Quell’agenzia Onu che vorrebbe cancellare Israele dalla carta geografica
L’ambasciatore d’Israele all’Onu, Ron Prosor, ha inoltrato mercoledì una formale denuncia al Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, contro Ann Dismorr, direttrice in Libano dell’UNRWA, l’agenzia Onu per l’assistenza ai profughi palestinesi.
All’inizio di questo mese, infatti, in occasione di una cerimonia ufficiale per l’avvio di un progetto in Libano, finanziato dalla Germania, la direttrice dell’UNRWA si è fatta fotografare accanto a una grande mappa dell’intera area che va dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, intitolata “Palestina araba”, dalla quale Israele risultava totalmente cancellato.
“Non occorre un master in geografia per capire che una mappa del Medio Oriente che omette qualsiasi riferimento all’esistenza dello stato di Israele è una vergogna – scrive Prosor nella lettera – Non può essere che un organismo internazionale come l’UNRWA, che dovrebbe rimanere neutrale, si faccia parte di una provocazione volta a cancellare Israele dalla carta geografica”.
Nella lettera Prosor chiede al Segretario generale delle Nazioni Unite di indagare e condannare il comportamento della direttrice dell’UNRWA, sottolineando come esso costituisca “una prova ulteriore del fatto che vi sono rappresentanti delle Nazioni Unite che si schierano attivamente con una parte del conflitto e incoraggiano provocazioni che non fanno altro che accrescere odio e ignoranza”.
La mappa in questione reca in evidenza una bandiera palestinese accanto al titolo “Palestina araba” e riporta i nomi di varie località sia di Cisgiordania e striscia di Gaza che israeliane (Negev, Beer-Sheva, Rafah, Hebron, Betlemme, Gerusalemme, Giaffa, Haifa, San Giovanni d’Acri, Tiberiade, Mar Morto). La mappa riporta anche i nomi dei paesi circostanti (Egitto, Giordania, Siria e Libano), ma di Israele nessuna traccia.
Il progetto dell’UNRWA in Libano, sponsorizzato dalla Germania per un valore di circa 4,5 milioni dollari, mira a risanare la rete di approvvigionamento idrico il sistema di rifugi nel campo palestinese di Rashidieh. Il sito web dell’UNRWA riferisce che alla cerimonia erano presenti “diversi esponenti libanesi e palestinesi di alto rango”.
Creata nel 1949 per assistere i profughi palestinesi (e i loro discendenti), l’UNRWA è stata più volte criticata da Israele e Stati Uniti e per aver fatto più danni che benefici con la sua missione volta a perpetuare, anziché risolvere, il problema dei profughi, a differenza dell’Alto Commissario per i Rifugiati, l’organismo Onu che si occupa di tutte le altre comunità di profughi nel mondo.
L’UNRWA è stata anche più volte criticata per il suo sostegno di fatto a organizzazioni terroristiche. Alcuni anni fa, ad esempio, l’allora capo dell’UNRWA Peter Hansen venne fortemente biasimato per aver detto: “Vi sono membri di Hamas a libro paga dell’UNRWA e non vedo come ciò possa essere considerato un delitto”. Nel corso del 2010 il governo canadese ha interrotto i finanziamenti all’UNRWA, spiegando che gli stessi fondi sarebbero stati trasferiti a progetti più responsabili e controllabili.
(Fonte: Times of Israel, 15 Maggio 2013)
Nella foto in alto: Ann Dismorr, direttrice in Libano dell’UNRWA, mentre posa sorridente accanto alla mappa denominata “Palestina araba” nella quale non compare lo Stato di Israele
#1Emanuel Baroz
Palestina, aiuti umanitari e ONG: un business milionario
di Miriam Bolaffi
Qualche settimana fa abbiamo pubblicato un report (http://www.rightsreporter.org/palestina-scomparso-un-mare-di-soldi/) dove segnalavamo che erano spariti un mare di soldi dagli aiuti umanitari e per lo sviluppo destinati alla Palestina e gestiti dalla ANP. Ora ci vogliamo concentrare sul grande “business umanitario” che gira intorno alla questione palestinese partendo dai soldi che costa a noi europei, cioè partendo dai soldi donati dall’Unione Europea (e quindi da noi) alla ANP, ad Hamas e alle tante ONG che operano da quelle parti.
Ci siamo sempre chiesti come mai le ONG che operano in Cisgiordania, a Gaza e persino in Israele avessero un comportamento anomalo rispetto al concetto stesso di “Organizzazione Non Governativa” che vorrebbe queste organizzazioni apolitiche e mai schierate. Avevamo qualche sospetto che dietro a questo comportamento ci fossero interessi prettamente economici oltre ad un odio ingiustificabile verso l’unica democrazia in Medio Oriente, Israele, ma fino ad ora i dati pubblici dei fondi destinati alle ONG erano praticamente introvabili e anche ora le omissioni sono tante (per esempio le specifiche e le rendicontazioni dei progetti sono introvabili o custodite come segreti di Stato). Tuttavia ora siamo in grado di farci almeno una idea del “business umanitario” che ruota attorno alla questione palestinese.
Partiamo dai dati ufficiali (fonte Unione Europea): secondo i dati diffusi dall’Unione Europea, nel 2012 la Palestina ha ricevuto dalla UE qualcosa come 156 milioni di Euro destinati alle sole spese ricorrenti della Autorità Nazionale Palestinese (ANP). Nel 2013 l’Unione Europea ha già inviato alla ANP 168 milioni di Euro per lo stesso motivo (spese ricorrenti della ANP) e siamo solo a maggio. Questi “spiccioli” vengono erogati attraverso il meccanismo PEGASE (Mécanisme Palestino-Européen de Gestion de l’Aide Socio-Economique) che poi altro non è che “il meccanismo europeo per sostenere l’Autorità Palestinese nel raggiungimento delle finalità della riforma triennale denominata Palestinian Reform and Development Plan (PRDP) avviata nel 2008” (alla faccia del triennio). Solo che i programmi di sviluppo sono conteggiati a parte ed esulano dal meccanismo PEGASE. L’Unione Europea individua tre settori chiave per lo sviluppo della Palestina:
– stato di Diritto che include anche il supporto alla giustizia e alla sicurezza
– settore privato e commerciale
– infrastrutture, in particolare quelle dedicate all’acqua
vediamo allora quanto ha sborsato l’Unione Europea nel 2012 per questi tre settori. 11 milioni di Euro per la ricostruzione del settore privato; 25 milioni di Euro per lo sviluppo delle infrastrutture nella Striscia di Gaza e nella zona C; 27,5 milioni di Euro per la costruzione istituzionale e per progetti a sostegno dell’Autorità palestinese; 8 milioni di Euro per progetti a Gerusalemme est. L’Unione Europea prevede che nel 2013 questi numeri saranno “rafforzati” mentre el priorità rimarranno le stesse.
Finito qui? Nemmeno per idea. Ci sono poi i cosiddetti “rifugiati palestinesi” che, come sappiamo, sono rifugiati solo per l’UNRWA ma non per il Diritto Internazionale (http://www.francolondei.it/rifugiati-palestinesi-dagli-usa-finalmente-chiarezza/). Negli ultimi due anni l’Unione Europea ha versato direttamente nelle casse del UNRWA la somma di 80 milioni di Euro diventando così il primo donatore dell’organismo Onu dedicato ai palestinesi. Questo finanziamento è utilizzato per coprire i servizi e i programmi di base dell’UNRWA nei settori della sanità, dell’istruzione e dei servizi sociali ed è essenzialmente utilizzato per pagare gli stipendi per gli insegnanti, medici e operatori sociali attivi nei campi profughi.
Siete impressionati? Beh, lasciate stare perché non abbiamo ancora finito. Adesso arriva il bello. Dovete sapere che siccome a Bruxelles non erano contenti di tutti questi soldi (che spariscono sistematicamente nel nulla) hanno pensato bene di aggiungere “fondi aggiuntivi” destinati a programmi di sviluppo tematici da destinare più che altro alle ONG. Per programmi di “sicurezza alimentare” (che dovrebbero spiegare cosa significa) sono stati spesi 11 milioni di euro sia nel 2011 che nel 2012 per un totale di 22 milioni di euro in due anni. Per i “programmi per la pace” (sic) sono stati stanziati 10 milioni di euro sia nel 2011 che nel 2012 (altre 20 milioni di euro in due anni). Per l’assistenza umanitaria l’Unione Europea ha stanziato nel 2012 la cifra di 42 milioni di Euro dati in gestione a ECHO e quindi alle ONG. Un supplemento ai fondi aggiuntivi è stato destinato dalla UE alla UNRWA per progetti alimentari e di sviluppo per un totale di 24 milioni di euro nel periodo che va dal 2007 al 2013. Nel corso dell’anno corrente (2013) per far fronte alla impennata dei prezzi l’Unione Europea dovrebbe stanziare sempre a favore della UNRWA la somma di 40 milioni di ero già accantonati per il periodo 2009 / 2011. Nel 2012 altri 7,5 milioni di euro sono stati stanziati sempre a favore della UNRWA per progetti a Gaza, mentre ECHO sempre per progetti a Gaza ha beneficiato di altri 16,7 milioni di euro.
Ora, se non sbaglio i conti stiamo parlando di 647,2 milioni di euro (ai quali andrebbero aggiunte le somme che ogni Stato destina alla Palestina singolarmente). Di questi più di un terzo (oltre 250 milioni di Euro) sono destinati attraverso varie strade alle ONG (soprattutto attraverso ECHO e l’UNRWA) per progetti che difficilmente qualcuno controlla (gli unici che fanno controlli sono quelli di ECHO). Il risultato è che il tanto sbandierato sviluppo in Palestina non si vede nonostante i tantissimi milioni di Euro stanziati dalla UE. Le ONG tendono a dare la colpa di tutto questo a Israele (il muro, le colonie, ecc. ecc.) e intanto continuano a prendere soldi senza sviluppare niente. Come mai? Qualcuno è in grado di spiegare tutto questo? Qualcuno sa dirmi perché centinaia di migliaia di euro destinati alle ONG per progetti di sviluppo non sortiscono alcun effetto?
E’ possibile allora parlare di “business umanitario” senza scadere nel complottismo? E’ possibile sospettare che a molti di questi “organismi umanitari” (non tutti, ce ne sono anche di seri) convenga che la situazione in Palestina non cambi? Qualcuno sa spiegarmi perché le priorità umanitarie di Gaza (e relativi stanziamenti) si basano ancora su un rapporto scritto nel 2009 (http://ec.europa.eu/europeaid/where/neighbourhood/country-cooperation/palestine/tim/documents/final_report_version6_t1.pdf) quando tutti sanno che la situazione a Gaza è oggi completamente diversa?
In un momento in cui a causa della crisi globale i fondi destinati allo sviluppo sono stati drasticamente tagliati da tutti gli organismi mondiali, gli unici a non avere alcun problema a reperire fondi sono le organizzazioni che operano in Palestina. E spesso per arrivare al loro obbiettivo (l’accesso ai fondi) non esitano a diffondere notizie false e faziose finendo così per alimentare odio ingiustificato nei confronti di Israele al solo scopo di avere enormi benefici economici. Per capirlo basterebbe fare una comparazione con i fondi destinati ad altre aree dove la situazione è molto (ma molto) peggiore di quella in Palestina, come alcune aree africane interessate da conflitti violentissimi e da una situazione di povertà assoluta. Se si pensa poi che ci sono ONG che operano unicamente in Palestina si capisce come il “business umanitario” palestinese non sia pari a nessuno.
Fino ad oggi in tanti si chiedevano dove prendessero i soldi tutte quelle organizzazioni che operano in Cisgiordania e a Gaza, da dove provenissero i fondi che alimentano le tante campagne di disinformazione contro Israele. Adesso lo sappiamo. Per buona parte sono soldi nostri.
http://www.rightsreporter.org/palestina-aiuti-umanitari-e-ong-un-business-milionario-report/
#2Emanuel Baroz
Rifugiati palestinesi: dagli USA finalmente chiarezza
5 giugno 2012
by Franco Londei
Finalmente arriva un po’ di chiarezza sui presunti rifugiati palestinesi e, a sorpresa, arriva dagli USA dove un emendamento al vaglio del Senato demolisce il falso mito della UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees) e dei “milioni di rifugiati palestinesi”.
L’emendamento, proposto dal senatore repubblicano dell’Illinois, Mark Kirk, punta a fare (giustamente) distinzione tra “veri profughi” così come li intende l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu (UNHCR) e i “finti profughi” che comprendono anche i discendenti di quelli originali, fatto unico in tutto il mondo. Secondo lo studio allegato all’emendamento i veri profughi palestinesi sarebbero solo 30.000 in luogo dei 5/6 milioni propagandati dalla ANP e dalla UNRWA. Lo scopo dell’emendamento è quello di devolvere gli stanziamenti del Senato Americano unicamente a chi ne ha Diritto, cioè ai veri profughi e non a quelli che illegalmente hanno acquisito questo “diritto” alla nascita.
Già in passato Secondo Protocollo aveva affrontato il problema dei numeri dei profughi palestinesi e avevamo spiegato come detto numero invece di diminuire nel corso degli anni, come avviene in qualsiasi altra parte del mondo, sia in effetti lievitato a dismisura proprio a causa del “diritto acquisito alla nascita” di essere considerati rifugiati da parte dei palestinesi. Una anomalia che ha fatto fallire decine di colloqui di pace con Israele a causa della assurda pretesa da parte dei palestinesi di far rientrare tutti questi milioni di individui che nulla hanno a che fare con i veri profughi se non per il fatto di essere loro discendenti.
L’emendamento promosso al Senato USA ha scatenato, com’era prevedibile, la violenta reazione dei palestinesi che sono arrivati a minacciare “gravissime conseguenze” e una “sollevazione di massa” da parte dei finti profughi con il rischio di destabilizzare i Paesi che gli ospitano. Secondo Ghaith Al-Omari, ex consigliere della politica estera di Abu Mazen, affossa definitivamente qualsiasi tentativo di riprendere i colloqui di pace con Israele.
In realtà, facendo finalmente e ufficialmente chiarezza, si dovrebbe togliere di mezzo uno dei cavalli di battaglia palestinesi che fino ad oggi ha di fatto impedito che si arrivasse a qualsiasi accordo di pace con Israele. Solo che per i palestinesi vorrebbe dire non solo perdere una montagna di soldi, ma soprattutto la demolizione del mito della UNRWA e di quello dei profughi che fino ad oggi ha permesso loro di impantanare la nascita di due Stati per due popoli, concetto che sebbene le dichiarazioni a favore, non è mai piaciuto agli arabi che invece vorrebbero uno Stato binazionale anche se non lo ammettono. Non solo, per gli Stati che ospitano attualmente i finti profughi palestinesi vorrebbe dire essere messi davanti alla necessità di dare a questa gente uno status legale se non addirittura una cittadinanza e questo nesusno lo vuole anche perché memori dei problemi che proprio i palestinesi hanno dato in passato (Libano e Giordania per tutti). Fino ad oggi, con la scusa che sono “rifugiati”, nessuno degli Stati ospitanti ha riconosciuto ai palestinesi alcuno status giuridico nella speranza di poterli appioppare a Israele, ma se passerà finalmente il concetto legale che si attua da ogni altra parte del mondo, il problema si porrà in tutta la sua devastante drammaticità. Solo che il problema è di competenza araba e non israeliana, questo deve essere chiaro una volta per tutte. Solo così si potrà arrivare finalmente alla pace con Israele, sempre che sia questo l’obbiettivo arabo (anche se ne dubitiamo assai).
http://www.francolondei.it/rifugiati-palestinesi-dagli-usa-finalmente-chiarezza/
#3Emanuel Baroz
Gaza: una prigione… dorata
http://www.ilborghesino.blogspot.it/2013/05/gaza-una-prigione-dorata.html