Ventisette gennaio, giornata della memoria confusa
di Maurizio Del Maschio
Il 27 gennaio, data dell’ingresso delle truppe sovietiche nel campo di sterminio di Auschwitz/Oswiecim-Birkenau nel 1945, è stato scelto per la Giornata della Memoria della Shoàh, la “catastrofe” che annientò 6 milioni ebrei europei ad opera del nazifascismo. Peraltro, nel corso del tempo, la motivazione originaria ha visto vieppiù comprendere anche altre vittime della furia nazista, come gli zingari, gli avversari politici, gli omosessuali, i menomati fisici e psichici ritenuti una minaccia per la purezza della razza ariana germanica. In ogni caso si tratta di crimini contro l’umanità, come altri perpetrati nei confronti di popoli diversi, che meritano di essere ricordati in date particolari per non perdere la memoria della portata di simili atrocità.
La Giornata della Memoria nacque per mantenere viva nelle generazioni che si susseguono la riflessione sulla mostruosa specificità della Shoàh, mentre l’aver accorpato in essa il ricordo di tutte le persecuzioni a cui sono state (e sono) sottoposte tante creature innocenti ne ha appannato il senso.
È, infatti, doveroso ricordare tutte le tragedie umane, ma occorrerebbe farlo in circostanze diverse dal Giorno della Memoria della Shoàh, per non confondere i piani su cui si muovono le aberrazioni umane, come si è fatto per lil genocidio armeno in Turchia, per le vittime della persecuzione comunista anti-italiana in Slovenia e in Croazia che ha riempito di cadaveri le foibe delle Alpi Giulie sul finire della seconda guerra mondiale e come si dovrebbe fare per le vittime della repressione italiana delle minoranze slave in Istria e Dalmazia con l’invasione della Slovenia. Tuttavia, la “Endlösung der Judenfrage”, la “soluzione finale della questione ebraica”, assume connotati del tutto specifici, straordinari e mostruosamente inquietanti.
Le caratteristiche distintive della Shoàh derivano organicamente dall’antisemitismo etnico che produsse la volontà di sterminio totale degli ebrei ovunque fossero, nonostante l’obiettiva assenza di qualsiasi conflitto preesistente. Si tratta di un antisemitismo basato sull’immagine irreale, deformata e pregiudiziale della cospirazione ebraica mirante ad imporre la propria egemonia sul mondo. Esso esige, diversamente dall’intolleranza che genera gli altri genocidi, l’obiettivo dell’annientamento totale, dell’estinzione di un’etnia, classificata arbitrariamente come inferiore, che ossessiona le menti deliranti che vedono nell’ebreo, in ogni ebreo, una pericolosa minaccia per l’umanità. Fu questa la motivazione che indusse a pianificare e realizzare un immenso progetto di sterminio su scala continentale: un antisemitismo che impregnava i propagatori di odio, di rabbia e di sete di vendetta e originò un crescendo di iniziative sempre più ciniche, lucide ed efficaci, motivate da pretestuose menzogne e realizzate con una crudeltà senza precedenti. La diffusione dell’antisemitismo non riguardava solo la Germania, ma solo in Germania prese il potere un regime che aveva fra gli obiettivi primari del suo programma ideologico la traduzione della soluzione finale della cosiddetta “questione ebraica” in una sistematica pratica politica.
Oggi, più che in passato, si percepisce che la minaccia di un nuovo genocidio ebraico è sempre più concreta. Non si tratta più di un rischio che ha come teatro il nostro continente, ma non per questo è meno inquietante. La diffusione di libri come “I protocolli dei savi Anziani di Sion” – di cui la storia ha da tempo ampiamente dimostrato la falsità – e il “Mein kampf”, “La mia battaglia” di hitleriana memoria, sono ai primi posti nella hit parade del mercato librario nei Paesi islamici, in particolare in quelli arabi e in Iran e oggi in libera vendita anche in Germania. Gli esiti si vedono quotidianamente in Israele e fuori di esso.
Inserire nel contenitore della Giornata il ricordo di tutti i genocidi, di tutte le persecuzioni, di tutti i soprusi che l’umanità continua a subire anche ai nostri giorni, produce solo confusione e non permette di analizzare e distinguere le specificità delle tragedie a cui l’umanità continua ad essere sottoposta.
Qualcuno si chiede se è opportuno continuare a ricordare la Shoàh, dal momento che il rischio è da un lato quello di renderla una celebrazione routinaria e senza anima e dall’altro di generare nausea, insofferenza e ostilità. Segnali inquietanti vengono dall’apposizione delle cosiddette “pietre d’inciampo”, placche bronzee poste dinnanzi a luoghi da dove sono stati sloggiati gli ebrei nel corso dei rastrellamenti volti a deportarli nei campi di sterminio. Ora le placche vengono poste anche dinnanzi ad abitazioni di antifascisti deportati e uccisi, mentre quelle riguardanti gli ebrei sono non di rado coperte da colate di cemento, spia inquietante della ripresa virulenta dell’odio antiebraico e di opposizione alla memoria collettiva. L’efficacia della Giornata della Memoria non può prescindere da tali riflessioni. L’obiettivo è quello di rafforzare il convincimento, specialmente nelle nuove generazioni, che la corretta valutazione della specificità della Shoàh permette di guardare nella giusta luce anche le altre tragedie dell’umanità, affinché mai più possano mettersi in pratica analoghi disegni che offendono la natura e la dignità dell’Uomo.
In questo nostro tempo, in cui l’antisemitismo rigurgita virulento nella nostra Europa, nelle terre islamiche e nel resto del mondo occidentale, soprattutto per l’iniziativa di minoranze musulmane fanatiche e fondamentaliste, non si può rimanere indifferenti di fronte questa insensata barbarie che si è riaffacciata con tanta protervia alla ribalta della storia e ci sprona ad adoperarci per soffocarla.
(Fonte: Online News, 26 Gennaio 2017)
#1Stefano
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