Hamas prende in giro tutti. Scavano già i nuovi tunnel
Infranta la tregua stipulata con Israele, lo dimostra un video trasmesso da Al Jazeera. La denuncia di un ministro palestinese: aiuti umanitari rivenduti per finanziare i terroristi.
di Michael Sfaradi
GERUSALEMME – Che l’operazione “Margine Protettivo” sia stata interrotta prima di raggiungere risultati concreti contro Hamas è ormai un fatto assodato e in Israele è già in corso il toto-guerra sulla data in cui l’organizzazione terroristica ricomincerà a lanciare missili. Basandosi su questi presupposti il servizio andato in onda qualche giorno fa su Al-Jazeera almeno in Israele non ha fatto scalpore. Semmai è ulteriore benzina alle critiche nei confronti del governo israeliano che ha ceduto ancora una volta alle pressioni internazionali. Nelle immagini del servizio si vede il giornalista che viene bendato e poi portato all’interno di un tunnel in costruzione situato presumibilmente nei pressi del confine con Israele. Le descrizioni del tunnel e delle condizioni di lavoro con cui viene realizzato sono precise e il reporter avanza mentre la telecamera spazia nello stretto cunicolo dove si vede l’ampio uso del cemento che doveva essere invece destinato alla costruzione di edifici civili.
II tunnel non è completo è c’è anche il tempo per far vedere i lavori in corso e intervistare il terrorista di Hamas che descrive la scena come se si trattasse di una grande opera di ingegneria, poi, alla fine, la domanda di rito, e cioè l’obbiettivo del tunnel. La risposta, data con tutta l’enfasi possibile è suonata come l’ennesima dichiarazione di guerra «Questi tunnel saranno pronti per la prossima battaglia». E sì, è proprio questa la notizia vera del servizio, lo scoop: nonostante i bombardamenti, nonostante il cessate il fuoco permanente in corso, Hamas ha ripreso, anzi non ha mai terminato, di scavare i suoi tunnel, attraverso i quali passano le armi e i missili con cui bombardano Israele.
II servizio finisce poi nei pressi di in un altro tunnel, che è un punto di lancio dei missili anticarro Kornet e con le immancabili immagini che mostrano l’abilità con cui vengono preparate le rampe di lancio e i razzi puntati contro i civili israeliani. Da questi tunnel poi passa anche il contrabbando, e non ultimo gli aiuti umanitari “rubati”. II 5 settembre scorso, durante un’intervista alla televisione dell’Anp, il Primo Ministro del governo di unità nazionale palestinese Rami Hamdallah ha dichiarato: «Il governo palestinese ha saputo che molti aiuti umanitari non sono mai giunti a destinazione. Generi di tutti i tipi sono conservati nei magazzini e non sono mai stati distribuiti alla popolazione ma ne hanno beneficiato solo ad alcuni gruppi protetti politicamente. L’entità degli aiuti che arrivano a Gaza da tutto il mondo è enorme e nella Striscia c’è una grande eccedenza di prodotti alimentari. Le medicine inviate sono più del necessario e non distribuite. Io vi dico che ci sono più medicine a Gaza che in tutta la Cisgiordania. Finora chiunque voglia dare una mano e rafforzare Gaza non sa cosa succede veramente nella Striscia. Ci sono dei ministri di cui abbiamo perso ogni controllo». Che Hamas facesse mercato nero degli aiuti umanitari non è una novita, il “pizzo” terroristico era stato a più riprese denunciato, e sempre inascoltato, dalle autorità israeliane.
Ora però la notizia è stata confermata da un appello pubblico ad Hamas, da parte dei vertici del governo palestinese, che chiede di distribuire il cibo e medicinali fermi nei magazzini alle classi più povere. Ma anche in questo caso pertò la notizia è passata in sordina in tutto l’occidente. Le cronache di guerra hanno riempito le prime pagine di tutti i giornali, ma quando gli aiuti umanitari per i sopravissuti diventano merce al mercato nero il silenzio complice e colpevole dell’occidente è assordante.
(Fonte: Libero, 11 Settembre 2014)
#1Emanuel Baroz
Gaza: Ismail Haniyeh certifica il fallimento della tregua con Israele
di Sarah F.
In una conferenza stampa avvenuta questa mattina a Gaza, il capo di Hamas nella Striscia di Gaza, Ismail Haniyeh, ha detto che Hamas non ha alcuna intenzione di disarmare e di smilitarizzare la Striscia di Gaza né tantomeno di lasciarla sotto il controllo della ANP.
«La resistenza armata è legittima – ha detto Haniyeh – e fino a quando la Palestina non sarà libera Hamas continuerà a fare resistenza armata con ogni mezzo disponibile».
Ismail Haniyeh ha poi duramente criticato il leader della ANP, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), accusandolo di connivenza con il nemico e invitandolo a rivedere la sua politica di collaborazione con Israele.
Oggi Ismail Haniyeh ha quindi, di fatto, rinnegato qualsiasi accordo raggiunto per il cessate il fuoco che vede proprio nella smilitarizzazione di Gaza uno dei suoi punti cardine e, nei fatti, ha annunciato quello che tutti già sapevano, cioè che Hamas non ha alcuna intenzione né di lasciare la Striscia di Gaza né di abbandonare il terrorismo contro Israele. Ismail Haniyeh ha certificato ufficialmente il fallimento della tregua raggiunta meno di un mese fa e ha confermato i timori espressi da Lieberman e da altri ministri sulla opportunità o meno di fermare l’attacco a Gaza.
Ora ci chiediamo se sia il caso di continuare con questa farsa, di aiutare Hamas a riarmarsi con lo scudo degli aiuti umanitari, oppure se non sia il caso di chiudere definitivamente la partita con i terroristi infischiandosene dell’opinione pubblica internazionale e mettendo avanti a tutto il bene della popolazione di Israele.
http://www.rightsreporter.org/gaza-ismail-haniyeh-certifica-il-fallimento-della-tregua-con-israele/
#2Emanuel Baroz
La nuova rivoluzionaria strategia di Hamas e delle ONG per distruggere Israele
di Noemi Cabitza
ONG e Hamas, un connubio tanto incredibile quanto reale. Fino ad oggi sono state le ONG straniere e le organizzazione dell’Onu a garantire la sopravvivenza di Hamas diventando persino i suoi esattori o permettendo ai terroristi di usare le loro strutture come deposito di missili o come piattaforme di lancio per i missili stessi. Oggi Hamas cerca addirittura di alzare il tiro e lancia una vera e propria campagna per il reclutamento di cooperanti stranieri mirato a compromettere la capacità difensiva di Israele.
“L’esito della nostra battaglia dipende da voi” è la frase coniata da Eletronic Intifada per lanciare la campagna di reclutamento che non necessariamente prevede il trasferimento a Gaza ma che, anzi, chiede alle varie organizzazioni di agire a tutti i livelli contro Israele anche dai loro Stati di origine attraverso le più disparate campagne che vanno dal boicottaggio dei prodotti israeliani fino alla pressione sui Governi per imporre il congelamento degli aiuti militari a Israele e persino al congelamento dei rapporti di libero scambio con lo Stato Ebraico.
Il messaggio che si vuole lanciare è il solito, cioè che i terroristi di Hamas sono i buoni e che hanno tutto il diritto di porsi come obbiettivo l’uccisione di cittadini israeliani e, in ultimo, la distruzione di Israele, mentre Israele è lo stato cattivo, quello che non ha alcun diritto alla autodifesa. Non è un caso che la nuova campagna punti molti di più a bloccare gli aiuti militari allo Stato Ebraico piuttosto che a boicottarne il commercio, azione che per altro non ha mai avuto un particolare successo e che anzi ha provocato problemi proprio ai palestinesi della Cisgiordania.
Questa nuova campagna lanciata dalla “intelligentia” di Hamas e dai loro sostenitori occidentali, pur basandosi sugli stessi capisaldi del passato, cioè sulle cosiddette “organizzazioni umanitarie” che poi umanitarie non lo sono affatto, è più subdola di quelle del passato perché non punta a colpire l’economia israeliana ma punta direttamente a minarne le capacità difensive. E’ la prima volta nella storia che si cerca di coinvolgere la cosiddetta “società civile” non per colpire le capacità offensive di uno Stato ma per comprometterne le capacità difensive. Sotto certi aspetti è persino rivoluzionaria, il tentativo di fare un salto di qualità sia nel portare il boicottaggio ai prodotti israeliani da circoscritto a globale che nel bloccare la capacità difensiva di Israele.
La rete dei sostenitori di Hamas, quelli che incredibilmente si definiscono “difensori dei Diritti Umani” è già in fermento. Manifestazioni sono previste in Germania per protestare contro la consegna di un sottomarino allo Stato Ebraico di Israele avvenuta pochi giorni fa. Altre manifestazioni sono state programmate negli Stati Uniti, in Canada e in Australia nei luoghi cioè dove vengono prodotti i componenti del sistema Iron Dome, cioè del sistema difensivo per eccellenza. Su un forum chiuso frequentato da estremisti sostenitori di Hamas (forum che seguiamo da tempo ma del quale non forniamo il link perché ci serve riuscire a seguirlo) si indica addirittura come “obbiettivo primario” fermare la produzione di Iron Dome.
E’ una nuova fase del boicottaggio a Israele che vede come obbiettivo primario quello di colpire la capacità difensiva dello Stato Ebraico. Di solito le campagne contro le armi tendono a bloccare la fornitura di armi offensive. E’ la prima volta che si vuole bloccare un sistema d’arma completamente difensivo, il che la dice lunga sulle reali intenzioni di questi pseudo “difensori dei Diritti Umani”.
http://www.rightsreporter.org/la-nuova-rivoluzionaria-strategia-di-hamas-e-delle-ong-per-distruggere-israele/
#3Emanuel Baroz
Dopo i tunnel di Hamas quelli di Hezbollah?
di Miriam Bolaffi
Nahariya, 9 settembre 2014 – E dopo i tunnel di Hamas si torna a parlare anche dei tunnel di Hezbollah. In tutto il nord di Israele la maggioranza delle persone sono convinte che il gruppo terrorista libanese e i diversi gruppi palestinesi presenti in Libano abbiano costruito diversi tunnel del tutto simili a quelli costruiti da Hamas lungo il confine con Gaza.
Il sospetto è più che plausibile e di certo nessuno ne sarebbe sorpreso, solo che fino ad ora nessuno ne ha mai trovato uno. Un allarme molto generico è scattato questa mattina quando alcuni contadini a nord di Nahariya hanno chiamato il comando del IDF sostenendo di sentire nitidamente rumori di scavo provenienti da sotto terra. Le segnalazioni sono state diverse e nessuna era collegata tra di loro, ma al momento l’IDF non ha trovato nulla che confermi gli allarmi. In ogni caso il comando IDF ha avvertito la sua controparte di UNIFIL, oltre il confine con il Libano, di verificare se vi fossero scavi aperti. Un ufficiale del IDF ci ha detto che i militari israeliani stanno monitorando con molta attenzione una serie di costruzioni in territorio libanese molto vicine al confine dalle quali potrebbero partire i tunnel. Ma il timore tra la gente non è tanto che si stiano scavando dei tunnel ma che siano stati già scavati e che aspettino solo di essere utilizzati da Hezbollah o dai gruppi palestinesi presenti in Libano.
A Nahariya la gente non si fa illusioni, sanno che prima o poi dovranno fare i conti con gli Hezbollah. Qui la paura di Hamas o del ISIS è praticamente nulla, qui a fare paura sono i terroristi sciiti armati e finanziati dall’Iran. «E’ solo questione di tempo – ci dice quasi rassegnata Ilayah, una giovane ragazza che fa la commessa – prima o poi succederà qualcosa. Un rapimento, un omicidio o una salva di missili. Intanto qui sono tutti convinti che sotto di noi ci siano decine di tunnel come quelli che Hamas ha costruito a Gaza. Se lo hanno fatto loro è impossibile che non gli abbiano fatti quelli di Hezbollah che non hanno alcun controllo». Obbietto che però l’IDF dice di non aver trovato nulla e lei mi risponde con un sorriso forzato: «ci sono, ci sono, fidati».
Parlo del problema con un ufficiale del IDF il quale mi conferma di conoscere le preoccupazioni della gente del luogo ma conferma anche che fino ad oggi non è stato trovato alcun tunnel. Gli chiedo se è possibile che Hezbollah gli abbia costruiti con calma e accuratezza e che non li utilizzi per non bruciare un’arma per un attacco a sorpresa. L’ufficiale non lo esclude ma ribadisce che l’IDF è molto attento e che il livello di allarme è molto alto. Gli ricordo che nel 2010 Debka File svelò un piano di Hezbollah per invadere la Galilea e per conquistare diverse città israeliane con la collaborazione di Hamas e gli chiedo se quel piano non fosse basato anche sull’utilizzo dei tunnel. L’ufficiale rimane titubante sulla fattibilità del piano in oggetto anche perché, dice, “le condizioni sono cambiate”, tuttavia ammette che in caso di attacco da parte di Hezbollah l’utilizzo di eventuali tunnel potrebbe permettere l’ingresso di terroristi molto all’interno dei confini israeliani. Tuttavia conferma nuovamente che al momento non si sono scoperti tunnel pur ammettendo che ci sia la possibilità che, nel caso in cui ci fossero, gli Hezbollah potrebbero aver evitato di aprire il lato israeliano per non farli scoprire.
Rimane il fatto che la popolazione nel nord di Israele è molto preoccupata e in pochi dubitano che prima o poi, tunnel o meno, dovranno farei conti con Hezbollah e con tutta la sua potenza militare.
http://www.rightsreporter.org/dopo-i-tunnel-di-hamas-quelli-di-hezbollah/
#4Emanuel Baroz
10 settembre 2014 – La Jihad Islamica palestinese si vanta d’aver già iniziato a ricostruire tunnel terroristici a Gaza. Lo ha fatto accompagnando un reporter della tv Al-Jazeera in un tour dentro alcune nuove opere sotterranee incemento, durante il quale un terrorista del gruppo ha detto che il lavoro è iniziato “il giorno stesso in cui è finita la guerra a Gaza” e che i tunnel serviranno “per attaccare il nemico sionista durante la prossima guerra”.
(Fonte: Israele.net)