Palestina: ancora casi di corruzione nel governo
di Emanuele Vena
Un documento – firmato da Majdi Al-Khaldi, consigliere diplomatico del presidente Abu Mazen – in cui si chiedono 4 milioni di dollari al Bahrein per finanziare un complesso residenziale di lusso per i funzionari governativi palestinesi. O, ancora, un atto che dimostra le richieste avanzate da Nazmi Muhanna – direttore generale dell’autorità che sorveglia la frontiera con Israele – di sovvenzioni pubbliche per l’istruzione della figlia e l’assistenza medica della famiglia. Sono gli ultimi esempi, resi pubblici dall’Associated Press, che riportano alla luce la piaga della corruzione nella politica – e, nello specifico, nel governo – della Palestina.
La diffusione dei documenti ha provocato l’indignazione del popolo palestinese, espressa a gran voce in particolar modo tramite i social media. Del resto, per buona parte della popolazione Abu Mazen è colpevole di aver ritardato per fin troppo tempo la proclamazione di nuove elezioni – l’ultima tornata elettorale risale al lontano 2005 – con tutto ciò che ne concerne, a partire dallo scarso livello di controllo della presentabilità morale dei suoi fedelissimi di governo, nonostante riforme a lungo promesse ma ad oggi disattese.
Gli osservatori dichiarano che il livello di corruzione è più basso rispetto al periodo antecedente la morte di Yasser Arafat. Ma Amzi Shoab, capo di Aman – associazione che fa riferimento a Transparency International, l’organizzazione internazionale che porta avanti la lotta alla corruzione su scala globale – segnala ancora l’esistenza di “grandi buchi neri” diventati “regni privati di alcuni funzionari pubblici”, a partire dal “sistema finanziario ed amministrativo”, da riformare in maniera urgente. Del resto, l’ultimo Barometro diffuso dalla stessa Transparency International nel 2013 non dipingeva un quadro propriamente roseo, con appena un palestinese su 4 che considerava la corruzione in calo e con il 42% degli intervistati che considerava i partiti politici del Paese come corrotti o estremamente corrotti.
La stessa Transparency nel 2014 ha denunciato una grave situazione a seguito dell’offensiva portata da Israele a Gaza, che aveva provocato seri danni sul piano logistico all’attività portata avanti dall’organizzazione. Quali sono le cifre della cattiva gestione? Secondo un rapporto della Corte dei Conti dell’Unione Europea, tra il 2008 ed il 2012 sarebbero andati dispersi oltre 3 miliardi di dollari di aiuti esteri alla Palestina. Mentre la Banca Mondiale nel 2010 parlava dell’esistenza di oltre 13 mila impiegati statali “fantasma”. Una situazione destinata a perdurare, almeno fintantoché non cesserà lo stallo parlamentare creato dal conflitto tra Hamas e Fatah, dalla cui risoluzione passa, tra le altre cose, anche la creazione di un serio meccanismo di controllo delle assunzioni pubbliche e di una corruzione e nepotismo arrivati ormai a livelli ormai endemici.
(Fonte: International Business Times, 12 Agosto 2015)
Nella foto in alto: il presidente dell’ANP Abu Mazen (Mahmoud Abbas), primo ministro del “governo” palestinese con mandato scaduto dal lontano 2005
#1Yoram Attias
Poi si lamentano se uno gli costruisce altre colonie in Cisgiordania. Sono Corrotti !!!. E’ una notizia comunque da rovinare le vacanze a molte persone. Terribile, solo i Palestinesi sono capaci di tanto
#2David Attias
@Yoram Attias: hahaha! Simpaticissimo! Ma vai a Zelig,no? Lì cercano sempre nuovi comici
#3David Attias
Ora invece mi rivolgo seriamente agli amministratori del blog: capisco la democrazia e la libertà di parola che non si nega a nessuno, neanche ahimè agli imbecilli, ma vale davvero la pena consentire agli Yoram Attias di turno di scrivere queste amenità?
#4Emanuel Baroz
Caro David, pur condividendo il tuo giudizio su ciò che spesso viene scritto dalla persona che porta il tuo stesso cognome, pensiamo sia il caso di lasciare qui i suoi “pensieri”, a dimostrazione di quanto sia poca l’intelligenza di chi preferisce provocare invece che discutere.