Insulti e minacce a Parigi. Ebrei in fuga dalla banlieue
Scritte inneggianti a Hitler sui muri e lettere con i proiettili. E’ antisemita un atto razzista su tre. E la comunità ha paura.
di Leonardo Martinelli
Parigi – La prima di quelle lettere arrivò in aprile: all’interno minacce di morte, qualche «Allahu Akbar» e una pallottola calibro 9 mm. Paul (non è il suo vero nome) abitava in questa villetta di periferia da diciassette anni, a Noisy-Ie-Grand, a Est della capitale francese: lui e la moglie ebrei, con quattro figli. Rimasero interdetti, sospesi tra paura e delusione. Già il giorno dopo una nuova missiva: «Siete proprio voi il nostro obiettivo, siete già morti». E un bossolo di kalashnikov.
Paul avvertì la polizia e una videocamera fu installata davanti a casa. Ma poi tolta in luglio. E subito sgradevoli scritte cominciarono a comparire sul muro di cinta: «Viva Isis», «Vi elimineremo», «Ebrei, vi fotteremo». E ancora pallottole nella cassetta delle lettere: non finiva mai. Finché lo scorso 5 ottobre qualcuno ha tentato di sfondare la porta del garage. «In quella casa, al minimo rumore, non si dormiva più – ha ammesso Paul -. Siamo andati via». A vivere altrove, almeno per il momento. Lui ha raccontato la sua esperienza ai giornalisti di Le Monde: è un antisemitismo quotidiano e ordinario, in crescita a Parigi, soprattutto nelle banlieues più popolari.
In Francia vive la più grossa comunità ebraica d’Europa, circa 550 mila persone. E l’antisemitismo non è una novità di oggi. In un sondaggio che era stato realizzato da Fondapoi tra gli ebrei di diversi Paesi alla fine del 2013, già emergeva che la situazione era peggiore che altrove: ad esempio, il 60% temeva di essere aggredito fisicamente perché ebreo nell’anno a venire contro il 17% nel Regno Unito, il 18% in Svezia e il 34% in Germania. Quanto agli atti antisemiti ufficiali e denunciati, «hanno rappresentato uno su tre di quelli globalmente razzisti registrati in Francia nel 2016, nonostante gli ebrei siano meno dell’1% della popolazione», si legge nell’ultimo rapporto del Servizio di protezione della comunità ebraica (Spcj).
A dire il vero nel 2014 era andata ancora peggio, uno su due. Ma quest’apparente miglioramento è compensato in misura negativa proprio dal lievitare di un subdolo antisemitismo ordinario, che spesso non viene fuori dalle statistiche. «Sono ormai numerose le vittime di aggressioni verbali per strada o di violenze leggere che non le denunciano più alla polizia», si legge ancora nel rapporto del Spcj. È quanto conferma Alain Bensimon, presidente della sinagoga di Garges-Iès-Gonesse, a Nord di Parigi. «Gli ebrei non denunciano questi soprusi – dice –, perché hanno l’impressione che non serva a niente». Lo scorso 17 settembre, in occasione di una festa ebraica, un gruppo di ragazzini tra i 15 e i 18 anni sono entrati nel cortile della sinagoga e hanno gridato «sporchi ebrei». Si sono presi a botte con alcuni giovani della comunità. Sono quei fatti che non finiscono neanche sui giornali. «Ma negli ultimi anni almeno sette famiglie ebraiche hanno lasciato Garges», ammette Bensimon. Fuggono dalla zona di Parigi oppure, all’interno dell’agglomerato, si concentrano in alcune aree, dove si sentono più protetti, come Le Raincy, Comune più ricco in mezzo alla periferia Nord più problematica.
Questo nuovo antisemitismo, forte soprattutto fra i giovani e giovanissimi, è nato intorno al 2000, con la seconda intifada in Palestina e i suoi riflessi sulle popolazioni di origini arabe delle banlieues. Da allora si segnalano anche fatti particolarmente efferati. Nel gennaio 2006, a Bagneux, a Sud di Parigi, quella che poi fu soprannominata «la gang dei barbari» sequestrò Ilan Halimi, un giovane ebreo: lo tennero prigioniero per 24 giorni, torturandolo fino alla morte, sperando che la famiglia (per forza ricca nella loro testa, perché ebraica) pagasse un generoso riscatto. Proprio due giorni fa, una lapide che ricordava l’eccidio di Ilan in un parco di Bagneux è stata divelta e imbrattata con scritte inneggianti a Hitler. Ieri, invece, la Corte d’Assise di Parigi ha condannato a 20 anni di reclusione Abdelkader Merah, considerato istigatore del fratello Mohamed, che nel 2012 fece una strage presso una scuola ebraica a Tolosa, uccidendo anche tre bambini. Le scuole confessionali della comunità, però, hanno registrato negli ultimi anni un aumento degli iscritti. Oppure gli studenti ebrei vanno comunque in quelle private, considerate più al riparo rispetto alle pubbliche da questo nuovo e insidioso male della società francese. Che è l’antisemitismo di ogni giorno.
(Fonte: La Stampa, 3 Novembre 2017)
#1Emanuel Baroz
L’altra fuga degli ebrei. Così in Francia l’antisemitismo sta cambiando il volto alle città
Dalla Francia non vanno solo in Israele. Lasciano le periferie per trovare riparo negli arrondissement.
di Giulio Meotti
Ieri, nella banlieue parigina di Bagneux, è stata vandalizzata la lapide in memoria di Han Halimi, il giovane ebreo che nel 2006 venne rapito, torturato e ucciso dalla “banda dei barbari”. “Fofana libero”, hanno scritto i vandali sulla targa, dal nome del capo del gruppo che uccise Halimi. Fu il primo clamoroso caso di antisemitismo omicida in Francia negli ultimi anni. Dopo vennero la strage alla scuola di Tolosa e l’assalto all’Hyper Cacher di Parigi. Ma come raccontava ieri il Monde in una inchiesta agghiacciante, ogni giorno l’antisemitismo bussa alla porta degli ebrei francesi, generando un impressionante fenomeno migratorio interno alla Repubblica. “Gli atti contro le sinagoghe o le scuole per la prima volta sono ora diretti alle persone, in strada o a casa”, scrive il Monde.
Una prima lettera è arrivata nella cassetta della posta della famiglia di Paul a Noisyle-Grand. Conteneva minacce di morte, “Allahu Akbar” e il proiettile di una nove millimetri. Il giorno dopo una seconda lettera: “Morirete tutti”. Questa volta il proiettile di un kalashnikov. Poi le scritte sulle mura di casa: “Daech” e “vi elimineremo”. Il Monde parla di “un antisemitismo del quotidiano” che ha messo sotto pressione tante famiglie ebraiche. “Un atto razzista su tre commesso in Francia è diretto contro un ebreo, mentre gli ebrei rappresentano meno dell’un per cento della popolazione”, recita nel suo ultimo rapporto il Servizio di protezione della comunità ebraica. Ma queste cifre, basate sui rapporti della polizia, non raccontano tutto, perché “molte vittime di violenze antisemite non presentano denuncia”. A Garges-lès-Gonesse (Val-d’Oise), alcuni giovani che avevano costruito la succà nel cortile della sinagoga sono stati attaccati e insultati dai altri del quartiere al grido di “sporchi ebrei, vi faremo la pelle”. Nel loro libro “Il prossimo anno a Gerusalemme?”, Jéròme Fourquet e Sylvain Manternach raccontano dello svuotamento degli storici quartieri ebraici. E le scuole si adattano: i bimbi ebrei lasciano le scuole pubbliche a favore di quelle private.
Uno studio dalla Fondazione per l’innovazione politica, pubblicato a settembre, ha quantificato la violenza antisemita in Francia. Ci sono stati 4.092 attacchi nel periodo 2005-2015, con il sessanta per cento degli ebrei che afferma di essere “preoccupato di essere attaccato fisicamente in strada in quanto ebreo”. Il Bureau national de vigilance contre l’antisémitisme lo chiama “antisemitismo soffocato”.
Accanto all’emigrazione ebraica in Israele (5.000 partenze nel 2016, 7.900 nel 2015), c’è ora la “mobilità elevata”, generalmente dalla parte orientale a quella occidentale di Parigi. 60 mila ebrei hanno lasciato l’Ile-de-France negli ultimi dieci anni verso il XVI e XVII arrondissement di Parigi. Si svuota Sarcelles, Val-d’Oise, 60 mila abitanti, la “Piccola Gerusalemme”, che secondo il suo ex sindaco, François Pupponi, è oggi “sopraffatta da richieste di trasferimento, decine al mese. Le vittime dell’antisemitismo tendono a raggrupparsi”. Nel sudest di Parigi, Saint-Mande, 22 mila abitanti, è ancora segnata dall’assalto all’Hyper Cacher nel gennaio 2015. Un mese dopo l’attacco, il Concistoro ha pubblicato un annuncio, esortando a fare aliyah a Limoges.
Secondo uno studio condotto dall’Ifop, “l’esposizione alla violenza antisemita è altamente correlata al portare una kippah”. Così il copricapo ebraico scompare da molte zone della Francia. Nella Seine-Saint-Denis, il 40 per cento degli abitanti è di fede islamica. Risultato? Le storiche comunità ebraiche come La Courneuve, Aubervilliers, Stains, Pierrefitte-sur-Seine, Trappes, Aulnay-sousBois, Le Blanc-Mesnil e Saint Denis si stanno “de-ebraicizzando”. A causa della mancanza di sicurezza, in posti come la Courneuve in cui c’erano da 600 a 700 famiglie ebree, ora ce ne sono meno di cento. Per molti di questi ebrei è una seconda fuga. Il 70 per cento del circa mezzo milione di ebrei in Francia è sefardita, arrivarono in Francia tra il 1956 e il 1962, quando Algeria, Marocco e Tunisia ottennero l’indipendenza. Come i due vincitori francesi del premio Nobel per la fisica, Claude Cohen-Tannoudji (1997), nato ad Algeri, e Serge Haroche (2012), nato a Casablanca.
Un altro esempio è Kremlin-Bicétre, un sobborgo a sud di Parigi. Su 25 mila abitanti, il 25 per cento oggi è musulmano. Fino al 1990, il dieci per cento della popolazione era ebraica, oggi appena il cinque. L’antisemitismo sta cambiando la geografia e la demografia della Francia.
(Fonte: Il Foglio, 3 Novembre 2017)
#2Giacomo Morpurgo
Emanuel Baroz ha detto: