Il “silenzio umanitario” su Hamas

 
Emanuel Baroz
29 luglio 2014
4 commenti

Il “silenzio umanitario” su Hamas

Studioso spiega come le ONG sfruttano ideologicamente il diritto internazionale per demonizzare Israele

di Giovanni Matteo Quer*

palestina-gaza-diritti-umani-hamas-focus-on-israelLe dichiarazioni delle ONG internazionali e italiane sul recente conflitto armato a Gaza contribuiscono alla demonizzazione di Israele attraverso la distorsione della realtà e l’uso politico del diritto per avanzare il boicottaggio anti-israeliano. L’ossessiva attenzione verso Israele e le false accuse di violazione del diritto internazionale umanitario sono accompagnate da un totale silenzio sulla condotta di Hamas, che viola i diritti umani dei palestinesi, sistematicamente usati come scudi umani, e sulla situazione della popolazione civile israeliana, oggetto di indiscriminati attacchi da Gaza

Già prima dell’operazione militare israeliana “Protective Edge” lanciata l’8 luglio, le ONG hanno condannato l’intervento militare israeliano finalizzato al ritrovamento dei tre ragazzi israeliani rapiti e ritrovati morti, come “punizione collettiva”. Secondo l’ONG “Nexus”, legata alla CGIL, la distruzione di Hamas comporterebbe anche la distruzione “di ogni speranza di soluzione politica tra le parti”. Sulla stessa linea anche Pax Christi Italia, associazione cattolica che sostiene di avanzare la pace, condannando Israele per presunte devastazioni e non esprimendosi sulle attività terroristiche di Hamas.

Come dimostrano gli studi del centro di ricerca NGO Monitor, l’uso politico delle espressioni giuridiche è la tecnica più comune nella demonizzazione di Israele, che distorce i concetti del diritto internazionale, omettendo di evidenziare l’illegalità delle azioni compiute da Hamas e la legittimità degli attacchi a obiettivi civili usati a fini militari. Su una base ideologica anti-israeliana, le ONG politicizzate spesso formulano accuse di attacchi indiscriminati sui civili e sui luoghi di culto, ignorando che nel momento in cui Hamas li usa come basi di lancio di missili su Israele, divengono obiettivi militari legittimi. Al Mezan, ONG palestinese, B’Tselem, ONG israeliana estremamente politicizzata, accusano Israele di colpire obiettivi militari illegittimi; Amnesty International riporta una serie di accuse infondate su sistematiche violazioni del diritto internazionale umanitario; Human Rights Watch accusa Israele di gravi violazioni del diritto internazionale. Queste false accuse ignorano il diritto alla difesa di Israele così come il complicato processo decisionale dell’esercito, che nella pianificazione di un attacco include anche la consultazione di un esperto di diritto internazionale proprio sulla legittimità di un obiettivo

Alle accuse rivolte a Israele segue il completo silenzio sulla condotta di Hamas, che viola sistematicamente le norme internazionali sui conflitti armati e i diritti dei palestinesi. Il lancio di missili da aree civili densamente popolate e l’uso dei civili come scudi umani sono gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra e dei diritti umani della popolazione palestinese, esposta alle controffensive militari israeliane, che le ONG non considerano. Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, esorta la popolazione a ignorare gli avvisi israeliani di un imminente attacco per impedirne le operazioni militari. Si ignora anche che gli incessanti attacchi missilistici costituiscono una chiara violazione delle norme sui conflitti armati

La parzialità delle dichiarazioni delle ONG è palese considerando il completo silenzio sulla situazione israeliana. Da residente a Tel Aviv e recandomi al lavoro a Gerusalemme, vivo ogni giorno l’esperienza delle sirene che annunciano l’imminente arrivo di un missile da Gaza. Così come amici e colleghi che vivono nel sud di Israele, la zona più colpita, con ormai oltre 2000 missili lanciati in tre settimane. Ma la visione ideologica del conflitto spinge attivisti pro-palestinesi, come Samantha Comizzoli dell’International Solidarity Movement, a definire i razzi – “missili della resistenza” – e Israele – “un mostro nazista”

Infine, il conflitto armato pare essere l’occasione per molte ONG di avanzare l’agenda politica del boicottaggio contro Israele. Molte organizzazioni firmatarie della campagna BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni), come l’italiana “Un Ponte Per…”, hanno lanciato un appello per imporre un embargo a Israele, invitando il governo italiano a ritirarsi dall’accordo militare con Israele che comprende la fornitura di sistemi militari all’aviazione israeliana, considerata una violazione degli accordi internazionali e della legislazione interna. Queste stesse ONG hanno esortato Israele a terminare l’embargo imposto a Gaza, il cui scopo è proprio impedire che Hamas si armi per attaccare le città israeliane. Definendo “l’occupazione” come la fonte principale della crisi umanitaria palestinese, nonostante Israele si sia ritirata da Gaza nel 2005, gli attivisti dei diritti umani omettono di ricordare che Israele, pur conducendo un’operazione militare a Gaza, non ha interrotto il flusso di aiuti umanitari in una zona “nemica”

L’uso politico del diritto internazionale da parte delle ONG internazionali e italiane è funzionale all’avanzamento dell’agenda politica anti-israeliana che dipinge Israele come la causa del conflitto armato. Inoltre, dall’apparente neutralità dei diritti umani e della cooperazione internazionale, che sottace le violazioni di Hamas contro israeliani e palestinesi, emerge una chiara proiezione ideologica che demonizza e incita al boicottaggio di Israele. L’obiettivo politico delle ONG è di riportare all’adozione di un secondo “rapporto Goldstone“, che nel 2009 ha falsamente accusato Israele di crimini di guerra, come dimostra la rettifica dello stesso giudice Goldstone allora presidente della commissione ONU. Il Consiglio dei Diritti Umani ha votato la settimana scorsa un’altra risoluzione per l’ennesima commissione di indagine che, esposta alla faziosità delle ONG, rischia di arrivare a conclusioni anti-israeliane

La distorsione dei fatti, la falsificazione giuridica e l’omissione di una parte del conflitto testimoniano un invertimento del giudizio politico, che equipara la violenza di Hamas, volta a distruggere Israele come da sua carta costitutiva e come più volte dichiarato dai suoi leader, attaccando indiscriminatamente i cittadini israeliani, e il ricorso alla forza di Israele, che è l’esercizio dell’autodifesa e del dovere di difendere i propri cittadini volto a neutralizzare la forza militare di un’organizzazione terroristica

Il governo italiano e l’Unione Europea pagano gran parte di questa propaganda, attraverso il finanziamento pubblico alle ONG politicizzate, il che conferma la necessità di fermare il flusso di denaro che finanzia la propaganda anti-israeliana.

* L’autore è fellow presso il centro di ricerca NGO Monitor e fellow al Forum Europa, Università Ebraica di
Gerusalemme

(Fonte: Il Foglio, 28 Luglio 2014)

Nella foto in alto: l’utilizzo di Hamas di scudi umani, in palese violazione dei diritti umani dei “fratelli” palestinesi

 

Categorie: Hamas, ONG, pregiudizio antisraeliano, Striscia di Gaza, Terrorismo
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  • #1Emanuel Baroz

    Israele contro tutti

    Hamas attacca, Obama cala le braghe. Riprendono bombardamenti e raid. Il diktat di Barack per una tregua coi terroristi finisce in un fiasco.

    di Carlo Panella

    Ieri Hamas ha portato a segno una strage colpendo con un colpo di mortaio la città israeliana di Eshkol uccidendo 4 civili e ferendone 10. Contemporaneamente, razzi di Hamas hanno colpito un ospedale al Shifa di Gaza e un campo profughi uccidendo molti civili, tra cui una decina di bambini. Un commando di palestinesi è penetrato da un tunnel oltre il confine ma è stato distrutto dall’esercito israeliano.

    Nessuna tregua dunque, mentre si amplia la clamorosa rottura dell’Amministrazione Obama non solo con Israele, ma anche con l’Egitto e addirittura con l’Arabia Saudita. J.F. Kerry infatti deciso di abbandonare il Cairo e Ryad, storici pilastri dell’alleanza tra Stati Uniti e Paesi arabi e di sposare le tesi oltranziste del Qatar e del turco Erdogan, sponsor ufficiali di Hamas, presentando una proposta di tregua che assegnerebbe in toto la vittoria a quest’ultima, le permetterebbe di riprendere a lanciare razzi quando lo deciderà e lascerebbe Israele sotto la minaccia permanente di una aggressione. La proposta di Kerry ha dell’incredibile. Obbliga Israele a fermare subito la distruzione dei micidiali tunnel che nascondono l’arsenale di Hamas e permettono le infiltrazioni in Israele. Kerry peraltro non nomina mai Hamas e nemmeno l’Egitto. Una dimenticanza non casuale perché secondo la sua demenziale proposta non l’Egitto, ma il Qatar e la Turchia dovrebbero vigilare sul cessate il fuoco. Dunque, Erdogan, che ha paragonato Israele a Hitler e incita Hamas a proseguire la “sua giusta guerra” si vede riconoscere ora dal messo di Obama la possibilità di aiutare Hamas a riprendere il prima possibile le sue aggressioni. Il tutto, senza che nel documento di Kerry vi sia solo un vago cenno alla sicurezza di Israele.

    Come è ovvio, quando Obama ha telefonato a Netanyhau per perorare l’accettazione di questa capitolazione è stato trattato a male parole. Con tutta evidenza, infatti Kerry non ha agito da solo, ma ha concretizzato gli input di un Obama che pretende ora una tregua immediata, senza offrire nessuna garanzia a Israele perché rifiuta di comprendere la ragione di questa guerra. Questo, perché si rifiuta di vedere l’evidenza: Hamas rifiuta Israele non per ragioni di territorio, ma per antisemitismo su base religiosa. Perché vuole distruggerla. D’altronde Obama si rifiuta anche di prendere atto del fatto che il terrorismo ha radici nel fondamentalismo islamico e che non è costituito da bande criminali da contrastare solo – come ha fatto – con gli “omicidi mirati”. Una cecità totale che peraltro distrugge il residuo prestigio degli Usa presso i governi del Cairo e Ryad. Minacciosi sono infatti i silenzi sul piano Kerry sia dell’Egitto – che spalleggia Israele distruggendo i tunnel di Hamas – sia dell’Arabia Saudita. Da due anni le relazioni tra Ryad e il Qatar sono pessime e ora i sauditi scoprono che Kerry ha deciso di fare asse proprio con il loro avversario del Qatar per fermare la guerra di Gaza. Proprio quel Qatar che ovunque appoggia e arma le peggiori formazioni oltranziste – non solo Hamas – come le milizie di Misurata che stanno mettendo a ferro e fuoco l’aeroporto di Tripoli in Libia e che fa da capofila di quei Fratelli Musulmani che i sauditi e gli egiziani considerano il principale avversario. Persino Abu Mazen si è scagliato contro la proposta di Kerry che elimina dalla scena i suoi sponsor dell’Egitto e Arabia Saudita, che rafforza la partnership tra Hamas Qatar e Turchia e che quindi lo indebolisce direttamente.

    Un capolavoro di scelte sbagliate che ha portato, come titola Haaretz, il quotidiano progressista israeliano pur molto critico nei confronti di Netanyhau, al «Fiasco di Kerry». È evidente peraltro che questa drammatica e folle “svolta” degli Usa non è attribuibile a Kerry ma è voluta da un Obama che ha fatto prprio domenica un assurdo documento dell’Onu che chiede a Israele di fermarsi, senza darle nulla in cambio. Durissimo Netanyhau anche contro l’Onu: «La dichiarazione non affronta il danno ai civili israeliani, né il fatto che Hamas trasforma i civili di Gaza in scudi umani. Hamas continua a sparare anche ora ai civili israeliani. Israele continuerà a occuparsi dei tunnel terroristici, un primo passo verso la demilitarizzazione. Israele ha accolto per tre volte le richieste Onu di una tregua umanitaria, ma Hamas le ha violate tutte».

    (Fonte: Libero, 29 Luglio 2014)

    30 Lug 2014, 11:34 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    Scrittori e altra bella gente scatenata contro Israele e “il popolo eletto”

    di Giulio Meotti

    Il giornale è il Mundo, che ha contribuito a modellare la storia recente della Spagna, il secondo quotidiano del paese, il secondo sito internet in Europa, il primo al mondo in lingua spagnola. L’autore è Antonio Gala, venerato maestro delle lettere iberiche, classe 1920, premio León Felipe per la democrazia. Il titolo dell’articolo è “Los elegidos?”. Gli eletti?

    Siamo a livelli di rottura insopportabili delle convenzioni polemiche. Parlando di Gaza, lo scrittore Gala prende di mira il popolo ebraico tout court e dice che ha meritato l’espulsione dalla Spagna del 1492. “Non è strano che siano stati espulsi così di frequente”, scrive Gala degli ebrei. “Ciò che sorprende è che persistano. O essi non sono buoni, oppure qualcosa li avvelena. (…) Adesso devi soffrire i loro abusi a Gaza”. L’autore di “Petra regalada” spiega che “il popolo ebraico avrebbe potuto fare del bene all’umanità”, ma “non sono fatti per coesistere”. Gala evoca, a dimostrazione della presenza di una lobby ebraica mondiale, anche “una invisibile comunità di sangue”. L’editoriale di Gala fa parte di una impressionante campagna di delegittimazione di Israele che da settimane domina sulla grande stampa europea. In una lettera al Mundo, il presidente della comunità ebraica di Madrid, David Hatchwell, ha detto che ricorrerà alle azioni legali per “proteggerci con vigore”.

    Intanto, registi blasonati come Mike Leigh e Ken Loach e sei premi Nobel (Desmond Tutu, Betty Williams, Jody Williams, Adolfo Pérez Esquivel, Mairead Maguire e Rigoberta Menchò) invitano a boicottare Israele come venne fatto con l’apartheid. Lo spagnolo Almodovar denuncia il “genocidio” israeliano a Gaza. Appelli contro lo stato ebraico sono promossi da scrittori come l’autrice del best-seller “Il colore viola” Alice Walker, il premio Pulitzer Chris Hedges, l’ex direttore generale dell’Unesco Federico Mayor Zaragoza, la regista Mira Nair e il filosofo Slavoj Zizek, nichilista sloveno che si porta bene nell’alta società.

    Al Fringe Festival di Edimburgo non andranno i ballerini israeliani della Ben Gurion University nel Negev. Quel Negev bersagliato dai missili di Hamas. Non ci andranno perché sono arrivate richieste di boicottare l’evento “in segno di protesta contro l’offensiva militare israeliana a Gaza”. E il boicottaggio ha vinto. La scorsa settimana, una lettera aperta firmata da oltre cinquanta personalità della cultura, tra cui la poetessa nazionale di Scozia, Liz Lochhead, ha chiesto e ottenuto che un altro show, “The City”, prodotto sempre da una compagnia israeliana, venisse annullato. Particolarmente virulento l’attacco a Israele da parte dello scrittore americano Lawrence Weschler, per vent’anni redattore del New Yorker. Weschler attacca gli israeliani che “confinano 1,8 milioni di abitanti di Gaza all’interno di quello che potrebbe essere descritto come un campo di concentramento”. Weschler paragona Gaza alla città sudafricana di Soweto, il ghetto nero costruito dagli architetti dell’apartheid e simbolo della rivolta contro il regime razzista del Sudafrica. O peggio, “a Dachau e Theresienstadt”.

    Accostamenti fra il sionismo e il nazismo non si contano sui media del mainstream europeo.

    Anche il giornale inglese Guardian ha pubblicato un appello per boicottare Israele: “Israele sta razionando tutto ciò che entra a Gaza, dalle calorie alla letteratura. Questa non è una guerra, ma una spedizione punitiva, l’attacco di un potente stato militare, armato e sostenuto dall’occidente, contro dei poveri, assediati e sfollati. Dobbiamo intensificare il nostro boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni, in una campagna internazionale per porre fine all’impunità di Israele”. Il celebre scrittore Iain Banks di recente ha annunciato che i suoi romanzi non saranno più pubblicati in Israele. E’ una guerra culturale ai fondamenti dello stato ebraico.

    Sul quotidiano francese Libération, lo scrittore e filosofo Michael Smadja ieri giustificava così il terrorismo di Hamas: “Se fossi nato Gaza, avrei fatto parte di Hamas. E senza dubbio, sarei disposto a fare qualsiasi cosa per fermare quella che mi sembrerebbe una cieca oppressione”.

    Sta destando scandalo negli ambienti politici britannici il messaggio di un parlamentare liberal-democratico in coalizione con i Tory di David Cameron, David Ward, che ha scritto: “La grande domanda, se io vivessi a Gaza, è se sparerei un razzo. Probabilmente sì”. Intanto Tesco, la principale catena di supermercati del Regno Unito, da ieri non venderà più prodotti israeliani dei Territori. “Servizio clienti Tesco. Se state chiamando per informazioni sui prodotti da Israele, siete pregati di digitare 1”. Così accoglie i clienti il risponditore automatico del gigante inglese. Riecheggia il vecchio motto “Kauft nicht bei Juden”. Non comprate dagli ebrei.

    Fra le promotrici del boicottaggio la drammaturga inglese Caryl Churchill, una presenza fissa al Royal Court Theater di Londra, nella cui pièce “Sette bambini ebrei” mette in bocca queste parole a un israeliano: “Dille che non m’importa se li abbiamo spazzati via. Dille che noi sappiamo odiare meglio. Dille che siamo il popolo eletto”. Los elegidos. Il marchio dell’odio.

    (Fonte: Il Foglio, 30 luglio 2014)

    30 Lug 2014, 11:34 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    La conta dei morti a Gaza non torna

    Hamas e l’Onu danno le stesse cifre: due terzi di vittime “civili”. Rapporti israeliani indipendenti le rovesciano. “I civili sono meno di un terzo”. Intanto Gerusalemme si prepara per un “Goldstone 2”.

    di Giulio Meotti

    Con le sue vittime civili e l’assedio a un sito umanitario, il bombardamento della scuola dell’Onu a Beit Hanun rimarrà una delle immagini simbolo dell’ultima guerra di Gaza. Ma una inchiesta, scriveva ieri il New York Times, avrebbe chiarito che a colpire la scuola non è stata l’artiglieria di Tsahal. Sarebbe stato, piuttosto, un missile di Hamas lanciato male. Sono già cento, infatti, i razzi “sbagliati” dei terroristi palestinesi caduti dentro la Striscia di Gaza. Secondo l’esercito israeliano, due di questi ieri sono caduti su un ospedale e su un campo profughi. Sempre ieri, quattro civili israeliani sono stati uccisi da un colpo di mortaio, nove le vittime tra i soldati. Eppure, come ha scritto ieri Alan Dershowitz, “i media adorano la conta dei cadaveri. E’ molto più facile contare che spiegare. E Hamas lo sa. Ecco perché utilizza quella che è ormai nota coma ‘la strategia del bambino morto'”.

    Le statistiche fornite dalla dirigenza palestinese parlano di oltre mille vittime, di cui il 75 per cento civili. Il Palazzo di vetro concorda sulle proporzioni. Secondo lo UN’s Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, domenica erano 999 i morti palestinesi, di cui 760 civili. E’ sempre difficile fare una analisi delle vittime a conflitto in corso, specie in una guerra asimmetrica come quella di Gaza, dove i terroristi non hanno età, spesso nome e non indossano divise militari. Per “Piombo fuso” ci sono volute settimane prima di accertare che due terzi dei caduti palestinesi erano terroristi (Hamas aveva presentato cifre opposte). Ci ha provato però il Meir Amit Intelligence and Information Center, un ente indipendente israeliano. Al 23 luglio, i morti erano 775. Di questi “soltanto” 267 civili. “Molte delle cifre palestinesi, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali non valgono la carta su cui sono scritte”, dice Reuven Erlich, direttore del Meit Amir. Più di due terzi delle vittime sono maschi adulti fra i diciotto e i sessant’anni. “I dati del ministero della Sanità di Gaza non spiegano chi viene considerato ‘miliziano’, ‘terrorista’ o ‘civile’. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisogna fare un lavoro molto approfondito”. Nome per nome.

    Ci ha provato però il Meir Amit Intelligence and Information Center, un ente indipendente israeliano. Al 23 luglio, i morti erano 775. Di questi “soltanto” 267 civili. “Molte delle cifre palestinesi, dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali non valgono la carta su cui sono scritte”, dice Reuven Erlich, direttore del Meit Amir. Più di due terzi delle vittime sono maschi adulti fra i diciotto e i sessant’anni. “I dati del ministero della Sanità di Gaza non spiegano chi viene considerato ‘miliziano’, ‘terrorista’ o ‘civile’. Per sapere quante delle vittime erano terroristi e quante erano civili bisogna fare un lavoro molto approfondito”. Nome per nome.

    Uno studio del Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America spiega invece che le donne costituiscono “soltanto” il dodici per cento delle vittime totali di Gaza. I maschi sotto i quindici anni, sebbene costituiscano metà della popolazione totale della Striscia, rappresentano il tredici per cento delle vittime dei bombardamenti israeliani. Dunque, rapporti israeliani indipendenti raccontano un’altra storia, composta da tragiche vittime civili, ma soprattutto da oltre due terzi di caduti che appartenevano alle organizzazioni terroristiche, Hamas e Jihad islamico in testa.

    Si apre, nel frattempo, il capitolo più delicato per Israele. La guerra legale all’Onu e alla Corte dell’Aia, dove i palestinesi sono da poco entrati. Si teme l’arrivo di un “Goldstone 2”, dal nome del giudice sudafricano che nel 2009 accusò Israele di crimini di guerra paragonandolo a Hamas, salvo poi rimangiarsi l’accusa in una clamorosa rettifica sul Washington Post. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ieri ha parlato di una “kangaroo court” che a Ginevra si occuperà della guerra di Gaza, per accusare Gerusalemme.

    Ieri è uscita una nota del ministero dell’Interno di Hamas rivolta a ospedali, giornali, tv e social network: “Chiunque venga ucciso o martirizzato va chiamato ‘civile’, prima di qualsiasi status nel jihad. Non dimenticate di aggiungere ‘civile innocente’ nelle descrizioni di coloro che vengono uccisi dagli israeliani”. E’ in questa prestidigitazione della guerra, in cui verità e menzogna si confondono per sempre, che Israele sta perdendo la sua battaglia più importante, quella dell’opinione pubblica. Ieri ong europee lanciavano questo allarme, a dir poco sinistro: “Israele ha ucciso più bambini che terroristi”.

    Le accuse del sangue contro il popolo ebraico, si sa, sono sempre state dure a morire.

    (Fonte: Il Foglio, 29 Luglio 2014)

    30 Lug 2014, 11:35 Rispondi|Quota
  • #4Frank

    Le ONG che lavorano in MO sono sempre state le nemiche di Israele. Quello che mi meraviglia e non trovo giusto che i paesi UE li foraggiano a suon di milioni di $ , sapendo che fanno il gioco dei terroristi e difendono territori che pullula di terrorismo e con l’ideologia di annientare Israele. I media naturalmente collaborano con queste ONG, per discreditare Israele. Comunque il Governo d’Israele deve sapere che non attaccano obiettivi civili (usati però da Hamas), vengono sempre considerati criminili e mostro nazista. Certo é triste sentire e vedere cosa viene scritto contro IDF, ma penso un giorno verrà tutto a galla queste calunnie internazionali.

    30 Lug 2014, 14:17 Rispondi|Quota