Fatah celebra come “eroi e martiri” i terroristi di Hezbollah

 
Emanuel Baroz
29 gennaio 2015
3 commenti

«A nome dell’Olp e dello Stato di Palestina, combattiamo con voi nella stessa trincea»

Il Fatah di Abu Mazen non esita a celebrare come “eroi e martiri” i terroristi Hezbollah

fatah-hezbollah-terrorismo-focus-on-israelAll’inizio di questo mese, quando Jihad Mughniyeh, un comandante Hezbollah, è rimasto ucciso in un attacco aereo sul Golan siriano attribuito a Israele, anche il movimento Fatah, che fa capo al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha voluto esprimere solidarietà alla milizia islamista sciita libanese filo-iraniana. Figlio del famigerato capo terrorista Hezbollah Imad Mughniyeh (responsabile negli anni ‘80 e ‘90 di decine di attentanti con centinaia di morti in vari paesi del mondo, ucciso infine in un attentato a Damasco nel 2008), Jihad Mughniyeh era a capo dell’organizzazione terroristica sul versate siriano delle alture del Golan con l’incarico di stabilire basi missilistiche nella zona per poter sferrare attacchi contro Israele senza doverlo fare dal Libano. Nel raid, insieme a Jihad Mughniyeh è morto il generale iraniano Mohammed Ali Allahdadi, un esperto di missili balistici coinvolto nel progetto delle basi missilistiche vicino al confine con Israele. Insieme a loro, Mohammed Issa, altro ufficiale di Hezbollah responsabile del trasferimento sul Golan di missili provenienti da Siria, Libano e Iran. Lo stesso Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ha dichiarato che il generale Allahdadi si trovava in Siria per fornire “consulenza militare” al governo siriano nella sua guerra contro “takfiri e salafiti” (estremisti sunniti) e contro “le trame del complotto sionista”.

Stiamo resistendo contro lo stesso nemico” ha dichiarato in quell’occasione Rifat Shanaah, il direttore della branca libanese di Fatah che ha guidato la “delegazione d’alto rango” che il partito di Abu Mazen ha subito mandato ad esprimere le condoglianze per la morte di Mughniyeh. La delegazione, riferiva l’agenzia palestinese Ma’an il 21 gennaio, “ha deposto tre corone di fiori sulla tomba del martire Jihad Mughniyeh per conto dell’Ambasciata dello Stato della Palestina, dell’Olp e di Fatah”. Parlando “a nome del Movimento di Liberazione Nazionale Palestinese-Fatah, dell’Olp e del popolo palestinese resistente”, Shanaah ha affermato: “Noi esprimiamo con ciò le nostre più sentite condoglianze ai fratelli nella dirigenza di Hezbollah e alle famiglie dei martiri. Siamo nella stessa trincea, e stiamo resistendo contro lo stesso nemico”. Riferisce sempre l’agenzia Ma’an che Shanaah ha poi sottolineato “l’adesione di Fatah, dell’Olp e del popolo palestinese al principio della lotta e della jihad con i nostri fratelli di Hezbollah e di tutte le forze che agiscono per liberare la Palestina e Gerusalemme. Ci atterremo ancora di più ai nostri obiettivi e ai principi nazionali palestinesi”, ha concluso Shanaah.

Sulla sua pagina Facebook, Fatah ha subito definito Jihad Mughniyeh un “eroe” e un “martire” (shahid). Anche Sultan Abu Al-Einein, consigliere di Abu Mazen e membro del Comitato Centrale di Fatah, ha inviato all’organizzazione terroristica Hezbollah “i nostri migliori auguri per i suoi martiri” aggiungendo il 20 gennaio sulla sua pagina Facebook: “Siamo certi che la reazione sarà inesorabile”. Come ha documentato Palestinian Media Watch, Al-Einein aveva anche lodato l’assassinio a sangue freddo di cinque ebrei in preghiera in una sinagoga di Gerusalemme lo scorso novembre.

Oltre a Israele, diversi paesi occidentali tra cui Stati Uniti, Canada, Francia e Paesi Bassi definiscono Hezbollah un’organizzazione terroristica. Altri, tra i quali l’Unione Europea, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Regno Unito, definiscono terroristica solo l’ala militare dell’organizzazione.

(Fonte: Palestinian Media Watch Bulletin, 28 Gennaio 2015)

Israele.net

Nell’immagine in alto: lo screenshot della pagina ufficiale di Fatah dove viene “celebrato” Jihad Mughniyeh come “eroe” e “martire”. Il testo in arabo recita (più o meno…): “Riposa in pace, eroe, e porta i saluti a tuo padre da parte degli uomini liberi. Martire (Shahid) Jihad Mughniyeh”

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  • #1Emanuel Baroz

    Nei kibbutz-fortini del Golan “Così Hezbollah ci assedia”

    Fra gli abitanti in prima linea: temiamo i tunnel come a Gaza

    di Maurizio Molinari, inviato a Maayan Baruch

    A 350 metri dal confine libanese sorge il kibbutz di Maayan Baruch dove gli abitanti vivono con l’incubo dei tunnel di Hezbollah. L’agguato con i razzi antitank al convoglio militare israeliano lungo la vicina strada 999 dimostra che i guerriglieri filo-iraniani sono sul piede di guerra e per Philip Pismanick, veterano della sicurezza del kibbutz, bisogna prepararsi al peggio. «I pericoli vengono dal cielo e da sottoterra» dice, dentro uno dei bunker in grado di ospitare trenta persone.
    Ognuno dei 700 residenti ha diritto a tre quarti di metro quadrato di spazio. «Abbiamo costruito un quartiere di rifugi» spiega Pismanick, nato ad Atlanta in Georgia, «perché questo kibbutz viene bombardato dal 1947, prima lo facevano i libanesi, poi lo ha fatto l’Olp e ora sono gli Hezbollah».

    SCAVATRICI NELLA ROCCIA
    Durante la guerra del 2006 sono caduti 16 razzi ma nelle ultime 48 ore Hezbollah ha cambiato arma: lancia colpi di mortaio perché sa che le batterie di Iron Dome non li intercettano.
    «Non possiamo perdere tempo a indovinare che cosa ci tireranno contro – aggiunge Ortal, volontaria nelle unità di emergenza e madre di una bimba di 9 mesi – e dunque abbiamo rinforzato al massimo i bunker». Ora sono ricoperti da grandi massi perché quando un proiettile cade «le rocce si spezzano e disseminano mentre il cemento può essere perforato».
    Ma il pericolo maggiore viene da sottoterra. Yoram, capo della sicurezza, lo spiega così: «Sappiamo che Hezbollah sta scavando tunnel sul modello di quanto fatto da Hamas a Gaza, per questo l’esercito li cerca». Il riferimento è a quanto sta avvenendo a Zarit, nella Galilea Occidentale, dove da 48 ore i militari perlustrano il terreno cercando tunnel Hezbollah. Pismanick parla di «situazione nuova» perché «finora si pensava che scavare tunnel nel terreno roccioso fosse quasi impossibile» ma «adesso sappiamo che esistono macchine ad aria compressa in grado di scavare qualsiasi terreno, procedendo un metro al minuto».

    TUTTI ARMATI
    Ciò spiega perché Yoram ha organizzato una copertura 24 su 24 ore di ogni angolo del kibbutz, gestita dai residenti d’intesa con soldati e polizia. «Se sbucano dai tunnel e iniziano a sparare – dice Pismanick – la difesa è il primo membro del kibbutz che incontrano, deve essere armato e pronto». È in questo clima che cova irritazione con il governo di Benjamin Netanyahu per non aver lanciato una massiccia rappresaglia dopo l’uccisione di due soldati nell’area delle Fattorie di Shebaa, fra i confini con Libano e Siria.
    Nel kibbutz di Snir, a ridosso del luogo dell’agguato, Yosi Hashalomi è furente: «Viviamo qui da sempre, conosciamo gli Hezbollah, la risposta deve essere poderosa altrimenti tornano a colpire». Shosha Tzuella, guida per turisti, rincara la dose: «Netanyahu doveva rispondere spianando le posizioni Hezbollah in un’area di 20 km». Snir è un kibbutz di matrice socialista, gran parte dei residenti votano a sinistra, ma su Hezbollah criticano Netanyahu da destra. «Sono terroristi e devono essere trattati come tali, senza sconti né fidarsi di impegni che violeranno» aggiunge Asa, 65 anni, in cui nonno tedesco arrivò in Galilea dopo la Notte dei Cristalli del 1938.

    ATTACCHI SOFISTICATI
    Se a Maayan Baruch prevale la paura dei tunnel ed a Snir la rabbia contro il governo, nel villaggio di Nevè Ativ vive un ex ufficiale che dà una lettura più militare. Kobi Marom è l’ex comandante della brigata dell’Hermon, ha avuto per anni la guida della difesa di questi confini, e per spiegare cosa pensa ci accompagna sulla cima innevata del monte più alto della regione. «Hezbollah ha una nuova strategia – dice, indicando i luoghi di cui parla – lancia razzi dalla Siria verso di noi per estendere il fronte di conflitto, puntando a colpire hotel o turisti, mentre dal Libano compie attacchi di guerriglia, sofisticati, per portare il scompiglio nelle nostre retrovie». Sono le avvisaglie del nuovo conflitto che Hezbollah vuole combattere.

    (Fonte: La Stampa, 30 Gennaio 2015)

    1 Feb 2015, 21:21 Rispondi|Quota
  • #2Emanuel Baroz

    C’è un altro fronte. Attacco hezbollah contro Israele

    di Fiamma Nirenstein

    GERUSALEMME – Due soldati morti, il capitano Yohai Klamgel di 25 anni, e il sergente Dor Nini di 20 anni, e sette feriti per un attacco missilistico degli hezbollah, un soldato dell’Unifil ucciso dopo lo scontro di artiglieria seguito all’ attacco degli hezbollah. L’assedio stringe Israele dal nord: probabilmente i due soldati uccisi erano a Gaza a combattere qualche mese fa. Il pesante bilancio della giornata di ieri giunge dopo 8 anni di quiete dalla seconda guerra del Libano. I colpi delle batterie si sono susseguite tutto ilgiorno. I missili degli hezbollah sono quelli iraniani, probabilmente anche l’attacco un ordine degli ayatollah. La gente del nord, a Metulla, a Kiryat Shmona, nei kibbutz in montagna, è chiusa a casa, ha pulito e rifornito i rifugi, i bambini sono stati ritirati da scuola a metà giornata, gli ospedali verificano le attrezzature, la radio rassicura: siamo pronti, non abbiate paura. Le ultime notizie non ufficiali dicono che i messaggi che le parti si mandano in queste ore tramite l’Unifil tendono a calmare le acque: la guerra non conviene a nessuno, Israele si rende conto dell’infiammabilità dell’ eccitamento terrorista globale, e sa che ne possono nascere gravi pericoli; né gli hezbollah né gli iraniani, impegnati in questi mesi nella guerra a fianco di Assad, vogliono impegnarsi in due guerre contemporaneamente. La loro guerra principale è quella sciita, come sono sia Iran che hezbollah, contro gli uomini dell’opposizione a Assad: Iabat al Nusra, Isis. Inoltre l’Iran, che trascinò a forza gli hezbollah a fianco di Assad, adesso è impegnato nella trattativa sul nucleare, e deve indossare una maschera.

    Gli hezbollah rivendicano l’azione di ieri come una semplice, conclusa vendetta per l’operazione di Kuneitra, quando Israele ha eliminato un convoglio di hezbollah e iraniani in ricognizione lungo il confine siriano: nel gruppo si trovavano anche Jihad Mughniyeh, figlio dell’altro «shahìd», il generale Imad Mughniye, e un generale iraniano, Mohammad Allahdadi. Fu una scelta strategica, e hezbollah e l’Iran hanno giurato vendetta. L’attacco ha avuto luogo sotto Ar Dov, un monticello sotto cui corre una strada militare verso la cittadina di Kfar Raja. Alle 12 cinque o sei missili Nun Tet, di genere Kornet, uno dei più micidiali hanno colpito due jeep e le hanno letteralmente incenerite mentre viaggiavano nella zona delle cosiddette Shaba Farrn che gli hezbollah che considerano la zona tuttora «disputata». Adesso per Netanyahu si pone la difficile questione della risposta: può considerare che gli hezbollah cerchino semplicemente un consenso antisraeliano perduto con la guerra in Siria e evitare la guerra, ma non è facile di fronte alle famiglie dei soldati uccisi. Inoltre l’Iran e gli hezbollahpotrebbero vagheggiare una strategia che attragga Israele nel profondo di una guerra. Il Medio oriente è al solito, denso di sabbie mobili.

    (Fonte: il Giornale, 29 Gennaio 2015)

    1 Feb 2015, 21:22 Rispondi|Quota
  • #3Emanuel Baroz

    Nota per gli amici di Assad: Hezbollah spara sugli israeliani dal Golan

    Imboscata a un convoglio militare, uccisi due soldati. Per il presidente siriano “Israele è l’aviazione di al Qaida”.

    di Daniele Raineri

    ROMA – Mercoledì una squadra di Hezbollah ha sparato alcuni razzi controcarro contro un convoglio di veicoli militari israeliani che stava passando sulla strada al di là dei reticolati sulle alture del Golan, al confine conteso tra Siria e Israele. L’attacco ha ucciso due soldati e ne ha feriti altri sette, ed è stato rivendicato come “il primo” eseguito dalla “Brigata dei martiri di Quneitra” di Hezbollah. E’ un dato importante perché conferma che il movimento libanese ha fondato un reparto che ha l’incarico di preparare attacchi contro Israele e agirà dal Golan siriano con il consenso del governo del presidente Bashar el Assad. La notizia era circolata sulla stampa araba nei giorni scorsi, dopo che domenica 17 gennaio un drone israeliano aveva colpito un convoglio di Hezbollah nella stessa zona, Quneitra, e aveva ucciso un generale iraniano che accompagnava il gruppo.

    Oltre all’attacco sul Golan, mercoledì Hezbollah ha anche attaccato sparando colpi di mortaio dal sud del Libano. Israele ha risposto con almeno cinquanta colpi di artiglieria che però hanno ucciso un peacekeeper spagnolo (il ministro degli Esteri israeliano ha chiesto scusa al governo di Madrid per la morte del soldato). Martedì dal territorio siriano erano stati sparati due razzi contro Israele, e Israele aveva risposto sparando con l’artiglieria sulle postazioni siriane. Per il ministro della Difesa Moshe Yaalon “il regime di Assad è responsabile del fuoco, non ignoreremo attacchi terroristici contro i nostri soldati o cittadini”.

    Il generale israeliano in congedo Israel Ziv ha spiegato mercoledì in una conferenza stampa che l’attacco compiuto da Hezbollah in quell’area del confine conosciuta come Shebaa segnala la volontà di non aprire davvero un conflitto. “Quello che succede a Shebaa resta a Shebaa”, dice il generale, parafrasando “Quel che succede a Las Vegas resta a Las Vegas”. Ci sarebbe stata quindi la volontà da parte del gruppo libanese di vendicare l’attacco aereo del 17 gennaio, ma con un’azione eseguita in una zona di attrito dove ci sono frequenti scambi di fuoco tra le parti (Hezbollah e siriani da una parte, israeliani dall’altra), perché nessuno vuole davvero aprire una guerra, in questo momento (un motivo tra tanti possibili: sono in corso i negoziati sul programma nucleare iraniano)

    Questa settimana il sito di Foreign Policy ha pubblicato un’intervista a Bashar el Assad in cui il presidente siriano definisce Israele come “l’aviazione di al Qaida”, con riferimento agli sporadici attacchi aerei israeliani sulle installazioni militari siriane e di Hezbollah – di solito effettuati in occasione di trasferimenti di armi di tipo avanzato, come missili, che lo stato maggiore israeliano considera “non perdonabili”. Questa definizione di Israele come “aviazione di al Qaida” è un uso disinvolto da parte di Assad di un argomento classico dei regimi autoritari arabi: chi non sta con me, allora è con al Qaida (o con lo Stato islamico).

    Le dichiarazioni del ministro israeliano Yaalon sulla responsabilità di Assad per gli scambi di artiglieria, la presenza ormai fissa di Hezbollah sulla alture del Golan siriano e questo attacco di mercoledì con armi controcarro sottolineano una questione finora trascurata da chi pensa al governo di Damasco come a un utile alleato dell’occidente contro l’estremismo sunnita e come a un protettore delle minoranze mediorientali: la Siria invita e ospita Hezbollah e generali iraniani. Nel sud, i non-siriani stanno preparando più o meno alla luce del sole una possibile guerra contro Israele, ed è difficile spiegare la loro presenza a decine di chilometri dai fronti della guerra civile contro i ribelli e i gruppi jihadisti. In un discorso pronunciato la settimana scorsa, il leader di Hezbollah ha parlato del Libano e della Siria come di una sola entità geografica schierata nella lotta contro Israele.

    La contromanovra israeliana può confondere ancora di più chi crede in questa divisione tra bianchi e neri, con Assad da una parte e gli estremisti dall’altra. Da un anno, l’esercito israeliano nella stessa zona sta aiutando i gruppi di ribelli siriani non islamisti, offrendo cure mediche in ospedali da campo e aprendo il confine per fare passare i feriti, un via vai che ormai riguarda centinaia di persone. Secondo un’analisi pubblicata dal Washington Institute for the Middle East, gli israeliani vogliono così creare e frapporre una zona cuscinetto di gruppi siriani non ostili tra il confine e gli estremisti. Non sta funzionando al cento per cento, come testimonia la presenza in alcuni tratti del confine del Golan di Jabhat al Nusra, edizione siriana di al Qaida.

    Il Wall Street Journal chiede, in un editoriale di tre giorni fa intitolato “Il nostro uomo a Damasco” con tetro sarcasmo, se questa politica dell’Amministrazione Obama troppo accondiscendente con Assad non sarà controproducente a lungo termine: “Gli Stati Uniti saranno riusciti a sconfiggere una minaccia estremista jihadista, lo Stato islamico, soltanto per potenziarne un’altra, gli estremisti sciiti rafforzati dalla bomba (atomica). Il Congresso dovrebbe chiedere all’Amministrazione se Assad è davvero l’uomo di Obama a Damasco”.

    Sullo sfondo, resta aperta la questione che ha innescato questo scontro sul Golan: il bombardamento a sorpresa da parte di un drone israeliano – o di un elicottero secondo altre fonti – di un convoglio di Hezbollah che stava passando nell’area di Quneitra a dieci chilometri dal confine tra Siria e Israele. Cosa ci faceva un generale iraniano in quel gruppo, stava davvero esplorando la possibilità di allestire una postazione missilistica così vicina ai reticolati, come sostengono alcune fonti? E Israele ignorava davvero la sua presenza in quel convoglio, come ha sostenuto il giorno dopo per provare a disinnescare la situazione tesa con l’Iran e con Hezbollah?

    Secondo una ricostruzione di Reuters che cita fonti libanesi, gli israeliani hanno agito al volo, con opportunismo predatorio, partendo da alcune intercettazioni ascoltate lungo il confine, ma questo non chiarisce se avevano capito o no che stavano per uccidere un generale iraniano, con tutte le possibili conseguenze. Reuters dice che può essere: lo hanno fatto perché hanno percepito una minaccia militare più grande del solito e anche perché il governo non può mostrarsi esitante, non può tollerare la presenza di un generale di Teheran a passeggio lungo il confine, ci sono le elezioni fra due mesi.

    (Fonte: Il Foglio, 29 Gennaio 2015)

    1 Feb 2015, 21:23 Rispondi|Quota