“Italiani nei campi profughi palestinesi addestrati a combattere contro Israele”
La deposizione di Abu Sharif alla Commissione sulla morte di Moro. “Negli Anni 70 c’era un patto scritto con Roma per non fare attentati”.
di Francesca Paci
«Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) aveva rapporti particolari con alcuni dei gruppi rivoluzionari emersi in Europa dopo il ’68. Queste forze non sapevano come opporsi al capitalismo e noi glielo insegnammo, era parte della lotta contro l’imperialismo che sosteneva Israele. Migliaia di giovani donne e uomini italiani vennero nei campi profughi palestinesi ad aiutare in tanti modi diversi, nelle scuole, negli ambulatori o nel combattimento, ma sempre e solo contro l’occupante israeliano». A raccontare questo ulteriore tassello del controverso puzzle “Italia Anni 70” è Bassam Abu Sharif, storico membro della formazione marxista-leninista Fplp e poi influente consulente di Arafat ascoltato ieri dalla Commissione bicamerale d’inchiesta sulla morte di Aldo Moro, l’ennesimo organo d’indagine sul rapimento del presidente della Dc la cui durata teoricamente biennale è stata prolungata dalla fine del 2016 al termine della legislatura.
È la prima volta che si parla in modo cosi esplicito della presenza di nostri connazionali nei campi profughi palestinesi di 40 anni fa, giovani, uomini, donne, un po’ volontari e un po’ foreign fighters ante litteram. Una nuova angolazione che amplierebbe il quadro delle “relazioni pericolose” dell’epoca in cui s’inserisce anche il cosiddetto Lodo Moro, il patto segreto di non belligeranza tra gli 007 italiani e i fedayn palestinesi sempre menzionato ma mai ammesso. E non è escluso che ora la Commissione presieduta da Fioroni possa avviare altre indagini oltre a quelle di sua stretta competenza per le quali ha già inviato alla procura generale di Roma il lavoro di oltre un anno di accertamenti. E non è escluso neppure che possano riaprirsi altri dossier sulle presunte connivenze passate, a partire dalla vicenda degli autonomi Pifano, Nieri e Baumgartner, arrestati nel 1979 a Ortona perché trovati in possesso di missili portatili di proprietà della resistenza palestinese.
Sebbene interpellato nello specifico sui rapporti tra il Fplp e le Br alla data del 16 marzo 1978, Bassam Abu Sharif, anche autore del volume «The Best of Enemies» scritto con il giornalista israeliano Uzi Mahnaimi, riapre il capitolo Lodo Moro parlandone come di qualcosa di storicamente acquisito, un fatto. Secondo Abu Sharif, definito a un tratto da Time «face of terror», sarebbe stato proprio quel rapporto privilegiato con il Medioriente in generale e con i palestinesi in particolare a mettere l’Italia sotto sorveglianza da parte di chi, come gli Stati Uniti, non apprezzava, e a condannare Moro, la mente del compromesso storico.
Siamo nei mesi precedenti al sequestro del leader democristiano, il cupo ’77, il ’78, gli anni in cui, sostiene Abu Sharif, il Fplp ha già interrotto i rapporti con le Br perché sospetta che, con i capi in prigione, le seconde linee siano state infiltrate: «All’epoca le fazioni palestinesi sotto l’ombrello dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) avevano rapporti con tutti i paesi arabi e, in modo non ufficiale, con molti di quelli europei, dove gli uffici locali della Lega Araba ospitavano i nostri rappresentanti. E parlo di rapporti anche a livello di 007. In questo quadro di aiuto e collaborazione, alcuni paesi – segnatamente il vostro – volevano un documento firmato da George Habash in cui il Fplp si impegnasse a non partecipare ad azioni in Italia. E infatti da allora non è mai successo niente qui». Abu Sharif insiste sui buoni rapporti tra i suoi e il governo di Roma per provare l’estraneità del Fplp al rapimento Moro ma finisce per ipotizzare di più: «Il Fplp e l’Italia avevano un dialogo particolare sulla politica e la sicurezza sin dal ’72, attraverso noi l’Italia mandava ambulanze e medici ai campi profughi e noi in cambio vi aiutavamo molto. Fu così che l’Italia ci chiese di risparmiarla, di non usarla per fare operazioni o per compiere attentati contro Israele. Me ne parlò il colonnello Giovannone, disse che doveva rassicurare i suoi. Habash firmò questo documento, portai il nostro impegno a mettere l’Italia al sicuro, il colonnello Giovannone lo ricevette per scritto. E quando passai dal Fplp ad Arafat continuammo sulla stessa linea».
#1Emanuel Baroz
“Ecco perché le Br diedero i verbali di Moro ai palestinesi”
Fioroni, presidente della Commissione d’inchiesta: “I brigatisti volevano riconquistare la loro fiducia”.
di Francesca Paci
Il giorno dopo l’audizione di Bassam Abu Sharif davanti alla Commissione bicamerale d’inchiesta sulla morte di Aldo Moro, il presidente Giuseppe Fioroni mette in ordine quelle che definisce «importanti novità» per la ricostruzione dell’Italia di quegli anni. Secondo l’ex del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp) che Fioroni ha ascoltato per ore, nel 1978 i palestinesi diffidavano delle Brigate Rosse, riferivano all’ìntelligence di Roma qualsiasi informazione ricevessero circa potenziali attentati in Italia nel quadro dell’impegno unilaterale firmato da George Habash, accoglievano nei loro campi numerosi nostri giovani connazionali disposti a curare i malati ma anche a combattere per la loro causa.
– Abu Sharif cita un accordo scritto in cui Habash s’impegnava a risparmiare l’Italia. È la conferma del cosiddetto Lodo Moro?
«Abu Sharif ha ammesso che dopo l’attentato di Fiumicino del 1973 le intelligence italiana e palestinese avviarono una serie di contatti sfociati in un documento unilaterale firmato da George Habash a nome del Fplp e consegnato al colonnello Giovannone affinché lo portasse a Roma. In quella lettera, che Abu Sharif inquadra nella politica estera di Moro centrata allora sui Paesi arabi e sul Mediterraneo, c’è l’impegno a impedire attentati in Italia e a considerarci solo un Paese di transito. Se Abu Sharif ne troverà copia negli archivi del Fplp lo avremo presto in mano».
– A chi rispondeva Giovannone?
«Da un punto di vista tecnico al capo dei servizi italiani, il Sismi. Ma sul piano politico era il referente di Moro per la politica estera in Medioriente».
– l’ltalia sapeva che nel ’78 il Fplp non si fidava più delle Br?
«È la prima volta che viene fatta questa distinzione. Abu Sharif sostiene che nel 1976 il Fplp, allertato dal capo operativo Wadie Haddad, ritiene già da tempo le Br inaffidabili. Haddad intanto ha rotto con il Fplp perché è in dissenso con l’input di Mosca che chiede la fine dei sequestri aerei, ma i contatti sono stretti. E qui c’è un riscontro importante sul caso Moro, perché già nei primi giorni dopo il rapimento il Sismi cerca tra i fuoriusciti palestinesi. In più, a giugno, Giovannone segnala a Roma rapporti tra ex Fplp e BR aggiungendo che i brigatisti hanno fatto avere ad Habash copia delle dichiarazioni di Moro prigioniero per ripristinare collaborazione e assistenza. Significa che Moretti prova a riallacciare con i palestinesi usando le carte che ha».
– Riusciranno le Br nell’impresa?
«Anche qui abbiamo riscontri alle affermazioni di Abu Sharif. A noi risultano transiti di armi tra palestinesi, Br e autonomi nel 1979, ma Abu Sharif sostiene che il Fplp non c’entri (di altre sigle non risponde ndr.) e dice che se avesse ricevuto dai propri 007 informazioni di possibili attacchi in Italia lo avrebbe riferito a Roma. In effetti il 17 febbraio 1978 Giovannone avverte i suoi di un attentato in preparazione e Moro ne parla il 15 marzo, la sera prima del sequestro. Inoltre, il 30 marzo 1978 l’allora uomo dell’Olp in Italia Nemer Hammad assicura a Cossiga che sta facendo il possibile e cita Abu Anzeh Saleh, legato al fronte del rifiuto e in contatto con Wadie Haddad. Un mese dopo, il 24 e 25 aprile, Giovannone annuncia un contatto valido con le Br e dice che verrà a Roma. Sapremo poi che Moro in una lettera del 23 aprile menziona la liberazione di un palestinese a Ostia avvenuta via Giovannone e chiede di averlo a Roma, come se sapesse che si è attivato un canale palestinese».
– Come si inquadrano in questo scenario gli italiani addestrati nei campi profughi palestinesi?
«È una conferma. A parlarne la prima volta fu l’ex responsabile esteri del Fplp Taysir Qubaa che in un’intervista del 1980 spiegò come non volesse esportare la rivoluzione in Italia ma potesse contare su “compagni” italiani addestrati nei campi per combattere contro i nemici dei palestinesi. Sapevamo di campi in Yemen, Iraq, Siria, Libano ma ora Abu Sharif torna su questi italiani pronti ad aiutare la resistenza palestinese».
– Vede un collegamento con i due giornalisti di Paese Sera De Palo e Toni, spariti a Beirut nel 1980?
«La loro storia ruota intorno al traffico di armi che tra il ’78 e il ’79 esisteva intorno ai campi palestinesi. Abu Sharif smentisce che fosse gestito dal Fplp ma a noi risulta che c’era. E sapevamo da alcuni pentiti che i palestinesi affidavano armi alle Br. Ora sappiamo che degli italiani si addestravano lì».
(Fonte: La Stampa, 28 Giugno 2017)
#2Emanuel Baroz
“Molti Br addestrati nei campi palestinesi”, la verità di Bassam Abu Sharif | di David Spagnoletto
http://www.progettodreyfus.com/br-palestinesi/
#3Emanuel Baroz
“L’accordo che chiamate Lodo Moro, c’era con tutti i paesi europei” | di David Spagnoletto
http://www.progettodreyfus.com/lodo-moro/
#4Emanuel Baroz
Lo stretto rapporto fra l’Italia e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina | di David Spagnoletto
http://www.progettodreyfus.com/lo-stretto-rapporto-fra-litalia-e-il-fronte-popolare-per-la-liberazione-della-palestina/
#5Giacomo Morpurgo
Ho letto degli italiani che addestrano i palestinesi contro Israele.
Dopo la parola “ Italiani” aggiungerei (ancora seguendo le istruzioni di Hitler e Mussolini).
Mi fanno schifo e mi chiedo anche cosa ne pensi il nostro governo
Giacomo Morpurgo