Il raggiro dei metal detector operato dai palestinesi sul Monte del Tempio di Gerusalemme

 
Emanuel Baroz
13 agosto 2017
2 commenti

Palestinesi: il raggiro dei metal detector

di Khadija Khan (traduzione di Angelita La Spada)

Dopo aver ricevuto massicce pressioni dal mondo musulmano e dalla comunità internazionale, Israele ha rimosso tutti i metal detector e le telecamere di sorveglianza dal Monte del Tempio di Gerusalemme, dove si trova la Moschea di al-Aqsa.

Forse per nascondere il motivo che ha portato all’installazione dei metal detector – un attentato terroristico perpetrato il 14 luglio, in cui tre cittadini arabi israeliani hanno ucciso due poliziotti israeliani, entrambi appartenenti alla minoranza drusa, con delle armi che avevano nascosto all’interno della moschea – l’Autorità palestinese (Ap) ha esortato i musulmani a boicottare il sito e indire i “giorni della rabbia” contro lo Stato ebraico.

I palestinesi, sostenendo che i dispositivi elettronici fossero una “profanazione” della moschea – che sorge sul luogo più sacro del Giudaismo ed è il terzo luogo più sacro dell’Islam – hanno ingaggiato violenti scontri con le forze di sicurezza israeliane. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha condannato Israele e ha invitato i musulmani a “proteggere” Gerusalemme.

Un adolescente palestinese aveva postato su Facebook un messaggio in cui esprimeva l’intenzione di diventare un “martire”, prima di entrare nell’abitazione di una famiglia ebrea della Cisgiordania, uccidendo a coltellate tre dei suoi membri. E mentre questo terrorista era ricoverato in un ospedale israeliano in seguito alle ferite riportate, l’Autorità palestinese celebrava questo atto di violenza, mettendo in moto il meccanismo atto a ricompensare il giovane con 3mila dollari al mese per il suo tentativo di diventare un “martire” uccidendo degli ebrei.

Poi, il 23 luglio, un terrorista in Giordania – il Paese che è ufficialmente custode dei luoghi sacri musulmani sul Monte del Tempio attraverso il Waqf islamicoha aggredito un funzionario di sicurezza israeliano nel compound dell’ambasciata israeliana ad Amman. L’agente israeliano, ferito, ha aperto il fuoco per autodifesa contro il giovane attentatore e lo ha ucciso. Nella sparatoria, è rimasto gravemente ferito un altro cittadino giordano, poi morto in ospedale. Grazie a un accordo siglato tra Israele e le autorità giordane, l’agente e altri membri del personale dell’ambasciata sono stati rilasciati, verosimilmente in cambio della promessa che i metal detector sarebbero stati rimossi dall’ingresso del Monte del Tempio.

Ma i metal detector non hanno niente a che fare con il vero motivo dell’atmosfera esplosiva – alimentata da Fatah, la fazione del presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, e dall’organizzazione terroristica Hamas, che governa la Striscia di Gaza – nonostante il fatto che l’attentato sia stato compiuto da musulmani israeliani contro due poliziotti israeliani appartenenti alla minoranza drusa. In realtà, le misure di sicurezza erano finalizzate a proteggere chiunque entrasse nel sito in cui solo i musulmani sono autorizzati a pregare, mentre i cristiani e gli ebrei possono limitarsi a visitarlo, ma sotto stretta sorveglianza.

La prova che la violenza non è stata una conseguenza delle misure volte a impedire l’introduzione di armi letali sul Monte del Tempio sta nel fatto che è molto comune la presenza di metal detector nelle moschee più importanti del Medio Oriente e sono più di 5mila le telecamere di sorveglianza (e 100mila addetti alla sicurezza) che sorvegliano i pellegrini che si recano ogni anno alla Mecca, in Arabia Saudita, per compiere l’Hajj. Inoltre, chiunque si rechi in visita al [Kotel] Muro Occidentale a Gerusalemme, un altro luogo sacro per gli ebrei, deve passare attraverso i metal detector prima di accedere alla piazza – una protezione data per scontata.

L’incitazione alla violenza contro gli israeliani – adducendo come pretesto il fatto che i metal detector siano un tentativo da parte dello Stato ebraico di modificare lo “status quo” sul Monte del Tempio – non solo disonora l’Islam, ma danneggia i palestinesi che il mondo pretende di voler difendere.

È ora che la comunità internazionale impedisca ai radicali di utilizzare i palestinesi come pedine nel loro grande piano che persegue un obiettivo visibile a chiunque, compresi tutti i musulmani: distruggere Israele attraverso la delegittimazione.

Gatestone Institute

(Khadija Khan è una giornalista e cronista pakistana che attualmente vive in Germania)

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