Giornalista italiano licenziato dall’Ansa: intervistava israeliani per Hezbollah
di Riccardo Ghezzi
Il giornalista italiano Michele Monni è stato licenziato dall’agenzia di stampa ANSA dopo aver ingannato alti funzionari politici e militari israeliani intervistandoli per conto di Hezbollah.
Monni ha infatti filmato e intervistato alcune figure importanti, tra cui l’ex ministro della Difesa Amir Peretz, la parlamentare Tzipi Livni, il parlamentare Eyal Ben-Reuven e il militare Tomer Weinberg che è stato ferito mentre era in servizio di pattuglia assieme ai soldati israeliani rapiti e poi uccisi Eldad Regev e Ehud Goldwasser.
Queste interviste non servivano però all’Ansa, ma per un documentario di Hezbollah in cui si commemorava il decimo anniversario della seconda guerra del Libano, scoppiata quando l’organizzazione sciita libanese ha attaccato un reparto dell’esercito israeliano e rapito Goldwasser e Regev.
Il fatto che Monni abbia effettuato delle interviste per conto di Hezbollah ha causato grande imbarazzo all’ANSA, tanto che il responsabile esteri Luigi Ambrosino ha comunicato all’ambasciata israeliana di Roma di aver deciso di risolvere il contratto con Monni.
Il capo degli uffici ANSA in Israele, Mossimo Lomonaco, ha riferito di “non aver mai dato al giornalista freelance Michele Monni alcun incarico di intervistare le persone contattate per il servizio sulla guerra israelo-libanese del 2006. Monni non ha mai comunicato all’ANSA che stava facendo queste interviste. Inoltre, l’ANSA non ha mai pubblicato alcun intervista fatta da Monni per quanto riguarda quegli eventi”.
L’agenzia ha anche inviato una lettera di scuse all’Ambasciata di Israele in Italia, esprimendo preoccupazione sulle ricadute negative che questo fatto potrebbe avere sui suoi reporter in Israele.
#1Emanuel Baroz
4 agosto 2016 – L’Ufficio stampa governativo israeliano sta prendendo in considerazione provvedimenti a carico del giornalista italiano M. Moni che ha intervistato personalità israeliane per quello che si è poi rivelato essere un documentario della tv di Hezbollah sull’attentato che ha dato inizio alla seconda guerra in Libano, di dieci anni fa. Lo ha scritto mercoledì YnetNews specificando che l’Ufficio ha già interpellato il direttore dell’ANSA per chiedere spiegazioni. “Si tratta di una cosa grave che sconfina nella frode e nella falsa testimonianza, e che va contro gli standard deontologici del giornalismo professionale”, ha detto il capo dell’Ufficio stampa governativo israeliano Nitzan Chen. Moni, che sostiene di essere stato a sua volta ingannato da un produttore palestinese che gli avrebbe fatto credere di lavorare per BBC e Al-Jazeera, si sarebbe spinto al punto di offrire 2.000 dollari a Tomer Weinburg, unico soldato sopravvissuto all’attacco, perché si lasciasse riprendere sullo sfondo dei filmati girati da Hezbollah durante l’attacco. Moni, che di solito lavora come free-lance, aveva detto ai suoi intervistati d’essere ingaggiato dall’ANSA. Dal canto suo, il direttore dell’ANSA in Israele Massimo Lomonaco ha detto che “l’ANSA non ha mai dato al giornalista free-lance Moni alcun incarico di intervistare le persone per il pezzo sugli eventi dal 2006, né Moni ha mai detto all’ANSA che stava facendo quelle interviste”. Anche Walid al-Omri, capo dell’ufficio di Al Jazeera in Israele e Cisgiordania, ha detto che la sua emittente non ha mai chiesto interviste a Moni.
(Fonte: Israele.net)
#2Parvus
Dobbiamo prenderne atto, il giornalismo è diretto dal petroldollaro. Questo è solo un caso secondario, dietro c’è ben peggio.
#3Emanuel Baroz
L’Ansa, Israele e Hezbollah
di Dimitri Buffa
Un ormai ex freelance dell’Ansa sta mettendo in serio imbarazzo da oltre una settimana tanto la redazione esteri quanto il capo dei corrispondenti in Israele, Massimo Lomonaco. Pietra dello scandalo un articolo del sito internet di uno dei maggiori quotidiani israeliani (ripreso in Italia da una puntuale cronaca di Riccardo Ghezzi sul sito “Linformale”), che ha svelato le strane vicissitudini di questo collaboratore, Michele Monni, che ha anche un blog su “L’Espresso” e una pagina Facebook che tradisce la sua militanza pro “poveri palestinesi”. Monni è stato accusato in pratica di aver lavorato per gli hezbollah per la realizzazione di un documentario agiografico celebrativo dei dieci anni dall’ultima guerra in Libano.
Il tutto presentandosi ai personaggi intervistati come collaboratore dell’Ansa non certo di Al-Manar, la tivù di Nasrallah. Una specie di nuovo caso Riccardo Cristiano in sedicesimo, se vogliamo, ma che ha avuto la capacità di far chiudere le bocche a tutti i diretti interessati della redazione esteri a Roma e dell’ufficio di corrispondenza in Israele che si trincerano dietro frasi come “cose interne dell’Ansa”, “questioni di privacy”, “devo chiedere l’autorizzazione al direttore”. Neanche si trattasse di alti ufficiali dei carabinieri. Il tutto con buona pace della trasparenza e del diritto-dovere di chi scrive un articolo di sentire tutte le parti in causa. Anche lo stesso Michele Monni, sollecitato con ben tre messaggi al suo profilo di Facebook, non ha sentito l’esigenza di dire la sua a chi scrive. E così non resta che raccontare la storiaccia come la ha riportata ynetnews in questo link: http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4852084,00.html
In pratica Monni è stato accusato dall’esercito israeliano di aver utilizzato una serie di interviste, tra cui quelle all’ex ministro della Difesa Amir Peretz, alla parlamentare Tzipi Livni, al parlamentare Eyal Ben-Reuven e al militare Tomer Weinberg (uno che era rimasto gravemente ferito mentre era in servizio di pattuglia assieme ai soldati israeliani rapiti e poi uccisi Eldad Regev e Ehud Goldwasser), per un documentario celebrativo degli Hezbollah dopo avere detto a ognuno degli intervistati di essere un collaboratore dell’Ansa. Che lo ha immediatamente allontanato dall’incarico anche se adesso non vuole commentare l’accaduto. Sembra, ma all’Ansa negano sia pure genericamente, che ci sia anche stata una lettera di scuse inviata dalla direzione dell’agenzia di stampa all’ambasciata israeliana di Roma. Che però ha rimandato chi scrive direttamente all’Ansa.
Un brutto pasticcio diplomatico determinato dalla disinvoltura di un giornalista non molto obiettivo verso le ragioni di Israele? L’Ansa la cosa vorrebbe chiuderla così. Prima che si trasformi in un nuovo caso Riccardo Cristiano, il giornalista della Rai che l’11 ottobre del 2000, quando vennero linciati a Ramallah due soldati israeliani che avevano avuto l’unico torto di sbagliare strada, e dopo che le reti Mediaset trasmisero il cruento filmato che fece il giro del mondo, sentì il bisogno di scrivere una lettera ufficiale al più importante quotidiano palestinese per spiegare che le immagini e la loro diffusione non erano responsabilità della Rai. Forse lo fece per salvare la pelle o magari per tenersi buone delle fonti. Ma allora vennero giù gli altarini sull’obiettività di come i corrispondenti della televisione pubblica coprivano per prassi le notizie relative al conflitto israelo-palestinese.
(Fonte: L’Opinione, 21 Settembre 2016)
#4Emanuel Baroz
Cronista italiano allontanato perché ritenuto filo-hezbollah
Il free lance Monni nei guai per alcuni filmati
In Israele è scoppiato un caso che rischia di stare all’Ansa, l’agenzia più importante d’Italia come quello di Riccardo Cristiano nell’ottobre 2000 stava alla Rai. Protagonista un bravo free lance, Michele Monni, « allontanato» dopo l’apertura di un’inchiesta da parte dell’esercito israeliano che aveva scoperto come il giovane (che ha anche un «blog» filopalestinese su «L’Espresso» e un profilo facebook in quella medesima sintonia) avesse usato filmati e interviste – questa l’ipotesi d’accusa israeliana – fatte a politici e militari israeliani, tra cui una vittima miracolosamente scampata nel luglio 2006 a un’imboscata dei terroristi sciiti libanesi, in un documentario autoelogiativo degli hezbollah. Andato in onda a fine luglio per «celebrare» i dieci anni dall’ultima guerra tra Israele e il Libano. Che ovviamente gli hezbollah dicono e propagandano di avere vinto. Il problema, sempre a detta degli israeliani, è che Monni non avrebbe intervistato gente come l’ex ministro della Difesa Amir Peretz, la parlamentare Tzipi Livni, il deputato Eyal Ben-Reuven e tantomeno il militare Tomer Weinberg (rimasto gravemente ferito mentre era di pattuglia con i soldati israeliani rapiti e poi uccisi, Eldad Regev e Ehud Goldwasser), presentandosi come inviato della tv «al Manar» (il Faro) organo del movimento politico terroristico di Hassan Nasrallah. No, Monni avrebbe detto a tutti quello che poi era in realtà: un free lance ripetutamente usato dall’Ansa per servizi in Israele e nei Territori occupati. Di qui il caso. Che assomiglia in sedicesimo, e mutatis mutandis, a quello che ebbe per protagonista Riccardo Cristiano, corrispondente, stavolta ufficiale, della Rai in Israele. Era l’11 ottobre del 2000, quando vennero linciati a Ramallah due soldati israeliani che avevano avuto l’unico torto di sbagliare strada. E dopo che le tv Mediaset trasmisero quello stesso giorno il cruento filmato che fece il giro del mondo, Cristiano sentì il bisogno di scrivere una lettera ufficiale al più importante quotidiano palestinese per spiegare che le immagini e la loro diffusione «non erano responsabilità della Rai». Scusandosi in pratica per la loro messa in onda da parte delle tv concorrenti. Con il free lance dell’Ansa la situazione è diversa ma egualmente imbarazzante. Tanto che sia la redazione esteri Ansa di Roma sia il responsabile aa Gerusalemme si sono trincerati dietro una specie di «no comment» un po’ grottesco. Adducendo motivazioni di «privacy interna aziendale». Che di per sé è una risposta da ministero più che da grande agenzia giornalistica in cui tutti sanno benissimo che un giornalista che scrive di una materia così delicata è obbligato a sentire tutte le parti in causa. Peraltro anche lo stesso Monni, benchè rintracciato su facebook, non ha voluto fornire la sua versione. C’è anche un giallo su una lettera di scuse che il sito del maggiore quotidiano israeliano Yedioth Aronoth (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4852084,00.html) sostiene sia stata mandata dall’agenzia all’ambasciata romana di Israele. In questo caso la massima discrezione è stata tenuta anche dai diplomatici israeliani a Roma, che hanno invitato a «sentire direttamente l’Ansa». Ma sul caso Monni la versione ufficiale del capo degli esteri Luigi Ambrosino è quella di minimizzare non solo le responsabilità dell’agenzia ma anche quelle di Monni. Definito «un ragazzo che si sarebbe fatto imbrogliare da un reporter palestinese che lo ha convinto a fare quelle interviste tacendogli il particolare che sarebbero finite sulla tv degli hezbollah». Di certo c’è solo che Monni si è presentato a tutti gli intervistati come collaboratore Ansa.
http://www.iltempo.it/cronache/2016/09/21/gallery/cronista-italiano-allontanato-perche-ritenuto-filo-hezbollah-1021233/