«Allah, uccidili tutti!»
Il sermone contro gli ebrei dell’imam di San Donà di Piave. Il discorso in un video ripreso nella moschea del paese in provincia di Venezia. Il presidente della Comunità islamica: non c’ero, ma ha detto una cosa normale
di Fausto Carioti
Gli ebrei devono morire. Tutti, «fino all’ultimo, senza risparmiare uno solo di loro». Questo renderebbe «felici» i musulmani. Parole dell’imam Abd Al-Barr Al-Rawdhi, pronunciate durante la «khutba», il sermone del venerdì, davanti a qualche centinaio di fedeli, tra i quali diversi bambini.
Nessuno dei presenti s’indigna. Qualcuno annuisce, tutti sembrano accogliere quelle parole come se fossero le più normali del mondo. Una madrassa dell’Afghanistan? Un tempio islamico del Pakistan? No. Una delle tante moschee dell’Italistan: quella di San Donà di Piave, provincia di Venezia.
Il video che lo testimonia è stato pubblicato martedì 29 luglio, per raccontare cosa avviene in certi luoghi di culto dell’islam italiano, sul sito del Middle East media research institute (Memri.org), organizzazione che ha la sede principale a Washington ed è vicina alla causa israeliana. Non è stato filmato dal Memri: i ricercatori dell’istituto lo hanno trovato nei siti della propaganda islamista.
L’omelia assassina appare ispirata ai recenti scontri in Israele e nella striscia di Gaza. Il predicatore parla in arabo, ma le sue parole sono sottotitolate in inglese e la traduzione è stata confermata a Libero da un esperto. Il video, che potrebbe essere stato girato venerdì 25 luglio, in queste ore è oggetto di attenta valutazione da parte degli esperti dell’Antiterrorismo del Viminale. In quel filmato lungo un minuto e 20 secondi Abd Al-Barr Al-Rawdhi, rivolto ai fedeli, chiede: «Cosa possiamo attenderci da costoro», ovvero gli ebrei, «i cui cuori sono più duri della pietra? Cosa possiamo attenderci da persone le cui mani sono sporche del sangue dei profeti, per non parlare di quello della gente indifesa ed innocente?». Segue, dopo poco, l’invocazione allo sterminio: «Oh Allah, porta su di loro ciò che ci renderà felici Oh Allah, contali uno ad uno e uccidili fino all’ultimo. Non risparmiare uno solo di loro. Trasforma il loro cibo in veleno, l’aria che respirano in calore ardente, riempi di dolore il loro sonno e rendi neri i loro giorni. Oh Allah, pianta la paura nei loro cuori». Parole che rientrano nelle fattispecie previste dalla legge Mancino, che all’articolo 1 punisce «con la reclusione sino a tre anni chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».
Alle ore 13.02 di ieri un collaboratore di Libero ha contattato telefonicamente il presidente della Comunità islamica di San Donà di Piave, Khamel Layachi, per avere conferme su quanto pare essere avvenuto nella sua moschea. Khamel Layachi non ha dato chiarimenti sul ruolo di Abd Al-Barr Al-Rawdi, se sia cioè un predicatore stabile o si trovasse lì soltanto di passaggio, sostenendo che la cosa «non importa». Khamel Layachi non ha confermato né smentito che un simile sermone sia stato pronunciato nella moschea di San Donà di Piave, limitandosi a dire «io non ho visto il video e non ero presente». Non pare però trovare niente di scandaloso nel contenuto di quella predica. «Lei sa quanti sono i predicatori, musulmani e non musulmani, che in giro per il mondo maledicono Israele?», ha detto al nostro collaboratore. Dinanzi all’obiezione che la predica non riguardava lo Stato di Israele, ma tutti gli ebrei (e dunque, implicitamente, anche quelli italiani), Khamel Layachi ha proseguito dicendo che «non è una novità questa, non so perché si scandalizzi». Simili prediche, sostiene il presidente della Comunità islamica di San Donà di Piave, sono infatti prassi normale sul nostro territorio: «Anche in Italia succede ogni giorno. Ha visto in televisione cosa sta facendo Israele nei confronti dei palestinesi? Lei mi chiede come mai questo imam parla così male degli ebrei e prega contro di loro e non dice nemmeno mezza parola per i mille e settecento palestinesi uccisi».
Sulla pagina Facebook della Comunità islamica di San Donà di Piave lo stesso Khamel Layachi scrive che «il dialogo interreligioso ed interculturale, la legalità, la partecipazione sociale e la cittadinanza attiva» sono «valori forti dell’agire quotidiano» della comunità stessa. E ancora che i musulmani del Veneto «vogliono consegnare alle generazioni future una città migliore, rispettosa della persona umana e dei suoi diritti inviolabili». La moschea di San Donà di Piave finì all’attenzione delle cronache già nel luglio del 2012, quando l’ex imam Ahmad Chaddad, noto per il suo radicalismo di matrice salafita, fu arrestato perché accusato di immigrazione clandestina e per avere inviato soldi sospetti all’estero.
(Fonte: Libero, 5 Agosto 2014)
Thanks to Progetto Dreyfus
Nell’immagine in alto: un estratto del video pubblicato dal sito Memri.org il 29 Luglio scorso
#1Emanuel Baroz
Il sermone dell’imam: “Ebrei a morte”
Nella moschea di San Donà del Piave l’incitazione all’odio. E le immagini fanno il giro del web. Guarda il video
di Gian Micalessin
«Allah contali uno a uno e uccidili fino all’ultimo, non risparmiarne neppure uno». L’invettiva contro il popolo ebraico non riecheggia da una moschea di Gaza, ma dalle mura della moschea di San Donà del Piave.
A pronunciarla, sotto gli occhi indifferenti dei fedeli, è lo sceicco Abd Al Barr Al Rawdhi, arrivato nella cittadina del Veneto – distante una trentina di chilometri da Venezia – per celebrare la preghiera dello scorso venerdì.
Le immagini dell’inquietante sermone in arabo girano da ieri su internet, diffuse da Memri, un centro di ricerca filo-israeliano basato a Washington e specializzato nell’analisi e traduzione della stampa araba e islamica. Nel filmato, ripreso probabilmente con una telecamerina nascosta, si vedono un’ottantina di islamici allineati su corsie di moquette verde in un’ampia sala. L’imam – secondo Memri lo sceicco Abd Al Barr Al Rawdhi – parla da un piccolo pulpito appoggiato su una scaletta di quattro o cinque gradini.
Da lì partono parole di fuoco contro un popolo accusato di avere «il cuore più duro della pietra». Un popolo colpevole secondo l’imam di «aver sparso il sangue dei profeti» e di «gente innocente». Un popolo che merita per questo di «essere incatenato e maledetto». Dopo queste premesse l’imam pronuncia l’invocazione centrale, cuore di tutto il sermone. «Allah contali uno ad uno e uccidili tutti fino all’ultimo. Non risparmiarne neppure uno. Fai diventare il loro cibo veleno, trasforma in fiamme l’aria che respirano. Rendi i loro sonni inquieti e i loro giorni tetri. Inietta il terrore nei loro cuori». Un messaggio in sintonia con i trascorsi di una moschea dove secondo il presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto, già sindaco di San Donà di Piave dal 2003 al 2013, la «presenza di elementi radicali era stata più volte segnalata».
La moschea realizzata riadattando un ampio appartamento, affittato da un privato al locale centro islamico, si trova all’interno del perimetro di un centro commerciale appartenuto in passato alle Coop. «Durante il mio mandato di sindaco – ricorda Zaccariotto – avevo ricevuto numerosissime segnalazioni su attività sospette che avevamo provveduto a girare sia ai vigili urbani sia ai carabinieri senza però riuscire a raccogliere elementi sufficienti per ottenere la chiusura del centro». Minimizza (ma conferma l’episodio) Kamel Layachi, ex leader del centro islamico: «Parole fuori contesto, non bisogna fraintendere».
Nel 2012 le indagini su un giro di estorsioni ai danni di immigrati costretti a «donare» denaro convogliato su conti correnti siriani, libanesi o sauditi e utilizzato per favorire le entrate illegali in Italia aveva però portato all’arresto di quattro siriani tra cui Ahmad Chaddad, imam della moschea di San Donà fino al 2009. I quattro, arrestati a Vicenza dopo un’inchiesta condotta dalla Digos di Venezia, erano accusati di aver raccolto circa un milione e mezzo di euro utilizzati – secondo le ipotesi investigative – anche per finanziare attività eversive. Le indagini erano partite dalle segnalazioni di alcuni immigrati che si erano presentati in Questura denunciando le aggressioni e le vessazioni subite per mano del gruppo guidato da Chaddad. L’ex imam era già noto agli inquirenti per gli stretti contatti con Arman Ahmed El Hissini Helmy, alias Abu Imad, l’omologo della moschea milanese di viale Yenner, condannato a tre anni e otto mesi per favoreggiamento del terrorismo.
E tra le relazioni pericolose dell’ex imam di San Donà non mancava il «collega» di Como Ben Hassine Mohamed Senoussi, espulso dall’Italia per la sua presunta attività di proselitismo illegale.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/sermone-dellimam-ebrei-morte-1042953.html
#2HaDaR
OVVIAMENTE, i governanti italiani, e tutti gli irresponsabili buonisti facilitatori dei malvagi che chiamano “poverini”, sono SICURI che fra tutti quelli a cui mandano la Marina Militare a far da Taxi, non ci siano quelli che prima o poi lo fanno…