio Oriente, la UE esorta ancora una volta alla riconciliazione fra palestinesi come un elemento importante per l’unità del futuro stato palestinese e il raggiungimento di una soluzione a due stati. Al comunicato dei ministri degli esteri riuniti a Bruxelles ha poi fatto seguito una condanna delle “dichiarazioni incendiarie da parte di leader di Hamas che negano il diritto di esistere d’Israele”. Secondo funzionari israeliani, quattro paesi della UE hanno cercato di bloccare persino questa laconica condanna delle “dichiarazioni incendiarie”. Il problema è che non si tratta di semplici dichiarazioni, bensì della politica ufficiale di Hamas.
Hamas è convinta che inesorabili e spietati attacchi contro la popolazione israeliana causeranno prima o poi il collasso della società israeliana e con esso la fine dello stato di Israele. È difficile capire perché la UE veda con favore gli sforzi di riconciliazione fra Autorità Palestinese e Hamas per arrivare alla soluzione a due stati mentre contemporaneamente riconosce che i capi di Hamas esortano alla distruzione di Israele. Il discorso del capo di Hamas Khaled Mashaal durante la sua recente visita a Gaza ha messo in chiaro per l’ennesima volta che Hamas, un’organizzazione terroristica che non riconoscerà mai lo stato di Israele, non può essere interlocutore in qualunque processo di pace. Mashaal, secondo il quale tutto il territorio di ciò che oggi è Israele appartiene ai palestinesi, ha ribadito che Hamas non intende rinunciare o cedere nemmeno un centimetro di tale territorio. Queste dichiarazioni non hanno suscitato una condanna immediata da parte della UE. Anzi, due giorni dopo il discorso di Mashaal la UE ha di nuovo invocato la riconciliazione fra Hamas e Autorità Palestinese come un elemento importante per arrivare a un accordo su una soluzione a due stati. Tutto questo dimostra quanto l’Unione Europea abbia perso il contatto con la realtà del conflitto israelo-palestinese e quanto la politica europea sia influenzata dalla propaganda palestinese.
(Fonte: YnetNews, 19 Dicembre 2012)
#1Emanuel Baroz
24/12/2012 Per la prima volta dallo scorso novembre, un razzo Qassam palestinese è stato lanciato domenica sera dalla striscia di Gaza in direzione della città israeliana Ashkelon. Il razzo è tuttavia ricaduto in territorio palestinese.
24/12/2012 La Commissione elettorale centrale israeliana ha registrato 34 liste in competizione per le elezioni legislative del prossimo 22 gennaio.
24/12/2012 Siria. L’Organizzazione per la Cooperazione Islamica domenica ha denunciato minacce dei ribelli islamisti contro le comunità cristiane in Siria, paventando una svolta confessionale del conflitto interno del paese.
24/12/2012 Da fonti diplomatiche turche si è appreso domenica che Ankara avrebbe ritirato il suo veto sulla cooperazione per la sicurezza tra Nato e Israele.
24/12/2012 Secondo il Sunday Times, i servizi di sicurezza israeliani hanno informato il primo ministro Benjamin Netanyahu che Hamas, su ordine del capo Khaled Mashaal a sua volta imbeccato dall’Iran, si starebbe attrezzando, con l’attivazione di commando terroristici “in sonno”, allo scopo di prendere il controllo dei territori dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania, come fece nella striscia di Gaza con il sanguinoso golpe del 2007. Secondo il quotidiano inglese i rapporti fra Iran e Hamas, dopo un breve raffreddamento a seguito dell’abbandono di Damasco da parte del movimento islamista (sunnita) palestinese, si sarebbero di nuovo rafforzati parallelamente all’indebolirsi della posizione del presidente siriano Bashar Assad.
24/12/2012 Secondo enti locali che ospitano delegazioni internazionali, sono più di 3.000 le persone che hanno potuto recarsi in visita nella striscia di Gaza tra il 27 novembre e il 20 dicembre 2012. Tra queste, numerose delegazioni ufficiali, membri di ong, convogli di solidarietà e semplici cittadini.
24/12/2012 Il livello del lago Kinneret (Tiberiade), la maggiore riserva d’acqua dolce d’Israele, si è alzato di 5 centimetri in 24 ore arrivando a 212,02 metri sotto il livello del mare, vale a dire 3,22 metri sotto il livello d’allarme per il rischio esondazione. Era da vent’anni che non si registrava un innalzamento così importante nel mese di dicembre.
24/12/2012 Le armi chimiche siriane sarebbero ancora al sicuro, anche se il presidente Bashar al-Assad ha perso il controllo su diverse parti del paese. Lo ha detto domenica a radio Galei Tzahal Amos Gilad, direttore dell’Ufficio sicurezza diplomatica del ministero della difesa israeliano.
23/12/2012 La controversa Costituzione egiziana è stata approvata dal 64% circa dei votanti, al termine del secondo turno del referendum che si è tenuto sabato. Ne hanno dato notizia i Fratelli Musulmani e il giornale ufficiale Al-Ahram.
23/12/2012 Parlando dalla sede di Fatah a Ramallah, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha minacciato un ulteriore passo verso la demolizione unilaterale degli Accordi di Oslo (dopo la votazione sullo “stato palestinese” all’Onu senza accordo con Israele): come “rappresaglia” per i piani israeliani di edificazione nella zona E1 tra Gerusalemme e Ma’ale Adumin, Abu Mazen ha minacciato di “sciogliere l’Autorità Palestinese” e “restituirne le chiavi a Israele” costringendolo a gestire la vita dei palestinesi.
23/12/2012 Secondo un sondaggio diffuso venerdì da Radio Kol Israel, se si votasse oggi i partiti Kadima (centro) e Otzma LeIsrael (destra ultra-nazionalista) rischierebbero di non raggiungere il quorum di ingresso alla Knesset. Secondo il sondaggio, la lista Likud-Beiteinu otterrebbe 36 seggi, il Partito Laburista 19, Shas (ortodossi sefarditi) 11, Ebraismo Unito della Torah (ortodossi askenaziti) 6, Patria Ebraica-Unione Nazionale 11, Meretz (sinistra sionista laica) 4, Yesh Atid (di Yair Lapid) 11, il Movimento (di Tzipi Livni) 9, Am Shalem 3, Hadash (comunisti) 4, le liste arabe Balad e Raam-Taal 3 seggi ciascuna.
23/12/2012 Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato venerdì che non intende tollerare che ministri del suo governo incitino i militari alla disobbedienza civile nel caso ricevano l’ordine di sgomberare insediamenti in Giudea e Samaria (Cisgiordania). Sabato sera, in una conferenza stampa il leader nazional-religioso di Patria Ebraica, Naftali Bennett, ha smentito d’aver mai fatto un tale appello all’insubordinazione. “L’ordine di strappare dalla sua terra un villaggio, che sia arabo o ebraico – ha spiegato Bennett – è un attentato ai diritti umani più elementari: si tratterebbe di un dilemma troppo pesante e io prego con tutto il cuore che un tale ordine non venga mai dato. Ma se non ci sarà altra scelta, dico chiaramente: un soldato deve eseguire gli ordini dell’esercito”.
23/12/2012 Fine-settimana di pioggia, in Israele: il lago Kinneret (Tiberiade), la maggiore riserva d’acqua dolce d’Israele, si è alzato di 12 centimetri in 24 ore.
23/12/2012 Siria. Forze ribelli hanno attaccato venerdì una base militare posta a protezione di un complesso militar-industriale nel nord del paese. Secondo un gruppo di ”ribelli”, l’attacco fa parte di un più ampio sforzo per prendere il controllo di vaste aree lungo il confine con la Turchia. Il complesso militar-industriale e la base aerea posta a sua difesa si trovano poco a sud della città di Aleppo e comprenderebbero unità di produzione di missili, siti di lancio e magazzini di armi chimiche.
21/12/2012 Secondo i dati diffusi giovedì dal ministero del turismo, il 2012 si profila come un anno positivo per il turismo in Israele (nonostante le tensioni di novembre) con 3,6 milioni di turisti, contro 2,5 milioni del 2008.
21/12/2012 Stando a un sondaggio del palestinese Jerusalem Media and Communications Center pubblicato giovedì, una netta maggioranza dei palestinesi dichiara di considerare “utile” agli interessi palestinesi sia la mossa unilaterale di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) all’Assemblea Generale dell’Onu per il riconoscimento dello “stato non membro” di Palestina senza accordo con Israele (74,9%), sia i razzi di Hamas lanciati dalla striscia di Gaza sulla popolazione israeliana (74%). Il 51% degli intervistati si dice anche favorevole a una “ripresa delle operazioni militari contro obiettivi israeliani”. Stando allo stesso sondaggio, tuttavia, il 62% dei palestinesi dice anche che bisogna riprendere negoziati con Israele per porre fine al conflitto.
21/12/2012 Il portavoce del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiarito giovedì, con un comunicato, la posizione del governo circa i recenti annunci di piani edilizi: “La costruzioni effettive, decise dal governo israeliano lo scorso 30 novembre, riguardano 3.000 abitazioni, tutte a Gerusalemme o nei blocchi di insediamenti che rimarranno parte di Israele in qualunque futuro accordo di pace. Tutti gli altri annunci relativi ad altri piani edilizi in altri agglomerati di Cisgiordania si riferiscono a diverse fasi di pianificazione che non dipendono dal governo: si tratta di un iter amministrativo che richiede anni. In ogni caso, tale iter per essere completo richiede un decisione specifica del governo prima dell’avvio vero e proprio delle costruzioni”.
21/12/2012 Almeno 75.000 turisti sono attesi in Israele in occasione delle feste di Natale. Le Forze di Difesa hanno annunciato mercoledì che schiereranno ulteriore personale ai posti di controllo fra Gerusalemme e Betlemme (città sotto Autorità Palestinese) al fine di accelerare le procedure e rendere più agevole il transito sicuro di turisti e pellegrini.
21/12/2012 Dopo aver respinto mercoledì la richiesta di invalidare la lista araba Balad e Raam/Taal, giovedì la Commissione elettorale centrale israeliana ha respinto anche la richiesta di invalidare la lista Otzma Le-Israel (Forza d’Israele) di Michael Ben-Ari, e le liste ultra-ortodosse Shas e Yahadut HaTora (accusate di non includere donne fra i candidati).
21/12/2012 L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Ron Prosor, ha inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu denunciando il mancato rispetto della risoluzione 1701, adottata dopo la seconda guerra del Libano (estate 2006), che prevedeva lo smantellamento delle strutture terroristiche di Hezbollah nel Libano meridionale. Prosor ha inoltre esortato le Nazioni Unite a dichiarare Hezbollah organizzazione terroristica.
21/12/2012 Secondo l’amministrazione degli Stati Uniti, questa settimana il governo siriano ha ripreso a lanciare missili Scud su zone del paese passate sotto il controllo dei ribelli. Inviati speciali sul posto hanno detto che i missili hanno colpito a nord di Aleppo, vicino al confine con la Turchia.
21/12/2012 Maikel Nabil Sanad, blogger e militante egiziano per i diritti umani e leader delle manifestazioni di piazza Tahrir contro Mubarak, sarà domenica in Israele per partecipare a un convegno presso l’Università di Gerusalemme. Arrestato nel 2011 in Egitto, Sanad fece uno sciopero della fame di quattro mesi rischiando di morire. La visita di Sanad, forte sostenitore della pace tra Egitto e Israele, è organizzata dall’Istituto Truman dell’Università di Gerusalemme insieme a ”UN Watch”, una Ong con sede a Ginevra.
21/12/2012 Stando a un sondaggio condotto dal Dahaf Institute per il Centro Affari Pubblici di Gerusalemme, il 76% dei cittadini israeliani (e l’83% degli ebrei israeliani) ritiene che un ritiro di Israele sulle linee del 1967 non porrebbe fine al conflitto e non porterebbe alla pace. Il 59% degli intervistati dice che cambierebbe intenzione di voto se la lista prescelta si dovesse esprimere a favore di un ritorno della Cisgiordania alla Giordania (che la occupava prima del ’67), mentre il 69% farebbe lo stesso se la lista prescelta si dichiarasse a favore di concessioni su Gerusalemme (rispettivamente il 59% del totale e il 78% degli intervistati ebrei).
21/12/2012 Dennis Ross, ex consigliere di Bill Clinton per gli affari del Medio Oriente, intervenendo mercoledì ad un convegno presso il Menachem Begin Center di Gerusalemme ha consigliato di “credere al presidente degli Stati Uniti” quando pone un ultimatum al nucleare iraniano. “Quando Obama dice che non sta bluffando, dice la verità – ha spiegato Ross – Se la diplomazia fallisce, gli Stati Uniti useranno la forza”.
(Fonte: Israele.net)
#2Daniel
Abu Mazen: sciolgo l’Anp se Israele va avanti con le colonie
“Non faremo la guardia alla sicurezza di Israele”
ROMA, 22 dic. – Il Presidente palestinese Abu Mazen ha dichiarato oggi di essere pronto a sciogliere l’Autorità nazionale palestinese se Israele porterà avanti il suo progetto di costruire nuovi insediamenti nei Territori palestinesi . E’ quanto riporta oggi l’agenzia di stampa cinese Xinua, citando una “fonte ben informata” palestinese.
Stando a quanto riferito dalla fonte, Abu Mazen ha detto oggi al Consiglio consultivo di Fatah che potrebbe “consegnare le chiavi dell’Anp al premier israeliano Benjamin Netanyahu”, sottolineato l’assurdità di guidare un’autorità priva di potere. Il Presidente avrebbe quindi aggiunto: “Non faremo la guardia alla sicurezza di Israele e non saremo mai uno strumento nelle mani di Israele per portare avanti i suoi piani nei territori palestinesi”.
(TMNews, 22 dicembre 2012)
#3Daniel
Due terzi degli israeliani contrari a uno stato palestinese in Cisgiordania
La metà degli israeliani inoltre è favorevole alla costruzione di nuovi insediamenti nei pressi di Gerusalemme Est
Due terzi degli israeliani si oppongono alla creazione di uno stato smilitarizzato palestinese in Cisgiordania. Secondo i risultati di un sondaggio dell’istituto Maagar Mohot pubblicati oggi sul quotidiano Maariv, il 66% degli israeliani ha detto di essere contrario e solo l’11% a favore.
La metà degli intervistati, il 51%, ha detto inoltre di appoggiare la scelta di costruire nuove abitazioni nella zona della Cisgiordania denominata E1, che collega la parte occupata di Gerusalemme est all’insediamento di coloni di Maaleh Adumim.
Solo il 9% degli israeliani si oppone, il restante 40% è indeciso.
Quando manca un mese alle elezioni del 22 gennaio, i partiti della destra nazionalista continuano a registrare un solido sostegno nei sondaggi: il partito Likud del premier Benjamin Netanyahu è accreditato di 37 dei 120 seggi; i laburisti sono fermi a 20 seggi, mentre gli ultranazionalisti favorevoli a nuovi insediamenti Jewish Home salgono a 12 seggi; l’opposizione centrista di Kadima è a 28 seggi, mentre il nuovo partito HaTnuah di Tzipi Livni è fermo a 9 seggi. Più in generale il sondaggio vede il blocco della destra a 69 seggi, contro 41 per il centrosinistra.
Il sondaggio è stato condotto su un campione di 511 persone il 19 e 20 dicembre. Il margine di errore è del 4,5%.
(Today, 21 dicembre 2012)
#4Daniel
Il patriarca latino di Gerusalemme sostiene la creazione della Palestina
Il capo della Chiesa cattolica in Gerusalemme monsignor Fuad Thwala ha sostenuto l’idea della creazione dello Stato palestinese. Il patriarca latino ha dichiarato che questo Natale “può essere la celebrazione della nascita di Gesù e della nascita dello Stato di Palestina” . Le parole di Fuad Thwala sono state pronunciate alla processione di Betlemme.
(La Voce della Russia, 25 dicembre 2012)
#5Emanuel Baroz
17.12.12 – Dopo che l’editoriale del New York Times del 2 dicembre si era scagliato contro Israele per i progetti di costruzione nella zona E-1 (fra Gerusalemme e Ma’ale Adumim), domenica il giornale ha pubblicato una rettifica in cui riconosce che “tale sviluppo non taglierebbe fuori Ramallah e Betlemme da Gerusalemme, né dividerebbe in due la Cisgiordania” e dunque “tecnicamente non renderebbe impossibile la continuità territoriale dello stato palestinese”.
(Fonte: Israele.net)
#6l’ecclesiaste
bisogna chiedere il permesso agli invasori di costruire in casa propria. Ma la parte dell’articolo che fa veramente sbellicare è quella in cui si parla del furto di terra israeliana da parte dei palestinesi e dei beduini. Orwell impallidirebe. Quanto al trasferimento di popolazione, ovvero alla deportazione, basta dire che sono terroristi e gli si possono spianare le case e costruircene altre da dare ad ebrei (nelle colonie ci sono solo ebrei, neanche arabi israeliani), o dire che ci sono tunnel, o qualsiasi cosa. Ma tanto i risultati si vedono: oltre agli usa ormai solo le isole palau e la micronesia appoggiano israele. Vedremo allorchè gli americani si stancheranno di giocarsi la faccia per israele, e se decidessero magari di astenersi alla votazione di sanzioni. Gli equilibri mondiali stanno cambiando.
#7Emanuel Baroz
l’aspetto più interessante dei commenti come il tuo è che si basa solo su pregiudizio e non sulla conoscenza dei fatti. Non che mi sorprenda eh? Ormai siamo abituati qui a leggere commenti basati sulla propaganda palestinese
#8robdic
Fantastica questa delle isole palau, dove si trovano, dalle parti di s. Teresa di Gallura? Oltre che gran demente lei, ecclesiaste, e’ pure ignorante. Del resto non poteva essere altrimenti, visto il tenore dei suoi commenti. La invito nuovamente a frequentare i minus habens (trovi qualcuno della sua cerchia che le spieghi che vuol dire, se ci riesce) come lei.
#9paola scarpa
mi dispiace …..ma non mi arrendo ho scoperto che da un nuovo libro appena pubblicat (elenco dei cognomi ebrei italiani…o qualcosa di simile) scarpa e’ di origine ebraica …..io ho letteralmente esultato e pianto …e’ una vita che mi dicevo , ma perche’ non ho origine semita?sara’ un filo che si perde nella venezia dei primi secoli dopo Cristo, e mi riprometto con la mia famiglia che faro’ indagini piu’ approfondite…si perche’ per noi e’ un totale vanto : siamo evangelici pentecostali da due generazioni , totalmente sionisti, mia mamma quando si converti cantava una canzone che ho scoperto solo 3 anni fa e’ l’inno nazionale di Israele…..la sinistra italiani in testa e’ antisionista, ma sono quattro gatti …avete una vaga idea di quanti sono gli evangelici nel mondo? sapete la crescita esponenziale delle chiese evangeliche nel mondo? sapete , avete una vaga idea della montagna di aiuti economici che le chiese evangeliche danno a Israele ? un nuovo evangelico ed ecco un nuovo sionista……se toccano Israele si mobilitera’ una massa enorme di fanatici evangelici che al confronto hamas avra’ da impallidire…..sicuramente le profezie bibliche si stanno avverando ….ma Israele non ha solo nemici, ma ha amici molto forti , in crescita e superconvinti….Gesu’ in testa
#10Emanuel Baroz
La verità sugli insediamenti in West Bank che anche l’Onu finge di ignorare
di Niram Ferretti
Una questione spinosa, quella degli insediamenti colonici nella West Bank (Giudea e Samaria). Anche qui, la storia e i fatti incastonati al suo interno ci vengono in aiuto per fare un po’ di luce sulle mistificazioni e le leggende.
Dobbiamo fare un giro di manovella e tornare all’epoca del mandato britannico della Palestina. Il diritto degli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria fa riferimento alle disposizioni britanniche emanate all’epoca, secondo le quali gli ebrei avevano gli stessi diritti di insediarsi in Giudea e Samaria di quanti ne avessero di insediarsi a Haifa, Tel Aviv e Gerusalemme. Il mandato britannico affermava “Il legame storico del popolo ebraico con la Palestina e le basi per ricostruire il loro domicilio nazionale in quel paese”.
“Molti credono”, ha scritto Eugene W. Rostow, uno degli architetti della Risoluzione 242, “che il mandato palestinese ha avuto termine nel 1947 quando il governo britannico si dimise da potentato mandatario. Errato. Un accordo non cessa quando il fiduciario muore, si dimette, sottrae la proprietà affidata o è licenziato. L’autorità responsabile dell’accordo nomina un nuovo fiduciario o in alternativa dispone per l’adempimento dell’accordo…In Palestina il mandato britannico ha cessato di essere operativo relativamente ai territori di Israele e della Giordania quando questi due stati vennero creati e riconosciuti dalla comunità internazionale. Ma le sue normative sono ancora effettive relativamente alla West Bank e alla Striscia di Gaza (n.b. il testo è del 1990), le quali non sono ancora state allocate a Israele, la Giordania o a uno stato indipendente“.
Dunque secondo Rostow e non solo secondo lui, gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria godono della legittimità conferita loro all’epoca del mandato britannico fino a quando non vi sarà una risoluzione negoziale che determinerà lo statuto legale definitivo dei territori in oggetto. Cosa che di fatto non è ancora avvenuta.
Diamo un’occhiata alla Quarta Convenzione di Ginevra e all’articolo 49 che da essa promana, “Deportazioni, trasferimenti, evacuazioni”. Articolo che secondo molti è esplicitamente violato da Israele all’interno dei territori occupati relativamente agli insediamenti che vi si trovano. L’articolo, il cui scopo è la protezione dei civili durante lo stato di guerra, proibisce a un potere occupante la deportazione e il trasferimento della propria popolazione civile all’interno del territorio che esso occupa. Tuttavia i coloni sono volontari. Israele non ha mai trasferito forzatamente alcun cittadino israeliano all’interno della West Bank. La Convenzione non proibisce ad alcun cittadino di scegliere il proprio luogo di residenza. Inoltre la Convenzione fa esplicito riferimento ad azioni perpetrate all’interno del territorio di qualcun altro. E’ un punto fondamentale. La West Bank non è il territorio di un potere assegnatario ma la parte “non allocata” del mandato britannico. Ne consegue che, seppure l’articolo 49 possa essere invocato per prevenire gli insediamenti durante il periodo dell’occupazione, esso non può mettere fine ai diritti conferiti dal mandato britannico. Tali diritti possono cessare (di nuovo) unicamente dal momento in cui vi sia una risoluzione negoziale tra le parti in causa. In altre parole, la creazione di una nuova entità statale.
E’ buona cosa ricordare ai tanti che difendono il diritto dei palestinesi alla propria autodeterminazione che precedentemente al 1967 non vi era alcun riconoscimento internazionale di sovranità sia su i territori della Striscia sia su quelli della West Bank. Non può quindi essere affermato su alcuna base legale che tali territori sono di diritto dei palestinesi. Non essendo mai stato affermato precedentemente al 1948 né antecedentemente al 1967.
Molti degli insediamenti (non tutti, ma numerosi) sono stati stabiliti su siti che erano già stati domicilio della popolazione ebraica durante le generazioni precedenti. Hebron è un esempio classico. Gush Etzion venne fondato nel 1948 su terreni comprati negli anni venti. Questo diritto degli ebrei di risiedere nei territori oggi considerati occupati venne, come già scritto, conferito dal mandato britannico e riconosciuto nel 1922 dalla Lega delle Nazioni. Solo nel 1948-1967 gli insediamenti vennero proibiti quando la Giordania invase la Samaria e la Giudea.
Relativamente alla risoluzione 242, che gli arabi, hanno cercato di strumentalizzare a loro esclusivo vantaggio tentando di renderla un testo ambiguo, è sempre Eugene W. Rostow, tra coloro i quali contribuirono a redigerla, a scrivere relativamente alla auspicata negoziazione tra le parti, “A Israele è richiesto di ritirare le proprie forze armate ‘da territori’ occupati durante la Guerra dei Sei Giorni, non ‘dai territori’ né da ‘tutti i territori’” Ne consegue che la risoluzione 242 non obbliga affatto Israele a riconoscere piena sovranità a un futuro stato palestinese su tutta la Giudea e la Samaria.
Nel 1979, in relazione ai negoziati di pace con l’Egitto, Israele si ritirò dal Sinai, il quale, infatti, non aveva mai fatto parte del mandato britannico.
Tutto ciò non significa legittimare lo status-quo. Significa tuttavia de-mistificare la leggenda che afferma che la Giudea e la Samaria siano di diritto dei palestinesi, quando non lo sono mai state, e che sarebbero state loro sottratte da Israele, il quale illegalmente occupa i suddetti territori. Significa de-mistificare l’altra leggenda la quale afferma che gli insediamenti ebraici all’interno dei suddetti territori non hanno alcuna ragione di esistere.
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